Brexit, quali conseguenze per il vino italiano in UK?

24 Giu 2016, 13:00 | a cura di

Introduzione di dazi, scorta di bollicine italiane e francesi, autosufficienza produttiva. Tante le ipotesi per il futuro del vino nel Regno Unito, che per i produttori italiani rappresenta il terzo mercato di sbocco. E c'è anche chi decide di investirvi proprio in queste giornate campali… 


La vittoria del leave

È finito il tempo delle ipotesi. Adesso è ufficiale: la Brexit ha vinto, il Regno Unito ha deciso di uscire dall'Unione Europea. E il mondo del vino non può che interrogarsi sulle conseguenze che potrebbero derivarne. Corsa alle scorte di Prosecco? Crollo dell'export sul modello Russia? Arrivo di dazi sulle importazioni? Incremento della produzione interna fino all'autosufficienza? Probabilmente nulla di così catastrofico, tenendo comunque presente che le conseguenze saranno sul lungo periodo: ci vorranno circa due anni affinché il distacco diventi effettivo. Intanto, com'era prevedibile, alla notizia della vittoria degli euroscettici, si è subito registrato un crollo significativo della sterlina, segnando i minimi storici dall' '85 ad oggi, e trascinando giù tutte le borse, a partire da quelle asiatiche che, per via del del fuso orario, sono quelle che hanno aperto prima. L'annuncio delle dimissioni del premier britannico David Cameronha, poi, dato il colpo finale, con Milano che ha aperto in ritardo e con scambi al ribasso di oltre il 20%.

Il futuro dell'export vinicolo italiano in UK

Ma torniamo al vino. Ricordiamo che al momento per l'Italia, il Regno Unito rappresenta il terzo mercato di sbocco con 745 milioni di euro incassati nel 2015 e, secondo gli ultimi dati dell'Osservatorio del Vino, nel primo trimestre 2016, il valore dell'export ha raggiunto quota 152 milioni di euro (+7% rispetto all'anno precedente). Nello stesso periodo, si noti che l'Inghilterra ha ridotto l'import totale di vino dal mondo di quasi il 7%. Insomma, il nostro Paese ha meno da temere? Forse un po' meno degli altri, Francia compresa: il crollo della sterlina potrebbe spingere ancora di più gli inglesi verso l'acquisto di vini meno costosi. E, nella guerra delle bollicine Champagne-Prosecco, quest'ultimo ne uscirebbe favorito. Ma può bastare questa speranza a far sfumare le preoccupazioni? Per lo spumante italiano, come ricorda la Coldiretti, l'Inghilterra è il primo mercato di sbocco, il quarto per tutti i prodotti agroalimentari nazionali, con un import dall'Italia per 3,2 miliardi di euro e appena 701,9 milioni di export verso l'Italia. Numeri importanti che confermano il forte legame dell'Italia con questo mercato e pesano ancora di più sul bilancio finale. Ma, oltre a quelli italiani ci sono anche altri produttori a dirsi preoccupati: il Portogallo, ad esempio, che vende in UK milioni di bottiglie di Porto ogni anno. La soluzione inglese al problema potrebbe essere l'incremento della produzione interna: nell'ultimo anno sarebbero 37 le nuove aziende vitivinicole registrate, per un totale di 170 produttori tra Inghilterra e Galles, con uno sforzo produttivo notevole verso il comparto bollicine. Ma da qui all'autosufficienza, ce ne vuole.

E intanto, noncurante degli eventuali contraccolpi, c'è chi su Londra decide di scommettere, come la presidente di Poste italiane e imprenditrice del vino, Luisa Todini, appena partita alla volta della City per promuovere i vini umbri a base sangiovese e grechetto: “Continuiamo a investire in un luogo dove abbiamo sempre investito e continuiamo a farlo anche ora”. Ma quanti continueranno a farlo?

 

a cura di Loredana Sottile

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