Terremoto in Umbria e Marche: ristoranti, pasticcerie e produzione agroalimentare da salvare

2 Nov 2016, 13:30 | a cura di

Il terremoto di fine ottobre pare non voler dare tregua alle popolazioni del centro Italia. Ma insieme alla conta dei danni, questo è il momento per sostenere le attività della zona.

Difficile, sempre più difficile, affrontare il dramma di questa Italia squarciata dal terremoto. Un sisma che pare non voler smettere che continua a ferire i nostri territori, le nostre popolazioni, il nostro patrimonio. Artistico, ma anche agricolo, gastronomico, alimentare. Fortunatamente stavolta solo con danni materiali. Ma i danni materiali sono quelli che possono mettere in ginocchio genti e comunità, se non sostenute da una rete di collaborazione che deve andare oltre la solidarietà immediata. Per una risposta che non sia emotiva, ma costruttiva. Potrebbe sembrare un'elegia della rovina, ma solo facendo la conta dei danni si può mettere in cantiere una ricostruzione.

 

Ristoranti

Tolentino, lo sappiamo, è una delle zone più colpite. E Tolentino significa, per chi si occupa di cibo, il giovane Andrea Giuseppucci. La sua Gattabuia è appena stata dichiarata inagibile, la notizia di pochi minuti fa. Ma l'intero centro storico del pese è nella stessa condizione, dunque sarebbe difficile, ora, ripartire da lì. “Da oggi vediamo cosa fare. Pensiamo che, fino a Natale, possiamo portare il marchio Gattabuia fuori dalle Marche”, con cene a 4 mani, corsi, presenze in tv o altre serate in cui andare con la loro cucina. E poi ripartire con un nuovo locale, “se troviamo qualcuno che voglia investire su di noi”. La Gattabuia è una piccola realtà che fa lavorare 6-7 persone, costata circa 80mila euro di investimento, con appena 3 anni di vita: “era un bel momento, iniziavamo a essere conosciuti anche fuori dalle Marche” motivo per cui il nome può essere un buon biglietto da visita da presentare anche fuori dalla loro zona: “dove andremo? Chissà. Ma stavolta è una scelta importante, anche perché il locale che nascerà ora dovrà durare per tanto tempo. Difficile fare previsioni su quando torneremo a Tolentino. Lo vogliamo fare, magari usando la vecchia Gattabuia per un progetto diverso”. Ma fino a che l'intera Tolentino è così danneggiata è impensabile riaprire. Lo conferma anche Roberto Cantolacqua Ripani della pasticceria Mimosa “Hanno chiuso tutte le strade e la nostra via è quella più danneggiata in assoluto. Ma” aggiunge “il laboratorio per fortuna è agibile, possiamo produrre, il problema è il negozio adiacente”. Si può dunque pensare di organizzare una rete di vendita alternativa? “Possiamo fare forniture, ma non abbiamo dove vendere” (tel. 342 8006282).

Pochi chilometri più a sud, sempre sui Sibillini c'è il paesino montano di Montemonaco. Danni ingenti per Il Tiglio di Enrico Mazzaroni: “avevamo resistito bene alle altre scosse, che non avevano fatto danni, solo tanta paura” dice “ma ora siamo paralizzati”. Il ristorante nato sull'attività agrituristica di famiglia, appena ristrutturato con un investimento di 50mila euro, e le loro abitazioni sono inagibili. La montagna è stata inclemente. “Ora è molto difficile senza lavoro né casa” dice “ma da qualche parte bisognerà pur ripartire”.

Si ritengono fortunati al birrificio MC77 di Caccamo. Danni ne hanno subiti, ma, dicono “al momento i macchinari sono messi in sicurezza e stiamo aspettando i sopralluoghi tecnici per capire quali lavori di rinforzo fare sulla struttura che è lesionata ma in piedi”.

