Eatsa, il fast food senza personale in cui si mangiano solo cibi sani

15 Gen 2017, 10:01 | a cura di

Un fast food innovativo, che distribuisce pasti salutari e vegetariani ai clienti, in maniera completamente automatizzata e senza nessuna interazione umana. È Eatsa, nuova catena americana che ha già aperto a San Francisco e Los Angeles. L’obiettivo, a detta dei fondatori, è “democratizzare l’accesso ai cibi salutari”. 


Eatsa, ordinare con un clic pasti salutari

Se quando pensate al pranzo fuori casa vi viene in mente un cameriere o un barista con cui scambiare due chiacchiere, questo non è certo il posto per voi. Mangiare da Eatsa, nuova catena di fast food americano, significa invece interagire con un i-pad per scegliere e attendere che il vostro pasto sia recapitato in maniera automatica, tramite una macchina che lo trasporta fino al punto di ritiro. Il concept è ben definito: da Eatsa si mangiano solo piatti salutari a base di quinoa. L’idea è di Scott Drummond eTim Young, esperti di informatica, in collaborazione con David Friedberg, un ex-dirigente di Google: negli USA sono attivi già due punti vendita, a San Francisco e Los Angeles, ma gli ideatori promettono una rapida espansione in tutti gli States.

Come funziona il fast food automatico

L’assenza di interazione umana potrebbe spaventare i più tradizionalisti. Ma gli ideatori difendono un obiettivo sociale che va oltre il semplice business: vendere pasti sani a prezzi competitivi, “democratizzando” il cibo salutare. Il sistema messo a punto da Dummond, Young e Friedberg, infatti, permette di produrre cibo in tempi brevissimi e a costi contenuti. Di conseguenza un piatto di Eatsa può essere venduto a poco meno di 7 dollari, pari a circa 6.60 euro, un prezzo sicuramente conveniente rispetto alla media dei pasti biologici. I menu sfruttano le proprietà nutritive della quinoa, condita in più modi, con prodotti rigorosamente bio, di livello qualitativo elevato. Per ogni ristorante il personale ammonta a tre cuochi che lavorano “a porte chiuse”, cioè dietro un vetro (ma invisibili dal lato cliente, in barba alla moda della cucina a vista), più un paio di assistenti che aiutano i clienti ad effettuare l’ordine in caso di necessità. Ma qual è il prezzo da pagare in termini di occupazione?

Il sistema senza interazioni: soluzione o problema?

Secondo i detrattori del progetto, il taglio del personale per comprimere i costi, apparentemente vantaggioso, se dovesse diventare un modello di riferimento potrebbe creare gravi problemi all’occupazione. Senza parlare di quella visione romantica del pasto che ci invoglia a scambiare due chiacchiere col cameriere, sempre pronto al consiglio e alla battuta: un’idea forse più vicina alla cultura europea che a quella statunitense.

Ma, secondo i fondatori, sostituire i dipendenti con le macchine non vuol dire necessariamente foraggiare la disoccupazione, anzi: il personale addetto al servizio sarebbe rimpiazzato da tecnici dell’informatica, che si concentrerebbero su software, ordinazioni e sistema. Inoltre, in un contesto come quello americano in cui l’obesità è un problema pressante, l’accesso a cibi salutari per una fascia di popolazione a cui generalmente sono preclusi potrebbe essere talmente d’impatto da oscurare il problema dell’interazione. Ma in Europa un modello del genere avrebbe successo?

Una cosa è certa: negli States i primi due punti vendita hanno visto aumentare in maniera esponenziale i clienti in pochi mesi. Tanto che gli ideatori si preparano ad aprire 10 nuovi fast food in tutto il territorio americano.

 

www.eatsa.com

a cura di Francesca Fiore

 

 

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