Pizza Formamentis: cronache dal convegno sulla pizza napoletana

28 Gen 2016, 12:33 | a cura di

Due giorni per riflettere sulla pizza napoletana: falsi miti e nodi cruciali

C’era una volta il cibo dei “lazzaroni”, pasto popolare indissolubilmente legato al ventre della città partenopea, nato nel ‘700 e rimasto strettamente locale per ben due secoli. Sono le origini della pizza napoletana. A pensarci oggi, che il disco magico è arrivato in ogni parte del globo, sembra un passato arcaico, quasi preistorico. Ma raccontare la sua storia è importante: funzionale per capire meglio il presente e cruciale per aprire un dibattito sul futuro della pizza napoletana. Perché una volta varcati i confini regionali e nazionali non si è più fermata, diventando cittadina del villaggio globale.

 

Il convegno e la storia

È parlando della sua storia che si è aperto il convegno Pizza Formamentis organizzato da Luciano Pignataro Wineblog, Formamentis e LSDM e svoltosi a Napoli il 25 e il 26 gennaio scorsi: una storia che parte dal cuore di Napoli, dai forni delle botteghe che erano anche case, dai pizzaioli itineranti per la città, da un cibo popolare mal visto fuori dalla città che poi nel ‘900 fa le valige per uscire di casa insieme ai migranti e diventa internazionale. Ma i temi caldi riguardano il presente e il futuro della pizza napoletana, a cui è stato dedicato un lungo dibattito, conversazione polifonica tra i pizzaioli intervenuti a Palazzo Caracciolo da tutta Italia. Così il quesito che fa da sottotitolo al convegno - “forno a legna, a gas o elettrico?” - è una scatola cinese che apre la strada a tematiche avvincenti sul presente e sul futuro della pizza napoletana. E sono molti gli spunti raccolti in questi due giorni di dialogo sulla pizza napoletana.

 

Pizza napoletana e dieta mediterranea

Una premessa imprescindibile che serve a ribadire le proprietà salutari dell'alimento in questione. “Alla pizza napoletana spetta a pieno titolo un posto importante tra i cibi di quella dieta che il fisiologo Angel Keys negli anni ’50 definì 'mediterranea', alla luce di una lunga ricerca scientifica sull’alimentazione della popolazione locale correlata al basso livello di colesterolo e quindi di malattie cardiovascolari” spiega Elisabetta Moro, Professore Associato di Antropologia Culturale all'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Verdure, frutta, poca carne (che all'epoca era un lusso), pane e pizza: era l’alimentazione di classi poco agiate che uscivano dal secondo dopo guerra, lontane dal benessere che viveva l’America negli anni ’50; eppure un modello di alimentazione davvero virtuoso.

 

Cottura della pizza e salute

Se la cottura della pizza avviene correttamente, non carbonizzando la farina in eccesso nel forno, usando legna certificata (nel caso del forno a legna) e pulendo correttamente il forno, l’esposizione agli IPA, idrocarburi policiclici aromatici che possono avere effetti cancerogeni per l’uomo, non presenta rischi per la salute perché risulta essere nettamente inferiore ai livelli di guardia. Così spiega il dott. Antonio Limone, direttore dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno. Ma questo ci rimanda subito al prossimo punto, altro nodo cruciale del dibattito.

 

A.A.A. Fornaio Cercasi

Leggi l’impasto, lui ti dirà come essere cotto” afferma Guglielmo Vuolo, maestro pizzaiolo con quarant’anni di esperienza, che ha portato le sue pizze all’interno di Eccellenze Campane. Assodata infatti la scelta ottimale delle farine, degli impasti e dei metodi di lievitazione, la realizzazione di una buona pizza passa necessariamente per una cottura corretta. Per questo è fondamentale la figura del fornaio, che sappia “leggere” quello che avviene all’impasto che va in forno, date le sue caratteristiche al momento della cottura (come il grado di maturazione), maneggiandolo, osservandone il colore e reazione dell’impasto durante la cottura. Il fornaio lavora insieme al pizzaiolo perché conosce il forno e il suo funzionamento. E a proposito di questo binomio importante si interroga ironico Enzo Coccia, che ha appena “prestato” le sue pizze al The Perfectionist Café di Heston Blumenthal nell’Aeroporto londinese di Eathrow: “Vogliamo fare tutti i generali senza esercito?”. Non solo pizzaioli dunque, servono bravi fornai. Ecco perché a questi mestieri deve essere dedicata maggior attenzione dagli enti formativi, a partire dalle scuole alberghiere.

 

Digeribilità della pizza e falsi miti

Tra le operazioni di marketing del momento fanno sorridere i tanto decantati tempi biblici dedicati alla lievitazione dell’impasto, spesso non veri, e comunque non necessari oltre a un certo numero di ore” spiega Marco Lungo. Numeri in libertà: la digeribilità di un buon impasto che abbia osservato un lunga lievitazione (generalmente sono sufficienti 12 ore) passa imprescindibilmente da una buona cottura in forno.

 

Tradizione e nuove tecnologie

La questione del forno resta aperta, ma al di là del desiderio della comunità dei pizzaioli di tutelare la tradizionale cottura della napoletana in forno a legna, abbiamo colto un desiderio unanime di conoscere le nuove tecnologie, le caratteristiche e i vantaggi che presentano i forni elettrici, senza demonizzare a priori ciò che rappresentano. Perché possono rappresentare scelte intelligenti all’estero, in situazioni in cui si renda impossibile la costruzione di un forno a legna, perché avranno certamente un ruolo sempre più preponderante nel futuro.

 

La vera pizza napoletana: monumento gastronomico da proteggere

Come pochi altri cibi al mondo la pizza è diventata nel suo viaggio globale un veicolo per accogliere ingredienti peculiari delle cucine di tutto il mondo, piaccia o no. Basti pensare all’ananas della pizza hawaiana. Proprio per questo è fondamentale proteggere la vera pizza napoletana. Così spiega Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana: “Dobbiamo combattere perché la pizza napoletana esca dai nostri confini nel modo giusto. Portare la pizza napoletana nel mondo rappresenta per noi un indotto, in termini di materie prime, competenze e attrezzature da esportare. Ma non possiamo permettere che si abusi di questo monumento gastronomico con prodotti estranei alla vera pizza napoletana”.

 

a cura di Silvia Cittadini

 

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