I negozi Whole Foods. Modello da imitare?

24 Ago 2015, 09:00 | a cura di

 

I prodotti sono tutti biologici, di origine controllata e naturale. È Whole Foods, catena alimentare statunitense di origine texane che ha spopolato in tutti gli Stati Uniti e nel Regno Unito.


La società

L’azienda è nata con le migliori intenzioni: prodotti naturali, sani, attenti alle esigenze alimentari, all’attivo diverse campagne di responsabilità sociale. Dettagli che oggi, nell’era del salutismo a tutti i costi, possono sembrare scontati.  Ma John Mackeyha iniziato questa guerra al junk food nel lontano 1976. Whole Foods nasce ad Austin, in Texas e nel 2007 ha già oltre 270 punti vendita sparsi in Canada, nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Un’impresa nata molto prima del boom del biologico, vegetariano, gluten free e di tutte le altre tendenze di consumo che si sono diffuse a partire dagli anni ’90. Anche in campo alimentare i colleghi statunitensi hanno dimostrato di essere un passo avanti, confermando la mentalità imprenditoriale radicata nella loro cultura.

L’Italia, patria del buon cibo e del buon vino, è da sempre una garanzia di qualità per i prodotti enogastronomici ma purtroppo spesso non sono stati sufficientemente valorizzati e promossi. O almeno così è stato per molti anni. Anche noi ora abbiamo il nostro colosso della vendita di cibo e vino, firmato Farinetti. Il paragone fra Eataly e Whole Foods sorge spontaneo, ma i concept dei due punti vendita sono in realtà ben diversi. Il primo, nostrano, si propone di racchiudere il meglio della tavola italiana, mentre Mackey ha intrapreso una vera e propria battaglia salutistica.

Le polemiche

Ma se è vero che l’Italia deve accelerare il passo nel commercio alimentare, è vero anche che non è tutto oro ciò che luccica. Il 2 luglio 2015 è andato in onda su YouTube il video ufficiale di scuse da parte di Mackey e del co-direttore dell’azienda Walter Robb. Scuse dirette ai clienti newyorkesi che hanno acquistato prodotti sovraprezzati “accidentalmente”e che sono stati prontamente rimborsati.

Ancora polemiche pubblicate il 5 agosto 2015 dal quotidiano The Independent. A quanto pare, in un punto vendita di Brentwood, Los Angeles, erano state messe in commercio bottiglie di acqua naturale contenenti asparagi al prezzo di $5,99. Anche in questo caso, scuse pronte da parte dei responsabili, che hanno dichiarato un errore commesso a monte, durante la produzione della merce. Il prodotto doveva essere un infuso di verdure da utilizzare come brodo. Fatto presente il problema da parte dei consumatori, i responsabili si sono affrettati a rimuovere il prodotto dai negozi.

Spirito innovativo

Parlando di capacità imprenditoriale, il discorso si fa più serio. L’azienda ha saputo muoversi negli anni, adattandosi alle esigenze delle diverse generazioni, mantenendo saldo il principio del biologico.

Whole Foods si è adeguata alla nuova clientela del 2.0 rilasciando un’app gratuita per iOS e Android con oltre 3700 ricette. Non mancano le opzioni vegetariane, vegane, per celiaci ma soprattutto per bambini. L’app propone tante idee diverse per invogliare i più piccoli a mangiare sano, creando piatti golosi con frutta e verdura. Inoltre, l’applicazione consente di creare una lista della spesa scegliendo fra i prodotti di Whole Foods. Un mondo che non può essere ignorato, quello degli smartphone, se si vuole fare comunicazione e promozione e l’ha capito bene anche Farinetti, che ha fatto realizzare un’applicazione per Eataly in cui vengono messe a disposizione 1000 ricette dalle Osterie italiane e una guida ai vini.

Cucina e prodotti internazionali

Ma nei punti vendita Whole Foods si può anche mangiare: un supermercato che vende e crea, pronto a trasformarsi in cucina in qualsiasi momento. È forse questo il vero punto di forza della società e uno dei motivi per cui è così apprezzata, specialmente a New York (pensiamo al grande punto vendita nell'East Village). I lavoratori indaffarati della Grande Mela in continua corsa per il taxi possono godersi un piatto veloce e sano e magari comprare anche qualcosa per la cena. Whole Foods non ha eliminato i fast food negli Stati Uniti, ma ne ha proposto un nuovo modello.

I newyorkesi possono trovare prodotti sani, freschi e piatti pronti per i meno esperti ai fornelli. Gli italiani emigrati possono trovare i formaggi made in Italy veri e non delle blande imitazioni come il Parmesan. Così come i cinesi possono acquistare fogli di carta di riso e via dicendo. È un negozio che si adatta a tutti mantenendo la linea guida del biologico dal pesce alla frutta, alla farina. Si adegua alle intolleranze e alle diete, alle cucine internazionali e fusion senza mai dimenticare la base di partenza: la salute.

Confronti

Sia chiaro: la nostra Penisola non ha nulla da invidiare in fatto di gastronomia e tracciabilità, sostenibilità della materia prima. Ma forse proprio questa convinzione, questa autoconsapevolezza ci ha fatto rimanere fermi negli anni? Siamo rimasti ancorati ad una certezza, quella della qualità del made in Italy, riconosciuta da tutto il mondo ma che da sola non basta valorizzare la nostra cultura culinaria.

Abbiamo dovuto attendere il 2004 perché Farinetti aprisse Eataly, unico concept paragonabile ad Whole Foods per dimensioni e offerta di somministrazione di cibo. Era il 1993 invece quando nasceva l’idea alla base di Naturasì, concretizzatasi in un franchising nel 1994. Ma la rete di negozi, ad oggi, sfiora i 100 punti vendita in tutto il paese. Qualche degustazione, piccole serate a tema dedicate ad un prodotto, ma niente di più, Naturasì non riesce a scalare come hanno fatto i texani. L'Italia, insomma, si conferma fallace nella distribuzione lasciando che siano catene di altri paesi a decidere come, quando e dove veicolare le nostre produzioni.

 

a cura di Michela Becchi

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