Frutta in cucina: storia e tecniche. Dalla nouvelle cuisine alle sperimentazioni

14 Lug 2022, 10:28 | a cura di
Vi ricordate il risotto alle fragole? Era il simbolo di una “nouvelle cuisine” nostrana, orecchiata e arronzata, che spopolava nei banchetti “pseudo-in” degli anni ’80. Ma l’uso della frutta in cucina ha una sua dignità e un suo spessore: comincia, nell’epoca attuale, dal lavoro del grande Angelo Paracucchi e prosegue con le sperimentazioni tra acidità e dolcezze. Un rapporto proficuo che risale agli antichi Romani.

Tutto, nell’era contemporanea, ha inizio con Paracucchi, è il 1974 quando ad Ameglia (Liguria) apre la sua Locanda dell’Angelo. Nel giro di pochi anni il ristorante diventa il simbolo della Nuova cucina italiana: una cucina di mercato fondata sul prodotto, fresco e di stagione. Locale. Temi oggi reiterati stancamente – spesso utilizzati come specchietto per le allodole – che all’epoca danno il là a una rivoluzione del gusto, fondata sulla semplificazione e sulla trasparenza, supportata da grandi competenze tecniche al servizio della materia prima.

Frutta in cucina

Frutta in cucina. In principio fu Paracucchi

Ma perché iniziare proprio con Paracucchi la nostra storia sulla frutta in cucina? A lui, che ha conquistato sul campo un posto di rilievo nell’Olimpo dei più grandi innovatori gastronomici di tutti i tempi, si ascrivono molteplici intuizioni. La sua ricerca sugli ingredienti, la dedizione a ogni prodotto che entra in cucina, lo porta, per esempio, a superare il confine tra dolce e salato: la frutta ha pari dignità di ortaggi ed erbe, e anzi amplia infinitamente le opportunità di sperimentare nuove combinazioni, per sorprendere il palato. L’Insalata della salute è forse il risultato più celebre di questo approccio: nel piatto, frutta cruda (pesche, melone, pompelmo rosa, ananas) e verdure accompagnano pesce e crostacei al vapore, garantendo freschezza all’insieme. Un aceto di lamponi, frutto della sua incessante esplorazione nel mondo delle acidità, completa l’equilibrio offrendo al commensale un assaggio spiazzante rispetto alle consuetudini del tempo. Fino agli anni Novanta la Locanda sarà fucina di sperimentazione e formazione. E la frutta si conferma una risorsa per la cucina-laboratorio dello chef: limoni canditi per intercettare uno specifico punto di acidità, more in abbinamento al petto d’anatra, terrina di prugne con la sella di coniglio, pere in agrodolce con il piccione, lamponi che tornano, insieme all’indivia, a valorizzare i frutti del mare (le capesante, nello specifico). È ad Ameglia, insomma, che si materializza per la prima volta con tanta concretezza e costanza – non certo per inseguire le mode, al massimo per indicare nuove strade – lo sdoganamento della frutta nella ristorazione d’autore.

frutta in cucina

Breve storia della frutta in cucina

Nel mensile di luglio del Gambero Rosso si parla di come l’impiego della frutta sia cambiato a tavola; se pensiamo alle cucine tradizionali del mondo è facile individuare ricettari popolari molto legati all’utilizzo della frutta in preparazioni salate, dall’America Latina all’India. Eppure, anche l’Italia può vantare una storia in tal senso. I trattati di cucina romani registrano il servizio del melone come antipasto, una ricetta a base di maiale con le mele, abbondanza di nespole, pesche, fichi; al banchetto di Trimalcione si loda la bontà di una salsa di prugne secche arrivate dalla Siria. Persino l’accoppiata uvetta e pinoli, ancora presente in molte pietanze della tradizione popolare, dalle sarde in saor venete al beccafico siciliano, era già molto amata e utilizzata in cucina dai Romani. Anche nei secoli a seguire, l’identità contadina della cucina nazionale – ma meglio sarebbe parlare di un mosaico di cucine regionali, tutte comunque dipendenti in larga parte dai frutti della terra – non può mentire: al pari di ortaggi, tuberi e legumi, la frutta è un ingrediente molto presente sulle tavole medievali e rinascimentali, peraltro inclini a non considerare un limite la compresenza di salato e dolce, anzi molto apprezzata (anche per l’influenza della cultura araba al Sud e dei fitti scambi commerciali con l’Oriente).

frutta in cucina

L’utilizzo della frutta come conservante e dolcificante nell’antichità

Zucchero e miele erano alimenti costosi, la frutta ne faceva la funzione, accostata a molte pietanze per addolcirle (i fichi, per esempio, intervengono a bilanciare il gusto amaro di erbe o legumi). Si utilizzano con frequenza anche mele, pere, prugne, melograni, uva; limoni, cedri e arance tra gli agrumi. L’anatra all’arancia, per citare un piatto sopravvissuto al tempo ed entrato nei templi della ristorazione classica, deriverebbe proprio da una ricetta toscana mutuata da una preparazione arabo-siciliana, quella del “paparo con succhi d’aranci o di limoncelli”. Avanzate erano anche le tecniche per conservare la frutta più a lungo in dispensa, in conserva, essiccata o sotto spirito. L’evoluzione del gusto ha determinato l’oblio per la gran parte di queste ricette, congiuntamente alla cessata necessità di far ricorso alla frutta in sostituzione dei dolcificanti oggi ampiamente diffusi e – ma questa è storia del Novecento – all’incredibile riduzione di varietà coltivate in Italia (e nel mondo).

frutta in cucina

a cura di Livia Montagnoli

QUESTO È NULLA…

Nel mensile di luglio del Gambero Rosso, le parole di Luca Landi, fedele allievo di Paracucchi, che come lui ha iniziato presto a utilizzare la frutta in cucina con l’obiettivo di raggiungere nuovi equilibri, e ne ha fatto un suo tratto distintivo. Si parla anche di una serie di piatti d'autore con la frutta che sono diventati classici moderni, come “Ostrica virtuale” di Davide Scabin o “Cocomero e pomodoro” di Niko Romito, chef che ha sempre sperimentato molto con la frutta e i vegetali in genere. C’è anche chi, la frutta la fa diventare protagonista del menu, come Stefano Sforza da Opera a Torino; e chi la utilizza andando oltre la dicotomia dolce-salato come Lorenzo Cogo, nella tavola fine dining dell’hotel Ca’ Bonfadini. Mauro Uliassi ha persino ideato un intero menu per valorizzare un prodotto della campagna marchigiana, la pesca piatta Saturnia, e sta continuando a esplorare il mondo vegetale dalle infinite sfumature di gusto. Abbiamo inserito un focus sul tema pizza e frutta e realizzato una cartina con gli indirizzi che stanno cavalcando la cresta dell’onda sulla tematica, sperimentando con la frutta, tra dolcezza e acidità. Ma non è tutto. Scopri di più del nuovo numero del Gambero Rosso.

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