Se il gelato diventa business. Carapina, Fatamorgana, San Crispino, Torcè, Marchetti

8 Lug 2014, 14:15 | a cura di
È possibile conciliare numeri e qualità? Ci stiamo riflettendo da un po', e questa volta siamo andati a curiosare in un settore in cui un prodotto artigianale e di alta qualità va a braccetto con un modello di business efficace e replicabile. Le strategie imprenditoriali delle gelaterie di qualità.

Estate, tempo di gelati, sorbetti e semifreddi. Tempo di scelte e di distinzioni. Tra gli irriducibili dei gelati confezionati e gli oltranzisti delle gelaterie gourmet andiamo alla scoperta di cosa è accaduto nel mondo dei gelati negli ultimi anni. Ci sono le grandi catene, le industrie del freddo e i piccoli che – è un fenomeno degli ultimi anni - abbandonano la dimensione familiare per creare piccole e piccolissime imprese con più punti vendita, segnando la nascita di un nuovo modello aziendale. Talvolta ai limiti dell'artigianale, così come lo indica la legge, quando la produzione è gestita da un laboratorio centrale. Visto che, ricordiamolo, artigianale non è di per sé sinonimo di qualità, perché regolamenta soprattutto tempi e luoghi di produzione, mentre è meno indicativo riguardo alla materia prima e alla lavorazione. Un gelato artigianale potrebbe quindi essere realizzato con ingredienti, freschi o semilavorati, magari di pessima qualità, additivi, coloranti, conservanti. Ma torniamo a noi. Al nostro gelato, e soprattutto al senso di un'artigianalità che sempre più spesso rischia di confondersi tra piccoli laboratori e grandi catene. In quelle di maggior successo, uno dei punti di forza è la replica fedele e invariata di un'immagine e di un messaggio rassicurante che fa presa e viene immediatamente riconosciuto dal consumatore. Ovviamente c'è il rovescio della medaglia, ovvero una certa serializzazione dei gusti dai sapori e dai nomi identici, identici tra un punto vendita e un altro. Una standardizzazione che a volte poggia sull'uso di semilavorati o sulla centralizzazione del processo produttivo, escludendo qualsiasi tocco di personalizzazione.

L'esempio più conosciuto è probabilmente Grom. Federico Grom e Guido Martinetti sono stati tra i primi a capire che non basta produrre un buon gelato per venderlo e per raggiungere risultati importanti. Occorre prestare attenzione anche a tutto quello che costituisce il contorno, l'immagine, la riconoscibilità del marchio, di punto vendita in punto vendita, la capacità di incarnare un immaginario, di narrare una storia. Ma soprattutto di focalizzare l'attenzione sugli ingredienti, raccontando quali sono e da dove provengono le materie prime utilizzate, quasi a voler marcare la differenza con i gelatieri di una volta, che custodivano gelosamente i segreti delle loro ricette e dei loro fornitori, ma anche dalle catene di livello più basso.

Dall'altra parte del campo ci sono i mastri gelatieri, quelli che fanno questo mestiere da una vita o i nuovi arrivati. Loro propongono un prodotto tradizionale, studiano nuove ricette, utilizzano ingredienti selezionati con cura maniacale, spesso giocando la carta della filiera corta, scelgono prodotti freschi, di stagione. Sono coloro che fino a poco tempo fa lavoravano senza dare troppo peso al marketing. Oggi però l'imperativo di migliorare la comunicazione ha raggiunto anche loro, tanto che si sono spinti fuori dai laboratori per spiegare ai propri clienti il prodotto; cercando di fare un po' di ordine nel marasma di informazioni, anche discordanti, che riguardano questo settore. E tra le catene e le piccole realtà ci sono i nuovi imprenditori del gelato artigianale, una definizione che sembra una contraddizione in termini, ma che descrive perfettamente questa nuova realtà, fatta di artigiani che hanno saputo moltiplicare punti vendita assicurando costanza del prodotto. In che modo? Ciascuno ha la sua formula.

