Nasce ventisette anni fa ad Amendolara, un piccolo paese in provincia di Cosenza, frequenta l’Istituto alberghiero di Castrovillari per poi fare due stage, uno da Igles Corelli, allora alla Locanda della Tamerice a Ostellato, e l'altro con Massimo Spigaroli, al Cavallino Bianco. Dal primo impara l'importanza della materia prima e di quello che la natura offre, dalle erbe alle radici. A Polesine Parmense, invece, capisce l’importanza del produrre tutto in azienda. È qui che si avvicina alla pasticceria. Frequenta così vari corsi di formazione in Castalimenti e si trasferisce in Francia. L'obiettivo? Affinare l'arte dolce. Obiettivo centrato, dato che lo chiamano all’Andana di Alain Ducasse. E poi... bè leggete l'intervista, perché Antonio Montalto ne ha di cose da raccontare.
Prima di avvicinarti all'arte dolce hai fatto varie esperienze, dolci e salate, in Italia e all'estero...
Ho fatto il classico percorso di chi ama la cucina: prima ho carpito tutti i segreti possibili da mia mamma, poi ho frequentato la scuola alberghiera e infine ho intrapreso due importanti stage, alla Locanda della Tamerice e al Cavallino Bianco. Grazie a Igles Corelli ho capito cosa fosse l'organizzazione in cucina e il rispetto per la materia prima. Da Massimo Spigaroli ho invece appreso l'importanza dell'autoproduzione. Una volta diplomato mi sono fermato da Massimo, grazie al quale ho avuto la possibilità di fare un’esperienza a Perronas, nel ristorante La Marelle con lo chef Didier Goiffon. Qui mi sono confrontato con l'alta cucina, quella blasonata, dove precisione e attenzione sono ai massimi livelli.
Quando e perché ti sei avvicinato alla pasticceria?
Proprio durante la mia esperienza in Francia. Solo allora ho capito la vera pasticceria, quella che include le basi, i lievitati e le elaborazioni più complesse. Solo allora ho avuto la certezza che la mia strada fosse quella. Così, spinto dalla voglia di conoscere meglio questo mondo, ho iniziato a lavorare per Alain Ducasse nel suo ristorante in Maremma. Nella Trattoria Toscana del resort L'Andana mi hanno inserito prima in cucina, dove ho girato tutte le partite, e poi in pasticceria. È stata una tappa importante perché ho imparato a lavorare in gruppo, capendo e rispettando le inevitabili gerarchie che vigono in cucina.
Com'è lavorare con Alain Ducasse?
Più che con Ducasse ho lavorato con Christophe Martin, discepolo dello chef al Louis XV. Ciò non toglie che la filosofia sia la stessa: all'Andana mi hanno educato al rigore, all’ordine, alla pulizia, al rispetto della materia prima e soprattutto all'essenzialità dei piatti. Comunque ogni cinque o sei mesi Ducasse voleva avere un incontro diretto con i vari responsabili per definire le linee guida del ristorante. Inoltre quando lavori per lui hai l'opportunità di continuare la formazione perché ti manda spesso a frequentare dei corsi di formazione, specialmente in Francia. Sempre per Alain Ducasse sono stato anche assistente di pasticceria all’ENSP di Yssingeaux, collaborando con i grandi della pasticceria francese: Christophe Felder, Jerome Chaucesse, Bruno Montecoudiol, Sebastien Serveau.
Pasticceria italiana o francese?
Quella francese rappresenta la base di tutta la pasticceria anche se io preferisco di gran lunga la pasticceria italiana, o meglio, prediligo gli ingredienti nostrani. Non a caso quando utilizzo le basi francesi, come per esempio la pasta sfoglia, le reinterpreto con ingredienti italiani alleggerendole. Così invece del burro montato a volte mi capita di utilizzare dell'olio extravergine di oliva. Il mio obiettivo è alleggerire.
Attualmente dove lavori?
Sono responsabile di pasticceria all’Antica Corte Pallavicina, ancora una volta con Massimo Spigaroli. Questa è una realtà ristorativa a tutto tondo, dove la maggior parte delle materie prime vengono auto prodotte in azienda, compresa la farina.
Cosa ti attrae della pasticceria?
Semplicemente mi ci rispecchio: io come la pasticceria mi reputo preciso e al tempo stesso creativo.
