Si tratta di uno dei nomi più rappresentativi della ristorazione viareggina ed è un esempio fantastico di imprenditoria che ce l’ha fatta. Lui è Romano Franceschini, direttore, fondatore e grande anfitrione, lei è la moglie Franca Checchi inarrivabile cuoca e instancabile ricercatrice di freschezza e semplicità, insieme a loro c’è il figlio Roberto, appassionato e brillante sommelier. Sono loro gli artefici del ristorante Romano dove, si può dire, il pesce non è fresco, è vivo. Sì perché ogni mattina, Romano, ha appuntamento con i pescatori della zona per farsi dare ciò che di meglio offre il mare. Tra i vari giri non manca mai un salto nei pressi del canale Burlamacca dove approdano le barchette che hanno gettato le reti durante la notte. Da Romano si fa spesa più volte al giorno: al rientro delle barche, al mattino e al tramonto. E così per tutta la settimana, anche il sabato e la domenica. Non a caso questo locale è un classico intramontabile, più vivo che mai, tanto che quest’anno la guida ristoranti d’Italia del Gambero Rosso ha deciso di assegnargli le Tre Forchette. Ecco l’intervista a Romano.
Dal 1966 a oggi sono quasi 50 anni. Un percorso incredibile. Raccontateci gli inizi, come è partita questa avventura e come sono stati i primissimi anni?
Mia moglie e io eravamo giovanissimi, lei aveva appena sedici anni, io ne avevo ventidue. Fin dall’inizio ci siamo divisi equamente i compiti: Franca preferiva stare in cucina, all’inizio lavorò un periodo in parallelo con un cuoco che avevo assunto per l’apertura, poi però prese in mano la situazione. Io invece mi sentivo più a mio agio in sala e tra i banchi del mercato. Sì, perché oltre a consigliare i clienti e spiegare loro i piatti, da sempre, scelgo le materie prime, pesce in primis. I primi anni non sono stati facili perché allora non esistevano gli stage o tutte le opportunità di oggi: dovevi apprendere quanto più possibile da chi, questo mestiere, lo faceva da anni.
Poi cosa è accaduto?
Così, nel 1980, siamo entrati in Linea Italia in Cucina, una delle prime associazioni di ristoranti sorte in Italia. All’epoca eravamo in pochi ma buoni.
Facciamo un po' di amarcord e tiriamo fuori i nomi!
Beh, c’erano Sole di Maleo, Pescatore di Canneto, Bersagliere di Goito, Cigno di Mantova, Amelia di Mestre e qualcun altro. Ci incontravamo con cadenza mensile, per uno scambio di esperienze e per confrontarci sulle tecniche e gli ingredienti usati. Noi ascoltavamo i colleghi come fossero dei fratelli maggiori.
Il 2001 è stato un anno importante: avete ristrutturato il locale e siete passati da 100 coperti ai 45 attuali. Perché?
Per dedicare più tempo a ciascun ospite. La nostra clientela è una clientela disposta a dedicarci del tempo, e noi la ripaghiamo di conseguenza. Io spiego con accuratezza le varie portate e le materie prime utilizzate mentre Roberto dedica tutto il tempo necessario per spiegare una carta dei vini complessa come la nostra. Col senno di poi è stata una mossa azzeccata.
Dagli inizi la cucina è cambiata molto?
Inizialmente proponevamo una cucina semplice, tradizionale, come gli spaghetti alle arselle, il fritto misto, il caciucco o l’insalata di mare. Tutti piatti tipici di Viareggio. Man mano, in un processo lento e progressivo, abbiamo cercato di alleggerire le cotture e i condimenti perché le persone, oggi, vogliono stare leggere. Le cotture sono meno invasive e il peperoncino e l’aglio vengono utilizzati meno, tutto questo per esaltare la materia prima di ottima qualità. Inoltre le porzioni sono più contenute, per permettere agli ospiti di provare un numero maggiore di piatti. Una volta ci si mangiava un bell'antipasto, una bella pastasciutta e anche il secondo. Oggi non è più così.
C'è una costante selezione dei fornitori o sono sempre gli stessi perché di fiducia?