Per Simone Bonini della gelateria Carapina (che da poco, dopo i due punti vendita di Firenze, ha aperto anche a Roma), prima di aprire qualsiasi attività è fondamentale aver studiato: “Non ci si può improvvisare imprenditori nemmeno quando si vuole aprire una gelateria. Poi, se si aprono diversi punti vendita, il segreto non sta nel replicare un format ma nel tramandare le ricette e il modus operandi in ciascun punto vendita. La cosa incredibile è che quello che voi giornalisti gastronomici reputate normale quando si parla di pizzerie o ristoranti, dove lo chef insegna all'aiuto chef come impastare una pizza o come preparare un piatto di spaghetti al pomodoro, non sia altrettanto normale per le gelaterie! Eppure le attività sono assai simili tra loro: anch'io compro il latte e la panna di alta qualità, lo zucchero, il tuorlo d'uovo, e il cacao per fare le tre basi (bianca, crema e cioccolato), che sono quello che potrebbe essere la pasta frolla per un pasticcere, poi le mixo e aggiungo gli altri ingredienti in porzioni e quantità che decido sempre io. Una volta creata la ricetta, la tramando a quelli che lavorano con me”. Simone quindi insegna ai propri collaboratori le sue ricette, dando ogni giorno direttive per migliorare il gelato, dall'aggiungere un po' di zucchero, “mai troppo perché il gelato non deve essere eccessivamente edulcorato e carico”, al togliere un po' di panna. Ecco perché nei tre punti vendita Carapina ci sono solo sedici gusti, perché secondo Simone non si potrebbe e dovrebbe porporne di più. Certo è che per aprire tre punti vendita ha dovuto fare investimenti molto grossi, pare però che sia valsa la pena anche per il fatto che Carapina ha una propria identità e non ha scimmiottato nessuna grande azienda, anzi “per via del nostro design siamo oggetto di studio da parte di nostri competitors, anche presunte catene. Solo che al design si aggiunge la continua ricerca e la proposta di cose sempre nuove: a partire da settembre proporremo la colazione a modo nostro e da metà settembre abbiamo previsto una serie di incontri con gli chef i quali cucineranno piatti in abbinamento ai nostri gelati. E in tutto questo il controllo della qualità c'è sempre, non a caso da quando ho aperto a Roma lavoro personalmente in questo nuovo punto vendita, sicuro del fatto che a Firenze i miei collaboratori stiano lavorando come si deve. Perché? Perché alle spalle hanno la giusta formazione. Sì, anche nel mondo dei gelati ci deve e può esserci formazione.”

Le cose risultano invece più complicate quando i punti vendita aumentano e il nome, così come il format e le ricette, diventa un vero e proprio franchising. È il caso di Fatamorgana, creatura di MariaAgnese Spagnulo, che conta sei punti vendita nella capitale con un laboratorio centralizzato; ma ci sono i presupposti per aprire anche a Milano, Firenze, Bologna e Singapore. “Noi cerchiamo di replicare gli artigiani: coloro che sposano la filosofia di Fatamorgana possono aprire il proprio punto vendita grazie all'aiuto di una scuola informatizzata, ideata da Cesare Mancini”. Cesare ha creato una sorta di modello di produzione artigianale standardizzato, suona come un ossimoro ma ci spiega che le due cose (artigianalità e standardizzazione) almeno nell'universo del gelato non sempre sono in contraddizione: “Abbiamo pensato di riprodurre nei diversi franchising innanzitutto il metodo. Chi vuole abbracciare la nostra filosofia ha a disposizione un data base con oltre trecento ricette, ideate da MariaAgnese, con le quantità dei singoli ingredienti e i processi artigianali necessari per preparare il gelato, dal tostare le mandorle allo sminuzzare la frutta. E per acquisire manualità deve frequentare il corso che si tiene a Roma, dove MariaAgnese insegna i trucchi del mestiere, ovvero come preparare ciascun gusto a partire da diverse ricette perché per lei la ricetta è come un vestito che va cucito addosso all'ingrediente protagonista”. Bella la teoria ma in pratica il controllo della qualità non viene a mancare, soprattutto se si decide di aprire delle sedi all'estero? “Assolutamente no: il sistema informatico centralizzato ci permette di supervisionare tutto. Possiamo vedere quali ingredienti vengono utilizzati attraverso la tracciabilità dei lotti (questo è obbligo di legge), c'è infatti una sezione apposita che acquisisce l'arrivo di materie prime in laboratorio, e possiamo controllare se è stata utilizzata la giusta quantità di ingredienti, attraverso una bilancia elettronica collegata in tempo reale. Quest'ultima serve anche agli affiliati per capire, lì dove il gelato è uscito male, dove hanno sbagliato. Poi nel momento in cui apriremo delle sedi all'estero (siamo in trattativa con Singapore) richiederemo una scheda informativa sugli eventuali fornitori con rispettive campionature che andremo a selezionare assieme. Nulla verrà lasciato al caso, proprio per rispettare il concetto di artigianalità”.

A pensarla diversamente è Pasquale Alongi, uno degli ideatore di San Crispino (insieme a Giuseppe Alongi e Paola Nesci) sempre a Roma, che nonostante si sia aperto al franchising non ha la minima intenzione di rinunciare al controllo del suo gelato e nemmeno di replicare il format all'estero: “Altrove cambierebbero le caratteristiche organolettiche a causa della differenza nelle materie prime utilizzate, delle differenze ambientali (per esempio aria, acqua), della mano nella lavorazione artigianale. Quindi tutti i gelati devono uscire dal nostro laboratorio ed essere trasportati, mantenendo la catena del freddo, a destinazione. Inoltre gli addetti devono seguire un corso di formazione presso uno dei nostri punti vendita”. Controllo dell'intera filiera in primis per loro, che oggi contano cinque punti vendita, tutti a Roma.