Quindi cosa mi attrae? La precisione e la creatività, anche un pizzico di concretezza.
Precisione e creatività non si contraddicono?
La pasticceria ti consente una creatività essenziale, ovvero una creatività che non ti permette di andare oltre ma che rimane pur sempre creatività. L'esempio è la millefoglie fatta con la pasta sfoglia all'olio evo, di cui vi ho parlato prima. In questo caso la classica millefoglie non è più classica ma creativa, nonostante non lo si percepisca.
Cucina e pasticceria sono diverse?
No, soprattutto in questo periodo storico in cui la cucina usa le tecniche della pasticceria e viceversa. Spesso mi capita di cucinare la frutta sotto vuoto o confit, oppure mi capita di proporre un pre dessert che dolce non è. Non necessariamente, soprattutto oggi, si deve delineare un limite tra salato e dolce.
Che rapporto hai con Massimo Spigaroli?
Con Massimo ho un rapporto bellissimo, di collaborazione e di confronto. Lui è lo chef e si occupa della parte salata mentre io concludo il pasto. È ovvio che prima di inserire in carta qualsiasi dolce, questo passa per il palato di Massimo per l'approvazione o eventuali critiche e suggerimenti.
Attraverso il dessert cosa vuoi comunicare?
Il dessert deve rappresentare chi lo fa e, nel mio caso, rappresenta anche la filosofia del ristorante per il quale lavoro. Il dolce dunque deve essere semplice (chi vede il piatto deve capire subito quello che c'è), diretto (con dei sapori che devono colpire) e deve incuriosire.
Cosa intendi per “seguire la filosofia del ristorante”?
Il dessert deve essere in armonia con le portate che lo hanno preceduto, quindi deve seguire la filosofia che è rappresentata in esse. E all’Antica Corte Pallavicina i piatti parlano del territorio e delle stagioni. Io seguo dunque le stagioni, attraverso i colori, i frutti e i profumi che le caratterizzano. Una volta scelto l’ingrediente protagonista, provo a giocare con i contrasti, le consistenze, le sfumature. Ciò che è certo è che non supero mai i tre gusti, preferisco togliere tutto ciò che è superfluo, evitando le aggiunte o i troppi sapori.
L'ingrediente indispensabile?
La farina. Amo la panificazione e la lievitazione, poi all’Antica Corte Pallavicina la autoproduciamo utilizzando grani antichi.
La tua ultima creazione?
Bon bon di zucca salato e gianduia: un bignè monoporzione con pasta fatta con olio extravergine di oliva e zucca, riempito da una crema di gianduia alleggerita con miele di zucca salata (zucca cotta con il sale e montata con il miele caldo).
Un dolce per tutte le occasioni?
Ce n'è uno in particolare che non tolgo mai dalla carta: Cremoso al cioccolato fondente e violetta di Parma. È una monoporzione con un cuore di violetta ricoperto da un cremoso di cioccolato Domori al 75%.
Che ricetta proponi ai lettori?
Millefoglie con crema al mascarpone e lamponi.
Ecco la ricetta.
Per la pasta sfoglia
Il panetto:
562 g di burro
225 g di farina per sfoglia
Impastare burro e farina, stendere fino ad arrivare a uno spessore di 1 cm e mettere in frigo a riposare.
L’impasto:
525 g di farina per sfoglia
20 g di sale
170g di burro
210 g di acqua
Impastare i quattro ingredienti formando un panetto, stendere fino ad arrivare a uno spessore di 3 cm e mettere in frigo a riposare per circa 30 minuti. Stendere l'impasto, allargandolo e incastonando il burro con la farina. Dare tre giri semplici e tre giri doppi alla pasta, alternando con dei riposi di circa 20 minuti. Cuocere a 200 °C per circa 18 minuti.
Per la crema al mascarpone:
300 g di mascarpone
80 g di zucchero
150 g di panna semi montata
Montare con la frusta il mascarpone con lo zucchero. Incorporare delicatamente con la marisa la panna semi montata. Questa crema si può aromatizzare anche con spezie o bucce di agrumi. Completare la preparazione della millefoglie con dei lamponi freschi (come in foto).
Antica Corte Pallavicina | Strada Palazzo due Torri, 3 | Polesine Parmense | tel. 0524.936539 | www.acpallavicina.com
a cura di Annalisa Zordan
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