Mentre si scaldano i motori per il Salone del Gusto che, lo ricordiamo, nell'edizione 2012 ha registrato 220.000 visitatoriÂÂÂÂ italiani e stranieri (con un incremento del 10% rispetto a due anni prima),ÂÂÂÂ 2.140 testate giornalistiche di cui 340 straniere da 68 paesi, e ha generato 9,2 milioni di euro, continuiamo a ragionare al paradosso Italia. Una nazione che potrebbe vivere di solo turismo, cultura, enogastronomia e che si prepara all'Expo che ha scelto per tema, guarda un po', proprio il cibo (“l’Expo 2015 si avvicina a grandi passi” ammoniva Roberto Burdese di Slow Food alla fine del Salone 2012) ma che continua a non fare nulla per creare un movimento compatto capace di promuovere il buono e il bello dell'Italia. Si potrebbe parlare dell'assurdo portale Italia.it costato 20 milioni di euro e destinato, nelle intenzioni, a essere una vetrina del Belpaese e incentivarne così il turismo e che invece è la fotografia di un paese brutto, frammentato e senza prospettive, incapace di organizzare una rete di servizi e strutture, motivo per cui l'Italia, in cima ai desideri dei villeggianti, al primo posto per siti Unesco, con un patrimonio naturale incredibile e capace di creare un'immaginario che fa da volano perfino alle imitazioni sgangerate che intasano i cinque continenti in nome dell'italian sound, è solo al quinto posto tra i paesi più visitati a livello mondiale, dopo Francia, Stati Uniti, Cina e Spagna. Non si può certo dare la colpa al portale fallimentare e costosissimo, pieno di inesattezze e di strafalcioni che è al 184.594 posto fra i siti web più visitati del mondo. Ma qualcosa significherà anche questo.
Ma si può e si deve anche parlare – ancora – dell'occasione mancata di Gatsronomika 2014 il congresso di gastronomia che a San Sebastian ha avuto l'Italia come paese ospite. Avevamo già detto di come la rappresentanza nostrana di cuochi non avesse saputo presentarsi come una compagine coesa, in alcuni casi poco preparata ed efficace nelle sue relazioni, ma soprattutto scoordinata se non vittima di individualismi del tutto fuori luogo in un contesto del genere. Mancava una regia, si è detto da più parti, la scelta dei relatori non era completamente condivisibile, si è tuonato altrove. Ma vorremmo parlare anche di come l'altra Italia, quella che non sta dietro ai fornelli ma siede alle scrivanie, abbia mancato l'appuntamento.
L'edizione di Gastronomika che ha registrato 12.000 visite, 1.267 membri del Congresso accreditati e 400 giornalisti di media internazionali, attenzione: giornalisti internazionali (teniamone conto), ha potuto contare su un centinaio di marchi nel mercato di cui italiani solo una manciata: Art Menu, Tartuflanghe, Pastificio dei Campi, San Pellegrino, Caputo, Negrini, Bodega Cantine del Bono, Terpin Franco. E di una sola realtà istituzionale: l'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE), al fianco dell’Agenzia e Consorzio e Tutela dei Formaggi Gorgonzola, Grana Padano, Mozzarella di Bufala e Parmigiano Reggiano. Continuiamo a ritenere fossero pochi, troppo pochi. E soprattutto poche erano le istituzioni, latitanti all'appello di un evento che poteva essere l'antipasto di una serie di appuntamenti internazionali.
Una sola ponencia, a nostra memoria, ha unito sul palco chef e produttore, ed è stata quella dell'uruguaiano, italiano d'adozione, Matias Perdomo, con la pasta di Gerardo di Nola. Pochi, pochissimi gli chef che hanno parlato di prodotto. E i giornalisti? Dei 400 presenti solo 15 erano gliitaliani accreditati, cui si deve aggiungere qualche sommerso, ovvero presente in “forma privata”. 15 su 400. Dobbiamo ripeterci: anche qui pochi, troppo pochi.
Mentre aspettiamo di vedere come andrà il Salone, consapevoli della difficoltà di organizzare eventi importanti in Italia oggi, un paese in crisi perenne dove persino il Salone dell'Auto di Torino è ormai un ricordo, pensiamo che tutti questi appuntamenti possano essere prove generali di Expo, anche se magari non in senso stretto, rappresentare biglietti da visita, importanti momenti di rodaggio di un organismo che vorremmo vedere unito e forte ben oltre le dichiarazioni di intenti. Perché crediamo davvero che l'enogastronomia possa essere il grimaldello di una rinascita. “Ci salveranno gli chef” titola il bel libro di Alessandra Moneti e Denis Pantini, che dà conto del (potenziale) contributo della cucina italiana alla crescita del sistema agroalimentare e del sistema Italia tutto. Da quel libro si evidenzia anche come il dibattito politico non riconosca come interlocutori diretti ristoratori, chef e tutto il mondo che gira intorno alla gastronomia, di come non tenga conto della sua forza, non ne sia alleato, tranne poi appropriarsene per darsi lustro.
a cura di Antonella De Santis
Foto: eventoLive