Il lavoro più importante lo si fa con i pescatori. Noi ci rivolgiamo a due cooperative, che garantiscono la tracciabilità e fatturano: Mare Nostrum ed Esperia. I pescatori quando sono in mare ci chiamano e ci comunicano il pesce pescato così possiamo scegliere quale comprare. L’appuntamento è tutte le mattine alle otto al porto. Solo nel momento in cui subentra qualche problema mi rivolgo alle pescherie per avere il meglio dei mercati vicini. Per quanto riguarda gli altri prodotti, utilizziamo l’olio extravergine di oliva Renzo Baldaccini di Lucca, la pasta Verrigni, Cocco, Pastai Gragnanesi o Gerardo di Nola e la verdura dei contadini che compro al mercato centrale. Ovviamente lì ho il mio banco di fiducia che mi procura anche i fagioli schiaccioni di Pietrasanta.
In questo periodo che pesce consiglia di comprare?
Le classiche triglie, poi cicale, sparnocchi,scampi, orate, branzini. E ancora l’ombrina e il pesce nero o ombrina di fondale, che i liguri chiamano morone.
Quanta importanza date alla cantina?
Tanta. Ma in questa domanda faccio rispondere a mio figlio Roberto che è qui con noi dal 2001. “Quando sono arrivato, tredici anni fa, ho voluto distinguermi dal ruolo di mio padre e specializzarmi nel vino, mia passione da sempre” dice Roberto Franceschini. “Così, dopo aver frequentato tutti i corsi dell’Ais, ho cominciato a girare per i vigneti e a conoscere personalmente i produttori di vino. Ne è risultata una carta con personalità forte, cresciuta con il tempo, che conta circa 1.300 etichette e tocca tutte le zone. Una carta che include anche prodotti reputati di minor pregio solo perché poco conosciuti. Mi piace proporre questi vini, perché so quello che ci sta dietro, e mi riempie di gioia riuscire a trasmettere al cliente la passione e la fatica che si nasconde dietro ciascuna etichetta. Un altro occhio di riguardo è per i vini bianchi, ovviamente quelli del nord est ma anche quelli toscani, nonostante sia una regione vocata al rosso, perché ci sono sempre i clienti curiosi di provarli. Il bianco della casa è di nostra produzione, si chiama Pagliaio Bianco (50% trebbiano e 50% tra pinot bianco, sauvignon e rousanne) e, insieme al Pagliaio Rosso, è un omaggio alla terra di origine di mio padre e di mio nonno: Montecarlo, nelle colline lucchesi, dove abbiamo un podere e produciamo. Nella carta non mancano i vini rossi: da Pasqua in poi sono apprezzati dai molti stranieri che vengono a farci visita. A volte mi capita di vedere facce estasiate. Son soddisfazioni”.
Nel corso degli anni sono cambiati i clienti?
C’è lo zoccolo duro, ovvero i clienti storici cui poi sono succeduti figli e nipoti: una volta il ristorante era frequentato da molte famiglie e posso tranquillamente dire che qualche ospite l’ho visto crescere. Sono pur sempre passati 48 anni. Poi ci sono gli stranieri. Prima sono arrivati gli svizzeri, poi i tedeschi, oggi è la volta dei russi e dei brasiliani, che magari vengono qui per il tartufo di Alba ma prima si fermano a Roma, Firenze, Siena, per fare un tour enologico, e noi siamo di strada: Viareggio, oltre a essere città turistica e bella per una passeggiata al mare, è a quaranta minuti da Firenze e un quarto d’ora da Pisa e Lucca, quindi è una meta strategica.
E questi clienti stranieri sono preparati?
Lo sono quanto noi italiani, se non di più. Quelli che vengono da noi si sono prima informati tramite le guide o per mezzo di internet, quindi sanno bene quello che troveranno. Loro vogliono i piatti di pesce e soprattutto non vedono l’ora di sentire le spiegazioni di Roberto per quanto riguarda i vini in carta: mentre il pesce, nonostante lo proponga io con relative spiegazioni, alla fine sono loro a mangiarlo e giudicarlo, il vino necessita invece di molte domande preliminari. I clienti stranieri che vengono qui non hanno fretta, amano ascoltare e sono curiosi.
Il gusto come si è evoluto nel corso degli anni? Cosa andava moltissimo e oggi non va più ad esempio?
