Donata Orsi: la chef toscana sulla spiaggia newyorkese di Rockaway

4 Apr 2021, 15:59 | a cura di
Conversazione con Donata Orsi, la chef toscana cresciuta a Lucca e maturata in cucina tra Londra e New York. I suoi progetti, la sua idea di cucina e le difficoltà dell’ultimo anno.

Abbiamo incontrato Donata Orsi, una chef di origini italiane che lavora all’estero, tra Londra e New York, da oltre dieci anni.

Come nasce il tuo amore per il cibo?

Ho 40 anni e sono nata e cresciuta a Lucca, nel cuore della Toscana. Negli anni Ottanta la mia città possedeva ancora un fervente mercato ortofrutticolo in pieno centro, circondato a sua volta dalle cosiddette botteghe artigiane e di generi alimentari. Qui avvengono le prime esplorazioni legate al cibo della mia vita. Ricordo nitidamente l’odore dei formaggi alla Cacioteca, dove mi venivano offerti sempre degli assaggi; il profumo della focaccia calda appena sfornata, l’aroma pungente del baccalà e le urla dei venditori provenienti dai banchi delle verdure. Una volta a casa gli ingredienti venivano trasformati in ancor più deliziose pietanze. Da bambina ho passato gran parte del mio tempo così, nelle cucine di mia madre e delle mie nonne, osservando, impastando, assaggiando e ascoltando le loro conversazioni.

Donata Orsi

Quando hai deciso di fare del food la tua professione?

Nel 2004 ho interrotto gli studi di Infermieristica all'Università di Pisa, dopo l’improvvisa morte di mia madre, e ho deciso di intraprendere la carriera nella ristorazione. Ho inizialmente lavorato in diversi ristoranti a Pisa, Lucca e sulla costa, imparando le basi della cucina regionale toscana e italiana in generale.

Quando e perché hai lasciato l’Italia?

Nel 2010 ho conosciuto il mio futuro marito, anche lui lucchese, e mi sono trasferita a Londra, dove Francesco lavorava già come ricercatore nell’ambito medico.

Nel mio primo anno a Londra ho lavorato in alcuni gastropub del gruppo Fuller’s, imparando sia l’inglese che le prime basi di cucina internazionale. L’anno successivo sono stata assunta al ristorante Nopi, dello chef Yotam Ottolenghi. Questa è stata una delle esperienze spartiacque della mia carriera perché da lì in poi ho continuato a seguire un filo conduttore che, in qualche modo, non ho mai abbandonato: ho appreso la passione per la cucina mediterranea, vegetariana e la ricerca di sempre nuovi ingredienti e modi di cucinare e presentare, in particolare, le verdure.

Cosa ti ha portato a New York?

Nel 2013 ci siamo trasferiti a New York City, inseguendo nuove possibilità lavorative per Francesco che ha ottenuto un visto J1 lavorando per Rockefeller University. Io ho lavorato in diverse cucine e ristoranti dove ho ricoperto prima ruoli da sous chef e successivamente da head chef.

In particolare, ho lavorato per lo chef Hooni Kim a Danji, un ristorante coreano nel distretto dei Teatri. Successivamente, ho collaborato all’apertura di Untitled al Whitney Museum con lo chef Michael Anthony, poi a Two Hands, uno dei caffè australiani tra i più’ popolari della città e al ristorante Balaboosta per lo chef Einat Admony.

 Sandwich

Cosa consiglieresti a un altro giovane che, ispirato dalla tua tua storia, volesse seguire i tuoi passi?

Ognuno di questi lavori ha apportato un'incredibile crescita nella mia carriera, arricchendo e delineando sempre di più il mio stile di cucina.

In questo senso, per un giovane che decide di intraprendere la carriera di cucina, il mio consiglio è quello di essere il più possibile curioso dei diversi ingredienti e cucine, senza necessariamente prediligerne una.

Come e dove si è evoluto il tuo lavoro?

Dal 2017 in poi, ho cercato di dare vita ai miei progetti. Da questo nasce la collaborazione con Peaches Nyc, una compagnia di catering per cui sono diventata executive chef-partner e che mi ha portato a trasferirmi a Rockaway Beach, una popolare località di mare di New York. Qui, dopo il devastante uragano Sandy del 2012, la comunità locale, insieme alla città, si è impegnata in una continua ristrutturazione e rivalutazione dell'area. Dalla costruzione di uno nuovo camminamento sul lungomare, alla valorizzazione dei tipici bungalow in legno, all’apertura di nuovi ristoranti e centri di aggregazione. Mi sono letteralmente innamorata di questa comunità sull’oceano, trovando totale supporto per la realizzazione dei miei progetti, fino anche all’apertura nel 2019 del caffè-ristorante Thank You. Qui ho partecipato alla creazione dell’intero progetto, sia nelle fasi di costruzione che di sviluppo del concetto. Ho dato vita al menu e ho ricevuto la prima importante recensione gastronomica personale, pubblicata su Gothamist, dello scrittore Scott Lynch.

Frittata taka away

Cosa è successo durante la pandemia?

Con l’arrivo della pandemia Thank You ha sofferto dell'incredibile crisi che ha coinvolto i ristoranti della città, fino a chiudere i battenti in maniera definitiva all’inizio di quest’anno.

Dopo una fase iniziale di confusione e stress emozionale, sia legata ad aspetti di carriera personali sia a una crisi globale dei ristoranti, mi sono rimboccata le maniche e ho cercato di rimanere il più attiva possibile, sia dedicandomi alla produzione di prodotti da forno, soprattutto per amici e conoscenti, sia continuando a lavorare come chef negli stabilimenti sul lungomare, durante la stagione estiva.

In questo contesto, ho avuto anche modo di conoscere (per un attimo parlerò della mia intervistatrice in terza persona!) la fotografa e giornalista italiana Francesca Magnani, che già conosceva questa parte di New York per via dei suoi personali progetti che l’avevano già portata ad esplorarla. La sua conoscenza mi ha ispirato moltissimo sia per le incredibili foto e ciò che riescono a catturare e trasmettere oltre lo scatto, sia perché credo che non sia un caso che dopo anni di vita all’estero ci siamo trovate proprio qui a Rockaway, un posto aperto sul mare che per certi versi ricorda una località di villeggiatura della costa italiana.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Nel prossimo futuro, in seguito alla pandemia, io e Francesco abbiamo deciso di trasferirci di nuovo in Italia per passare del tempo con le nostre famiglie e amici.

Personalmente mi auguro che con il rientro in Italia potrò attuare un mio progetto legato alla ristorazione. La speranza è che questo possa creare opportunità anche per altri e dare il mio contributo alla ricostruzione di quella che è la vitalità delle nostre città e comunità così duramente colpite dalla pandemia.

@chefdonata

@magnanina

testo e foto di Francesca Magnani

 

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