Altro esempio e altro modo ancora di gestire molteplici punti vendita è quello di Alberto Marchetti vuole essere certo del gelato che offre ai clienti. E l'unico modo per controllare la qualità del prodotto, dice, è tenere sotto controllo l'origine, così dai laboratori torinesi partono i “gelati liquidi” da mantecare direttamente in loco, come ci spiega lo stesso Alberto: “A Torino abbiamo due laboratori, uno dove lavoriamo tutti i gusti base latte che si trova nel caseificio Fontanacervo, per garantire la freschezza del latte e della panna, e l'altro dove prepariamo i gusti alla frutta. Da questi laboratori partono i vari gusti sotto forma liquida che una volta raggiunti i nostri punti vendita (tre a Torino, uno a Milano, uno ad Alassio e una collaborazione con il caffè Settembrini a Roma) vengono mantecati, ovvero gli si fa inglobare aria e li si porta alla giusta temperatura. Lo so che molti storceranno il naso ma a mio avviso è molto più importante essere certi della qualità degli ingredienti che vengono utilizzati nei vari gusti. Vi assicuro che con questo metodo la certezza è garantita. D'altra parte ci metto la faccia!”. Tra l'altro attraverso la produzione centralizzata Alberto può permettersi di comprare grandi quantità di primizie, come i ramasin (susine piemontesi), o prodotti provenienti da altre regioni, tipo i gelsi. Ma quali sono gli svantaggi di avere più punti vendita? “Sicuramente ci sono molte più difficoltà nel coordinare tutto il lavoro e nel formare il personale, che è soggetto a un forte turnover per via della stagionalità di questo settore. La formazione del personale è un punto cardine perché è proprio il venditore il primo contatto con il cliente, deve dunque essere preparato e appassionato”.

Anche Claudio Torcè, della gelateria Il Gelato di Claudio Torcè, con i suoi punti vendita e corner è a favore di quelli che lui chiama pre-pesati (le tanto discusse basi), che vengono spesso denigrati perché, diciamolo, fanno perdere un po' di fascino al gelato o si associano a un semilavorato scadente, ma, al contrario, a volte sono una vera garanzia di materie prime di qualità. D'altra parte quando si parla di basi nella pasticceria nessuno storce il naso, allora perché quando si parla di basi nel settore gelati le reazioni non sono le stesse?

Forse è vero che l'immagine del gelatiere dietro al laboratorio a preparare il suo gelato, dall'inizio alla fine, è decisamente più romantica ma è altrettanto vero che grazie a queste realtà si sta vivendo una felice contaminazione tra artigianato e impresa, sviluppando nuovi modelli di business basati sulla qualità.

a cura di Annalisa Zordan

Gelato Carapina | Roma | via dei Chiavari, 37
Gelato Carapina | Firenze |via Lambertesca, 18/r | tel. 055.291128
Gelato Carapina | Firenze |piazza Guglielmo Oberdan, 2/r | tel. 055676930
http://carapina.it/

Fatamorgana | Roma | via Lago di Lesina, 9 | tel. 06. 86391589
Fatamorgana | Roma | via Giovanni Bettolo, 7 | tel. 06.37519093
Fatamorgana | Roma | piazza degli Zingari, 5 | tel. 06.48906955
Fatamorgana | Roma | via Roma Libera, 11 (Piazza San Cosimato) | tel. 065803615
Fatamorgana | Roma | via Aosta, 3 | tel. 06.70306848
Fatamorgana | Roma | via Laurina, 10 | tel. 06.32652238
www.gelateriafatamorgana.com

Il Gelato di San Crispino | Roma | via Acaia, 56 | tel. 06.70450412

Il Gelato di San Crispino | Roma | via della Panetteria, 42 | tel 06.6793924
Il Gelato di San Crispino | Roma | p.zza della Maddalena, 3 | tel. 06.68891310
Il Gelato di San Crispino | Roma | c/o centro commerciale Roma Est, via Collatina | tel. 06.22510894
Il Gelato di San Crispino | Fiumicino | aeroporto Leonardo da Vinci T1 partenze | tel. 06.65019911
www.ilgelatodisancrispino.com

Alberto Marchetti | Torino | Corso Vittorio Emanuele II 24 bis | tel. 011.8390879
Alberto Marchetti | Torino | via Po 35 bis
Alberto Marchetti | Torino | Via Reggio, 4/q
Alberto Marchetti | Alassio | via XX Settembre 48
Alberto Marchetti | Milano | viale Montenero, 73
Alberto Marchetti | Roma | Settembrini - via Luigi Settembrini, 19-25
www.albertomarchetti.it

Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | via dell’Aeronautica 105
Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | viale Aventino 59
Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | via Stoccolma 7
Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | viale Marconi 445
Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | Centro Comm. RomaEst
Il Gelato di Claudio Torcè | Roma | via Cassia, 927b
Il Gelato di Claudio Torcè | Fiumicino | Centro Comm. Parco Leonardo
www.ilgelatodiclaudiotorce.com

 

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