Viaggio nelle torrefazioni italiane di ricerca. Diciassettesima tappa: HQ Specialty Coffee di Genova

9 Mar 2016, 12:34 | a cura di

Uno dei torrefattori più giovani di Italia: a soli 21 anni, Andrea Cremone ha già diverse esperienze significative alle spalle ed è anche trainer SCAE. Con diversi progetti in serbo e una strada ancora da spianare, Andrea ci offre una visione fresca e moderna del settore.

La storia di Andrea Cremone inizia nel bar di famiglia, Tazze Pazze, una piccola caffetteria di qualità nella periferia di Genova. Oggi, il torrefattore e barista appena ventunenne viaggia spesso, studia molto e ricerca continuamente. E in più collabora con la gestione della linea HQ Specialty Coffee, con il fratello maggiore Matteo Caruso e William Cubeddu, marchio gestito dalla torrefazione Caffè Bonani.

Come ti sei inserito nel settore del caffè?

Non appena ho concluso la scuola superiore (3 anni fa) ho iniziato a lavorare nella caffetteria dei miei genitori, Tazze Pazze, aperta 6 anni fa. Era un bar già improntato sulla qualità, grazie alle esperienze di mio fratello maggiore (28 anni), che aveva frequentato corsi per baristi. Sono appassionato da sempre e ho iniziato così a studiare la materia.Ho imparato a tostare al Caffè Bonani, una torrefazione con la quale il bar dei miei genitori collabora da sempre. 

Che caffè utilizzi?

Utilizzo solamente caffè specialty, 100% arabica. Sono quasi tutti monorigine, alcuni naturali, altri lavati. Al momento ne abbiamo 5 nel menu: un naturale dell'Etiopia, e 4 lavati, dal Nicaragua, Kenya, Burundi e Costa Rica. Inoltre, è disponibile una miscela di 3 diversi caffè, per una proposta più equilibrata e meno impegnativa.

Hai anche il decaffeinato?

Non ancora, ma ci stiamo lavorando.

Come tosti i chicchi?

La tostatura avviene sempre con un software in grado di monitorare ogni reazione del chicco durante la sua lavorazione. A seconda del metodo di estrazione che andrò a utilizzare, seguo tempi e temperature diverse.

Qual è il metodo di estrazione che preferisci?

La mia passione è il brewing, la preparazione del caffè filtro. Preferisco il filtro all'espresso e, in particolare, mi piace il V60 perché riesce a esprimere al meglio le diverse nuance aromatiche del caffè. È, inoltre, il metodo più adatto per le degustazioni. Interessante è anche il metodo chemex, perché è composto da un filtro molto spesso che trattiene oli e grassi. Io non ricerco la struttura e la corposità in un caffè; mi piace una tazza limpida.

Quali metodi utilizzi al bar? Quali accortezze segui per una buona riuscita del caffè?

Solamente V60 e aeropress. Utilizzo materiali e utensili di qualità come il bollitore elettrico, che accelera i tempi. Bisogna stare attenti anche all'acqua: nel mio bar non entra acqua che abbia un residuo fisso superiore ai 200 mg/l.

Che tipo di clientela avete? I consumatori sono disposti ad accettare tempi di attesa più lunghi rispetto agli standard italiani?

Abbiamo tanti clienti abituali, siamo in periferia e non copriamo la parte turistica della città. Molti dei nostri clienti ci seguono sui social, si interessano e chiedono maggiori informazioni. Come dicevo, l'utilizzo del bollitore elettrico mi permette di velocizzare i tempi di attesa, che si aggirano mediamente attorno ai 4 minuti e mezzo per un caffè filtro, per cui non abbiamo mai ricevuto lamentele al riguardo.

Non credi che sia il consumatore a doversi adattare ai tempi del barista e non il contrario?

Certamente, ma siamo ancora lontani da quello che è l'obiettivo finale, ovvero quello di diffondere la cultura del caffè di qualità.

Come vedi la situazione generale dei bar italiani?