Si è raffinato. Non a caso abbiamo abbandonato piatti piccati e le porzioni sono più equilibrate, così il cliente può scegliere tra più portate o quanto meno può sentirsi leggero anche alla fine del nostro menu degustazione. Poi notiamo che i clienti prediligono sapori più delicati. Basti pensare che abbiamo dovuto abbandonare uno dei piatti must di quarant’anni fa, ovvero le cozze ripiene. Anche se ogni tanto qualche nostalgico ce le chiede, e noi siamo ben lieti di accontentarlo. Altro piatto immancabile nelle tavole di una volta? Lo scampo in salsa rosa. E siccome anche noi un po’ nostalgici lo siamo, oggi proponiamo i carciofi con gli scampi e la maionese fatta espressa. Il discorso contrario, invece, riguarda i crudi: una volta non erano molto richiesti, se non i tartufi, le ostriche, le cozze o i datteri, oggi invece sono gettonatissimi.
Quali sono stati i piatti più longevi in carta. E perché secondo lei?
Sono tre: Insalata di crostacei e molluschi (sparnocchi, calamaretti, cicale, scampi, polpi) con fagioli schiaccioni di Pietrasanta e olio extravergine di oliva; Calamaretti ripieni di verdure e crostacei (una versione 2.0 del totano ripieno, molto più tenero e dalla cottura ridotta); Minestra di Gran farro della Garfagnana con crostacei e calamaretti. Sono i più longevi perché fondamentalmente rappresentano il nostro territorio a trecentosessanta gradi.
Il vostro territorio è ricco di grandi ristoranti, anche di tavole in qualche modo storiche come la vostra (pensiamo a Lorenzo Viani a Forte dei Marmi), come è il rapporto tra voi? Esiste un sistema o ognuno per la propria strada?
Abbiamo un ottimo rapporto con tutti, capita spesso che i ristoratori della zona vengano qui a cena o che io vada da loro. Con Lorenzo c’è una vera e propria amicizia, ci troviamo spesso, andiamo a fare la spesa assieme, tra l’altro abbiamo molti clienti in comune.
Avete risentito della crisi?
Un po’ sì. Prima eravamo sempre pieni, anche per via dei molti cantieri navali, ora durante l’inverno, nei primi giorni della settimana, c’è un po’ di calma. Però i clienti stranieri hanno sopperito a questa mancanza. Non possiamo lamentarci.
Quale è stato il momento di maggiore difficoltà dell'azienda?
La verità? Non ce ne sono stati, o meglio, abbiamo sempre cercato di capire le esigenze della clientela prevenendo così eventuali momenti difficili. Ogni scelta è stata sempre ben ponderata mettendo in primo piano i clienti: quando ci siamo accorti che stavano stretti allora abbiamo deciso di diminuire drasticamente i coperti. Non solo, i lavori di ristrutturazione non hanno inciso sui prezzi. Il nostro menu degustazione costa 95 € ed è di pesce e la nostra carta dei vini ha ricarichi abbastanza contenuti. In poche parole il rapporto qualità/prezzo è favorevole, ed è forse per questo che i clienti non mancano.
Quale è invece stato il momento più bello?
Quando ci siamo accorti che la decisione di ristrutturare il locale è stata vincente. Da lì è stato tutto un crescendo. Siamo contenti di quello che abbiamo ottenuto.
Qual è il vostro punto di forza, economicamente parlando?
Il segreto è esserci sempre. Essere sempre presenti e seguire tutto, soprattutto gli acquisti. Ogni mattina vado a fare la spesa personalmente e cerco di comprare il meglio al prezzo più giusto. Sono 48 anni che ho il ristorante e 54 che faccio questo lavoro, credo di aver individuato la strada giusta!
Quali sono i pro e i contro di avere un ristorante a gestione familiare?
Tra i pro, il fatto di essere sempre presenti. Tra i contro, i sacrifici personali e il rinunciare alle feste in famiglia.
Qual è il segreto del vostro successo (oltre alla costanza)?
L’umiltà, la scelta pignola delle materie prime e cercare sempre di fare meglio, domani più di oggi. Poi bisogna avvalersi di personale qualificato. Ecco i nostri collaboratori: in sala, Luigi Bruno e Oriano Panconi. In cucina, Paolo Lorenzi, Lisa Cecchi, Eva Polloni e il pastry chef Marco Piatti.
Romano | Viareggio (LU) | via Giuseppe Mazzini, 122 | tel. 0584.31382 | www.romanoristorante.it
a cura di Annalisa Zordan
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