 

Formaggi e sottoli

Colpite anche le attività legate all'agroalimentare, che sono tra le maggiori risorse di quest'area vocata alla piccola imprenditoria: secondo i dati pubblicati da Repubblica sono 10mila le aziende che operano solo nel cratere del sisma, con 40mila famiglie coinvolte. Di queste 3mila collegate all'agroalimentare sono a rischio. Aziende casearie, come la Sabelli, 200 dipendenti e un fatturato di 70milioni di euro. Riferimento dei moltissimi allevatori della zona che ora, dopo le violente scosse degli ultimi giorni, si trovano in serie difficoltà a portare avanti il loro lavoro per il crollo delle strutture e la mancanza del necessario per la gestione dei loro animali. Così è da fine agosto, per quelli nel reatino, che però ora si trovano ancora di più a fare i conti con impedimenti strutturali e lacerazioni della filiera. A questi oggi si aggiungono tantissimi che dovranno, nonostante tutto, non fermare la produzione. Non sarà facile, ma sarà necessario. Luca Filotei, come raccontato sempre dalle pagine de La Repubblica, dopo il sisma di agosto aveva costruito un nuovo stabilimento per la sua attività di confezionamento alimentare (funghi, lenticchie e altri prodotti), ora distrutto. Le difficoltà a rispettare le scadenze sono sempre più grandi e oggi la produzione è ferma. Ma si possono forse organizzare gruppi di acquisto per la zona? Chi aveva attività di vendita al dettaglio cerca di recuperare le merci e metterle a disposizione della Protezione Civile.

 

Zafferano, tartufo e lenticchie

L'oro giallo qui è lo zafferano, che si attesta sui 2 chili l'anno. Una coltivazione preziosa ma molto fragile che oggi è in serio pericolo. La fioritura avviene proprio in ottobre, e con essa la raccolta e l'essiccazione. Nelle condizioni attuali, con moltissime strutture inagibili, sarà complicatissimo portare a termine le fasi della lavorazione e dell'asciugatura dei pistilli, estremamente delicati. Senza contare che in questa situazione, le piante sono esposte all'attacco di ungulati e altri animali.

Un altro prodotto pregiato, il tartufo, non dà troppi segnali di preoccupazione: la raccolta continua e avrà il suo culmine tra un mese o due. Per quella data bisognerà aver riattivato, almeno in parte, le strutture per stoccaggio e lavorazione.

Ma questa è anche zona di lenticchie, le famose lenticchie Igp di Castelluccio. Anche per queste oggi i danni non costituiscono un problema pressante, almeno fino al momento della semina, tra marzo e aprile. Per ogni produttore dipende, ovviamente, dai danni subiti da capannoni (in cui si trova il raccolto dell'anno passato), abitazioni, e strade. E la bellissima fioritura delle lenticchie che riempie di colori la zona, si spera possa fare da traino il prossimo anno a una piccola ripresa del turismo, di cui c'è moltissimo bisogno.

 

Carni e pesci

Ciauscolo, principalmente, ma anche prosciutto e altri salumi. Tutta l'area tra Umbria e Marche ha una solida tradizione norcina. E con questa bisogna fare i conti. Le difficoltà sono di vario genere: i danni si contano agli allevamenti, i laboratori di trasformazione, i locali per la stagionatura o lo stoccaggio dei cereali. Il terremoto ha colpito tutti. I pascoli, come quelli sui Sibillini, sono a rischio. Come quella dell'azienda Fausti di Norcia, già duramente colpita dal terremoto di agosto. 400 suini oggi senza le strutture necessarie alla sopravvivenza, neanche acqua e luce, e danni stimati (secondo quanto dichiarato a Panorama) per 2 milioni di euro. Stessa sorte per gli artigiani che producono il salame morbido marchigiano. Sarà molto difficile, ma non impossibile. Anche perché iniziano a partire le prime collaborazioni tra produttori. Si è spostato, invece, sia per la produzione che per la vendita la Norcineria Alto Nera: da Castelsantangelo sul Nera a Osimo, dove già c'era un loro punto vendita.

In crisi anche la pesca delle trote: lo sconquasso sismico ha inghiottito milioni di esemplari, dato che il terreno in cui alloggiavano le vasche d'acqua si è spaccato trascinando via acqua e pesci. Questa la situazione nel maceratese, a Visso in cui ci sono alcune delle aziende ittiche di acqua dolce più importanti d'Italia, e dove la trota costituisce uno dei prodotti di riferimento per l'economia locale. Danni alle vasche, perdita degli esemplari giovani, rischio per la qualità delle acque. I danni sono enormi cui si aggiunge il rischio di compromettere l'ecosistema del fiume Nera.

 

Iniziamo oggi a capire quali sono le attività più danneggiate. Purtroppo non finiremo qui.

 

a cura di Antonella De Santis

 

 

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