In Italia abbiamo perso il treno in questo settore. Siamo da sempre molto famosi nel mondo per l'espresso, la moka e più in generale per la cultura e il rito del caffè. Purtroppo però, la maggior parte dei baristi fa un lavoro pessimo, comprando caffè scadenti, mediocri. E lo stesso vale per i torrefattori, che troppo spesso effettuano tostature scure per coprire il sapore cattivo della materia prima. In questi ultimi due anni, però, sembra essere un po' esplosa la tendenza alla qualità, alla ricerca di un caffè diverso, ma spero tanto che non sia solo una moda. C'è un cambiamento in corso, ma per arrivare a una vera e propria evoluzione ci vorrà ancora molto tempo, e con molto intendo 10/15 anni, almeno.

E il consumatore medio a che punto è?

Il pubblico si sta iniziando a interessare, spesso vengo contattato per organizzare corsi di assaggio. Sono tornato da poco da Budapest per un training SCAE (Speciality Coffee Association of Europe)e devo dire che noi italiani siamo fra i più preparati. Ma il consumatore deve essere guidato ed educato dal barista e dal torrefattore, non può formarsi completamente da solo. E la formazione inizia al bar, con poche semplici mosse. Per esempio, mi rifiuto di preparare l'espresso lungo perché l'estrazione dell'espresso si conclude dopo 25 secondi. Sto molto attento a tostare i chicchi in base ai diversi metodi di estrazione e mi impegno affinché la tostatura sia sempre adeguata, per cui estrarre poi male il caffè significherebbe sminuire tutto il lavoro fatto a monte. Queste spiegazioni vanno sempre fornite al cliente; solo così si può sperare di comunicare e diffondere la qualità.

Organizzi corsi di degustazione per i consumatori?

Sì, diversi, presso il Centro Formazione L'Arte dell'Espresso di Genova.

Al bar, come avvicini i clienti al caffè?

Ho un pannello descrittivo sul bancone, in cui sono illustrate le diverse note aromatiche del caffè. Ogni volta che cambio caffè, invito il cliente a provarlo, ad allenare le papille e cercare di percepire e riconoscere sentori diversi. E poi cerco di incuriosire i consumatori con un'offerta insolita, come per il cappuccino: utilizziamo ben 4 tipologie di latte (intero, parzialmente scremato, alta digeribilità, soia) e i nuovi clienti restano sempre affascinati dalla proposta ampia.

Ma con il latte di soia si può ottenere comunque una schiuma a trama fina adatta per un cappuccino di qualità?

Sì, il risultato è sorprendente. Quello che conta per montare il latte è il numero di proteine.

Organizzi anche corsi per baristi?

Sono trainer autorizzato SCAE (AST) per quanto riguarda la parte del brewing. Insegno in tanti corsi, per principianti e professionisti, con tanto di diploma finale conferito dalla SCAE.

E tu quali corsi hai seguito, a parte quello di brewing?

Ho iniziato con le lezioni Aicaf, per poi passare a tutti i corsi organizzati durante l'Umami Barista Camp, un evento interamente dedicato al settore del caffè, a cura di Francesco Sanapo, Andrej Godina, Andrea Matarangolo, Simone Guidi e Marco Cremonese.Di recente, ho ottenuto la certificazione del Cupping Advanced Course & Q Grader, corso di analisi sensoriale molto difficile. Con queste lezioni si affinano i sensi, il palato e l'olfatto, imparando a distinguere le diverse sfumature aromatiche e tipologie di acidità e di amaro.

Parliamo di competizioni. A quale hai partecipato?

Alla gara di assaggio Cupping nel 2015 in occasione del Sigep, classificandomi secondo. La gara baristi è molto complessa, come anche la competizione di tostatura. Servono tanto studio, ricerca ed esperienza e fino a oggi non mi sono sentito pronto per prendervi parte. Magari fra qualche anno...

Progetti futuri?

Ad aprile partirò per la Colombia per andare a visitare le piantagioni di caffè. Vorrei specializzarmi anche sul tè, bevanda molto affascinante che, proprio come il caffè, richiede tempi e temperature precise. Ogni tè ha un suo punto di infusione e sto iniziando a prendere la mano con le diverse tipologie. Inoltre, ho in programma degli abbinamenti fra pasticceria e caffè.

Nient'altro?

Da tempo insieme a mio fratello maggiore stiamo progettando un nostro locale al centro di Genova, ma la strada da fare è ancora lunga.

Tazze Pazze | Genova | via Faliero Vezzani, 60 r | tel. 320 077 4683 | www.facebook.com/Bar.Tazze.Pazze

 

a cura di Michela Becchi

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