Sapori tra le righe. Ci salveranno gli chef

18 Feb 2014, 09:30 | a cura di
Uno sguardo alla cucina dal punto di vista dei numeri: che significa dati relativi all'export, al turismo, alle piccole e piccolissime imprese, alla spese e ai consumi agroalimentari nei nuclei familiari, un indotto che muovono un indotto a nove zeri e molto di più. La cucina in cifre potrebbe essere il sottotitolo del libro di Alessandra Moneti e Denis Pantini. Ma è molto di più.

Sta diventando quasi stucchevole sentir pontificare, da chi non si è mai occupato di enogastronomia, delle capacità salvifiche, per i destini del Paese, di questo e degli altri settori collegati. In realtà la sottovalutazione del valore culturale del fenomeno e soprattutto la scarsa comprensione della sua reale dimensione economica, è stata una costante in questi anni. Tanto per avere un’idea, secondi i dati di Bankitalia (Rapporto 2012 sul Turismo), il Made in Italy attira ogni anno 730.000 turisti stranieri che spendono sul territorio nazionale 124 milioni di euro esclusivamente per i viaggi d’esperienza enogastronomica. In questo àmbito, il ruolo e il contributo che viene della ristorazione e dagli chef, non solo è importante ma risulta strategico.
Il libro Ci salveranno gli chef. Il contributo della cucina italiana alla crescita del sistema agroalimentare di Alessandra Moneti e Denis Pantini, affronta proprio queste argomenti. “Il nostro non è un libro di ricette ma un libro che ha l’ambizione di fare un coro”  ha spiegato Moneti “con tanti campioni della cucina italiana che vogliono superare individualismi e il pensare in piccolo, per fare squadra. Sono 35 gli chef che nel libro raccontano i pro e i contro del fare impresa nel settore Ristorazione”. Un settore però che non è fatto solo chef stellati, magari vedette della TV, bensì è un’attività complessa, difficile, altamente competitiva, dove la crisi morde in profondità. A Roma, solo nei primi 8 mesi del 2013, hanno chiuso i battenti 223 ristoranti e molte ditte specializzate nel catering di mense e ospedali hanno i bilanci in rosso. “Ormai lavoro solo con gli stranieri, sono loro a ordinare le bottiglie di vino top. E io faccio export da Roma” è la testimonianza dello chef Massimo Riccioli (Hotel Majestic).

Una delle novità degli ultimi anni è che gli chef italiani, sempre più richiesti all’estero, sono diventati a tutti gli effetti degli ambasciatori del nostro agroalimentare e dei consulenti per l’apertura di ristoranti di cucina tricolore nei quattro angoli del pianeta. Vale la pena di ricordare la rete GVCI (Gruppo Virtuale Cuochi Italiani): fondata nel 2001, raccoglie oltre 1200 professionisti italiani, principalmente chef, che lavorano in 70 Paesi del mondo. (Nel libro il Gruppo però non viene menzionato. ndr).

Nel 2012 l’export alimentare tricolore ha superato i 26 miliardi di euro - considerando anche i prodotti agricoli, il valore è arrivato vicino ai 32 miliardi - evidenziando in dieci anni una crescita del 74%. Però delle oltre 54.000 imprese alimentari italiane, solo il 12% esporta, spesso a causa della dimensione aziendale troppo ridotta (90% del settore). E così la propensione all’export è pari al 20%, rispetto al 31% della Germania (per esportazioni superiori a 55 miliardi di euro) o al 25% della Francia. Insomma le opportunità esistono, ma solo in pochi riescono a coglierle. Per questo la cucina italiana e i suoi chef possono rappresentare una formidabile opportunità per le nostre imprese agroalimentari. Sul versante dei consumi interni l’interesse verso la cucina e i prodotti nazionali è convogliato dalle mille sfaccettature del sistema editoriale e televisivo di cui abbiamo una nobile tradizione. Basti pensare a Mario Soldati e alla sua inchiesta Viaggio lungo la valle del Po alla ricerca dei cibi genuini (1957) o alle trasmissioni di Gino Veronelli come A tavola alle 7 (in onda dal 1970 al 1977), sul primo canale; ilViaggio Sentimentale nell’Italia dei Vini (1979), che servì al lancio del terzo canale;e poi La meridiana (1982), Il bel mangiare (1986) e altre ancora.

Una recente indagine Nomisma realizzata su 1.000 responsabili di acquisto di prodotti alimentari delle famiglie italiane, rivela che la passione per la cucina porta 3 italiani su 4 a seguire trasmissioni televisive e a navigare su siti e blog di cucina. Un interesse che nel 54% dei casi si traduce anche in cambiamenti nel comportamento negli acquisti o nelle modalità di consumo dei prodotti alimentari “In altre parole, stando a questi risultati, si evince come i programmi televisivi dedicati alla cucina abbiano avuto, tra gli altri, l’effetto di aiutare le famiglie italiane” spiega Denis Pantini, Direttore dell’Area Agroalimentare di Nomisma e co-autore del volume “a risparmiare negli acquisti alimentari, magari sostituendo il consumo di piatti pronti con le preparazioni da realizzare direttamente in casa”. Insomma un libro interessante e con tanti dati, tutti da leggere.

Ci salveranno gli chef. Il contributo della cucina italiana alla crescita del sistema agroalimentare | Alessandra Moneti e Denis Pantini | Agra editrice | pp. 136 | euro 15

a cura di Andrea Gabbrielli

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