Halal made in Italy. Da Milano la start up per l'e-commerce dei prodotti certificati halal e italiani

20 Giu 2017, 14:01 | a cura di

L'idea è venuta a due giovani studenti della Cattolica, vincitori del premio assegnato da Dr. Startupper, che garantirà loro sei mesi di incubazione per fare impresa. Come? Mettendo in rete le piccole realtà italiane che hanno ottenuto la certificazione halal, per commerciare prodotti idonei alla dieta musulmana. E aprendo loro un'importante fascia di mercato, italiano e internazionale. 


Halal. Ciò che è lecito

Spesso i precetti religiosi che determinano le abitudini alimentari di una comunità sono espressione importante dell’identità culturale e influiscono sullo stare insieme a tavola consolidando un senso di appartenenza profondo a un gruppo, pur portato a convivere con altre culture. E sono molti i musulmani che si ritrovano a tavola in nome della certificazione halal, per definizione “lecito, permesso da Hallah”, e quindi dalla religione islamica. Sul mercato, il termine segnala prodotti o servizi che rispettano un preciso regolamento in ogni fase del ciclo di produzione, e in Italia la certificazione è rilasciata da Halal International Autorithy, che opera in rappresentanza dell’Autorità Internazionale di Certificazione Islamica, regolando un bacino potenziale di oltre 4 milioni di consumatori solo tra i confini nazionali, e assicurando loro prodotti che hanno seguito iter e trattamenti genuini in tutte le fasi di lavorazione. Un sistema di procedure complesso, che ben al di là dei prodotti categoricamente proibiti (haram) ai fedeli praticanti - carne di maiale e derivati e alcol i più conosciuti – deve vigilare sui metodi di lavorazione degli alimenti, per assicurare, per esempio, la macellazione delle carni nel rispetto della shari'a islamica. O che durante la produzione e il confezionamento i prodotti consentiti siano esenti da contaminazione con sostanze haram: solo così il prodotto finale potrà ottenere la certificazione. E comunque resta ampia la categoria dei cosiddetti ingredienti mashbooh, “discutibili”, che possono nascondersi nell'etichetta di prodotti lavorati e quindi richiedono particolare attenzione da parte dei consumatori musulmani.

 

Halal made in Italy. La start up

Chi si propone di aiutarli a orientarsi sono due giovani studenti del master in Economics and Finance dell'Università Cattolica di Milano – Omar Vincenzo Giorgio Agrifoglio, 24 e 23 anni – che negli ultimi mesi hanno ideato il portale Halal made in Italy. Aggiudicandosi il primo premio del concorso Dr. Startupper, promosso proprio dalla Cattolica in collaborazione con la Camera del Commercio di Milano. Ora, per i ragazzi si prospettano sei mesi di incubazione con Corefab, che li aiuterà a trasformare l'intuizione iniziale in impresa. Ma come funziona la piattaforma? L'idea è quella di mettere in comunicazione i produttori italiani di formaggi, carne, conservati e biscotti con il mercato halal, spesso precluso loro per carenza di informazioni su come ottenere la certificazione rilasciata dall'ente autorizzato. E in questo modo aiutare le aziende made in Italy a intercettare le esigenze di un mercato crescente nella Penisola, offrendogli al tempo stesso l'opportunità di proporsi all'estero, con prodotti italiani ma comunque idonei alle richieste dei Paesi musulmani.

Il mercato halal

Non è un caso che negli ultimi anni diverse grandi realtà dell'industria alimentare - da Amadori ad Alce Nero, da Granarolo a Mutti – abbiano orientato la propria produzione in questo senso, perfezionando linee di prodotti dedicate. E da questa consapevolezza è partita l'idea dei due giovani studenti, che vogliono riunire i piccoli produttori già sensibili al tema, e incentivare nuove aziende a entrare in rete. Con i tutor e gli strumenti dell'innovation hub aperto alla periferia di Milano (Cormano) all'inizio del 2017, Halal made in Italy diventerà realtà, trasformandosi in uno strumento privilegiato per l'e-commerce di circa 400 aziende certificate dell'agroalimentare italiano con accesso limitato al mercato nazionale e europeo per prodotti caseari, carni, frutta, verdura, bevande, oli, caffè, pasta, riso. A fornire i primi nominativi sarà proprio l'ente di certificazione halal italiano, che condividerà con la neonata società la lista e i contatti delle aziende che offrono questo tipo di prodotti con la garanzia della qualità e della conformità ai più rigidi standard religiosi. Dapprima testata sulle città di Milano e Torino, la start up mira a espandersi in tutta Italia e poi in Francia, Paese ad alta densità musulmana.

 

Per tutte le informazioni sulla certificazione halal in Italia www.halalint.org

 

a cura di Livia Montagnoli

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