3. Da Sant'Agata a Macao

10 Dic 2010, 11:05 | a cura di

Chi ha negli occhi e nel cuore la costiera ed il ricordo di Don Alfonso a Santa Agata sui Due Golfi può far fatica ad immaginarlo qui, a Macao, uno dei posti più conturbanti della nuova Cina. Da ex colonia portoghese Macao si è trasformata nella più grande “macchina da gioco” del mondo con migliaia di

giocatori che si alternano ai tavoli dei Casino aperti 24 ore per 365 giorni l’anno.

Ed è qui che incontriamo Ernesto Iaccarino e la sua struttura composta dallo chef Vincenzo Castaldo, campano, giovanissimo ma già di grande capacità, e il sommelier Roberto Gallotto. Prima del menù degli Iaccarino, che non cessa mai di sorprendere, ci soffermiamo sulla immensa cantina dell’enorme “building”, dove insieme con Don Alfonso sono ospitati altri ristoranti per scoprire che siamo in presenza della più grande raccolta di vino al mondo (più di 200mila bottiglie) seconda per numero di etichette solo alla Tour d’argent a Parigi.

Purtoppo, nonostante la maestria del nostro sommelier, le decisioni di acquisto vengono prese diretttamente dal signor Ho, padrone del palazzo e di mezza Macao e uno degli uomini più ricchi del pianeta, con criteri, diciamo, un po' “francofili”. Si comprano, cioè, di preferenza vini francesi (70% della cantina) e molto cari.

Ovviamente i nostri vini soffrono ambedue i criteri e vanno a finire perfino dietro ai vini della California, che rappresentano il 10% della cantina del signor Ho. Forse bisognerebbe affidare all’ambasciatore Iaccarino il ruolo di apripista, iniziato cinque anni fa, e sperare che il tempo sia galantuomo anche con i nostri produttori. E ora passiamo alla tavola.

Vincenzo ci guida in un menu che alterna prodotti della miglior tradizione - un delizioso gambero con pomodoro e origano con prodotti più innovativi come una tartare di bisonte con olio e tartufo bianco. Tutto accompagnato da uno straordinario Chardonnay di Gaia che, racconta il sommelier, è riuscito a superare l’esame del signor Ho.


(© Valerio Gargiulo)

Forse ha ragione Ernesto: per i produttori italiani la scelta più oculata è concentrarsi su Hong Kong piuttosto che cercare di attrarre l’attenzione dei giocatori dei Casino di Macao, quasi tutti cinesi, che festeggiano le vincite con magnum di Bordeaux e affogano le perdite in litri di whiskey.

c.p.
9/12/10

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