Decreto Ristori. Una svista rischia di penalizzare le attività più giovani: ecco perché

30 Ott 2020, 14:58 | a cura di
Come il precedente Decreto Rilancio, il Decreto Ristori prende in considerazione il fatturato di aprile 2019 per stabilire la somma a fondo perduto da versare alle aziende danneggiate per almeno un terzo del fatturato. Ma come si mette per le attività aperte dopo aprile 2019?

Il Decreto Ristori e gli aiuti a fondo perduto

Il Decreto Ristori è stato effettivamente approvato con la tempestività annunciata del Presidente del Consiglio. L’obiettivo del pacchetto di aiuti a sostegno delle categorie più colpite dalle restrizioni dell’ultimo Dpcm è quello di garantire la sopravvivenza delle attività costrette a chiudere o a limitare significativamente il proprio raggio d’azione. Tra queste, tutti gli esercizi del settore ristorativo e dell’ospitalità, a partire da bar, attività di somministrazione di cibo e ristoranti, che al momento possono ancora operare tra le 5 del mattino e le 18. Tra le 53 categorie individuate tramite codice Ateco, autorizzate a richiedere i contributi a fondo perduto, dunque, ci sono anche tutte quelle del comparto colpito così duramente, con percentuali variabili di indennizzo (coefficiente 1,5 per gelaterie, pasticcerie, bar, settore dell’ospitalità; coefficiente 2 per ristoranti, aziende agricole, catering), più agevolazioni sul credito di imposta per gli affitti, cassa integrazione per i dipendenti e cancellazione della seconda rata dell’IMU e sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali. Qui, però, ci concentreremo sugli aiuti a fondo perduto, per evidenziare una “falla” del sistema segnalataci da un ristoratore di Bologna direttamente danneggiato dal sistema predisposto per ottenere l’indennizzo.

Come si calcola l’indennizzo dovuto? Il discrimine di aprile 2019

Come lui, tutte le attività aperte dopo l’aprile 2019 che già in occasione del Decreto Rilancio si sono trovate a barcamenarsi con la richiesta degli aiuti, potrebbero ora scontare a caro prezzo una pecca probabilmente involontaria del funzionamento del sistema. Il Decreto Rilancio, infatti, chiedeva ai ristoratori interessati a ricevere gli indennizzi a fondo perduto per il periodo di lockdown di marzo e aprile 2020 di dichiarare il fatturato di aprile 2019, per valutare l’esatto importo da corrispondere a ciascuno (requisito indispensabile, allora come stavolta, la perdita di almeno un terzo del fatturato rispetto al periodo valutato, fatta eccezione per le attività aperte dopo il gennaio 2019, cui l’indennizzo spetta sempre). Per le attività aperte dopo l’aprile 2019, impossibilitate dunque a fornire un parametro di riferimento, allora si decise per praticità di procedere versando un contributo pari a 2mila euro, che è anche il tetto minimo previsto per le imprese (il massimo è di 150mila euro). Altri criteri sarebbero stati utili alla causa per distribuire gli aiuti con più precisione: la valutazione del fatturato medio dal momento dell’apertura, per esempio; o il fatturato dell’ultimo mese utile prima del lockdown. “Ecco, quindi, che una giovane azienda che, per esempio, fattura una media di 30mila euro al mese si è ritrovata con 2mila euro, contro i 6mila che ha ricevuto un ristorante analogo, ma aperto da più tempo”, spiega il ristoratore in questione, sottoponendo il caso della sua “giovane” attività. Limitante, indubbiamente. E probabilmente iniquo.

Una svista del Decreto Ristori?

Ma la distorsione si amplifica ora, in occasione del Decreto Ristori, che - come dichiarato in modo esplicito - per chi già aveva fatto richiesta degli aiuti a fondo perduto nella precedente tranche, continua a basarsi sul fatturato dichiarato in quella occasione, quindi relativo al mese di aprile 2019 (questo, è chiaro, per semplificare le nuove pratiche, e velocizzare i tempi di versamento, bisogna ammetterlo). “Ci aspettavamo” spiega a questo proposito il ristoratore “che il Governo facesse un ragionamento analogo a quello fatto in aprile, ragionando sui fatturati dei mesi in cui è prevista la chiusura dopo le 18 (dunque ottobre e novembre, ndr). Invece, no: si decide di basarsi ancora sui contributi di aprile, senza considerare tutte le aziende aperte dopo quel mese e che, questa volta, potrebbero dimostrare una reale perdita di fatturato”.

Facendo sempre l’esempio di un fatturato medio di 30mila euro, “stavolta un’azienda come la nostra, ma aperta da prima di aprile 2019, riceverà 12mila euro, noi solo 4mila (perché ricordiamo che per i ristoranti l’indennizzo raddoppia rispetto a quello ottenuto col Decreto Rilancio, ndr). In totale, dall’inizio della pandemia, un ristorante come il nostro che ha avuto la “fortuna” di aprire prima di aprile 2019 riceverà circa 18mila euro di aiuti, uno che ha aperto dopo 6mila”. Una svista che potrebbe penalizzare molto proprio quelle attività che, più giovani, allo scoppiare della pandemia ancora non avevano avuto modo di rientrare dell’investimento iniziale e di stabilizzarsi. Ci sarà modo per porre rimedio?

 

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