Spumanti. Fenomeno italiano

2 Dic 2009, 16:08 | a cura di

In tutte le regioni italiane e con numerosissime uve, vengono prodotte bollicine di grande qualità. Ma ci sono zone particolarmente vocate. E siamo sempre a nord del Po.

Il settore delle bollicine in Italia non conosce crisi, stando ad un recente rapporto dell’Ismea il settore è cresciuto del 33% in 10

anni, passando da 221 milioni di bottiglie del 1998 ai 328,5 del 2008. Ovviamente la parte del leone la fa il metodo italiano (92, 8%), ma anche il metodo classico, che ormai sfiora i 24 milioni di bottiglie è molto cresciuto. Al di là della zona del Prosecco ci sono altre importanti zone spumantistiche.

Con 90 milioni di bottiglie a denominazione Asti, di cui circa 80 di Asti Docg, ecco un’altra portaerei della spumantistica italiana. In 53 comuni tra le province di Asti, Cuneo e Alessandria si produce il più famoso e buon spumante dolce del mondo. Profumatissimo e dolce, è il compagno immancabile dei dolci natalizi, panettone e pandoro in testa, ma chi ha voglia di sperimentare può provare la sua fresca vena fruttata e la dolce aromaticità anche con abbinamenti inconsueti, come le ostriche crude, per non parlare dei classici salumi e affettati della tradizione.

Il Piemonte produce spumante classico in quantità importanti dalla metà del 1800, ma solo ora s’è creata una denominazione dedicata, che è Alta Langa. Nata nel 2002 per impulso delle grandi case vinicole piemontesi, comprende un’area che spazia su 142 comuni nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria, ed è riservata ai metodo classico da uve di pinot nero e chardonnay prodotte esclusivamente nei vigneti collinari. Siamo agli inizi della sua storia ma i risultati sono già interessanti.
È una storia antica quella dello spumante in Oltrepò Pavese, ma l’entusiasmo che c’è è davvero nuovo. Nella culla del pinot nero in Italia si produce un eccellente spumante classico, dove il vitigno francese, giunto qui a metà dell’Ottocento e perfettamente acclimatato, è naturalmente il protagonista.

Per ora siamo a circa 2 milioni di bottiglie, ma con il recente lancio della Docg, dove un ruolo importante è giocato dal Rosé, il Crusca (un marchio creato dal consorzio) si raddoppierà in poco tempo. Ma dai 2000 ettari di pinot nero di queste colline nascono uve per altri 10 milioni di bottiglie di bollicine, metodo italiano.
Sempre in Lombardia c’è la Franciacorta, uno dei distretti spumantistici italiani più celebrati. Siamo in provincia di Brescia, e sulle colline moreniche accanto al Lago d’Iseo, 2200 ettari, è lo chardonnay ad aver trovato un habitat eccellente.

E così questa denominazione, nata negli anni Sessanta e Docg dal ’95, grazie alla straordinaria intraprendenza e alla passione dei suoi imprenditori e alla vocazione del territorio rappresenta l’eccellenza delle bollicine classiche italiane.

Accanto ai suoi Brut, Extra Brut, ai Rosé e ai millesimati di pregio segnaliamo il Satèn, tipico della zona, un blanc de blancs delicato e fruttato con una pressione leggermente inferiore alle classiche 4,5/5 atmosfere che gli conferisce un carattere cremoso e grande bevibilità a tavola. Con una produzione di 8,5 milioni di bottiglie di metodo Classico, la Franciacorta è la denominazione più importante per questo metodo oggi in Italia.
Nel vicino Trentino ecco il Trentodoc, storica denominazione delle bollicine, che prende le mosse nel 1902 con le prime bottiglie di metodo classico prodotte da Giulio Ferrari, uno dei padri della spumantistica italiana. Anche qui, come nel vicino Alto Adige, è lo Chardonnay protagonista, anche se non mancano vigneti di pinot nero.

Ma se tutte le uve chardonnay coltivate in provincia di Trento fossero usate per fare spumante, anziché 8 milioni di bottiglie se ne potrebbero produrre 30... Vigne storiche, spesso in quota, oltre gli 800 metri, che, come in Alto Adige, non risentono del global warming. Solo che a Trento, alle bollicine ci si crede. In Sud Tirolo, con le dovute ragguardevoli eccezioni, un po’ meno.

 

di Marco Sabellico

2/12/2009

 

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