L'Amarone che non c'era

31 Gen 2011, 11:11 | a cura di

Il successo agli inizi degli anni ’90 ha moltiplicato i vigneti a est della Valpolicella storica e di Verona. Qui, aziende giovani, ma anche antiche cantine, hanno espresso una grande qualità. Come dimostrano gli ultimi 15 anni delle etichette di Tenuta S. Antonio e dei F.lli Tedeschi, i d

ue volti della rinascita.

Questi terreni, quando gli anni ’90 si aprono all’insegna dell’Amarone, erano stati interessati solo marginalmente dalla viticoltura. Eppure, o proprio grazie a questo, in pochissimi anni hanno espresso una straordinaria vocazione alla qualità, esaltata dall’opera delle aziende storiche, ma ancor più dall’impulso prodotto da aziende nuove, fatte da giovani desiderosi di mettersi in luce e privi di quel legame stretto e a volte soffocante con le tradizioni che in qualche modo rallentava le realtà più tradizionali.

Proprio l’assenza di un legame morboso con la tradizione, ha permesso a queste aziende di esplorare tecniche viticole e di cantina innovative quanto condivise da tutto il mondo, come le forme di allevamento meno espanse della tradizionale pergola veronese, o l’utilizzo di fusti nuovi e meno grandi per l’affinamento, dalle barriques al tonneaux. La fortuna di operare in un periodo in cui il mercato era pronto a premiare tutte le novità purché di alto profilo, ha permesso uno sviluppo rapido e di altissimo livello qualitativo.

Al di là della Valpantena, nel cuore della zona classica, le aziende  che hanno fatto la storia della denominazione non sono state certo a guardare, rinnovando velocemente i processi e le strutture di cantina, mentre dal punto di vista viticolo sono meno le realtà che hanno abbandonato la pergola, mentre la maggioranza (forte anche di un fitto tessuto agricolo che fa riferimento alle strutture cooperative), è rimasta legata alla forma di allevamento che da sempre caratterizza il veronese.

L’appassimento non è più lasciato al caso o alle bizze del clima, ma è governato con sapienza e sensibilità in fruttai che non assomigliano più ad una semplice soffitta, ma spesso sono dotati di tecnologia all’avanguardia nella gestione della temperatura, dell’umidità e della circolazione dell’aria. In questo modo, oltre ad un prodotto maggiormente integro e fresco negli aromi, la produzione ha permesso che il suolo, l’altitudine e la giacitura dei vigneti riconquistassero un ruolo centrale, lasciando che aromi dovuti al frutto appassito non sono fossero più dominanti e omologanti ma sottofondo per sensazioni più fini e legate alle condizioni produttive.

Poter assaggiare a confronto ben dieci annate consecutive di due fra le aziende che meglio rappresentano questa realtà a due volti è stato un piacere che vale la pena di essere raccontato.

di Nicola Frasson
febbraio 2011

*sul mensile Gambero Rosso di febbraio trovi la verticale e le interviste ai protagonisti.

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