I rider di Foodora sul piede di guerra. Le contraddizioni di un mercato in crescita: lavorare nel delivery food

17 Ott 2016, 13:14 | a cura di

Cosa significa fare il fattorino 2.0 per una piattaforma internazionale specializzata nel delivery food? Da giorni imperversa la protesta sulla start up tedesca Foodora, leader di mercato sbarcata in alcune città italiane un anno fa. Paga a cottimo, lavoro co.co.co e compensi esigui fanno gridare allo scandalo. Ma la legge che dice? 


La protesta delle maglie rosa

Torino. Cronaca di una domenica pomeriggio in via Garibaldi: maglie rosa in bicicletta che sfilano tra affaccendati torinesi alle prese con lo shopping del week end. Il clima però non è quello festoso di una tappa del Giro d'Italia, e a guardar bene il rosa carico di caschetti, maglie e vessilli suggerisce ben altra bandiera di appartenenza. È il popolo diFoodora, quello dei giovani fattorini in bicicletta sulla bocca di tutti nell'ultima settimana, a scendere in piazza per ribadire una protesta che nell'Italia di oggi accomuna tanti lavoratori della generazione Millennials. E stavolta la battuta di arresto colpisce uno dei settori più dinamici del mercato del lavoro contemporaneo, quello del delivery food, che forte di nuove strategie di posizionamento e innovative logiche di marketing catalizza sulla Penisola l'attenzione di grandi colossi internazionali e stimola al contempo la nascita di moderne start up made in Italy. Ma non è tutto oro quel che luccica.

I fattorini 2.0, che qualcuno ha preferito ribattezzare rider metropolitani, in realtà si scontrano con i problemi di sempre. L'ultima batosta in ordine di tempo è piovuta sui malcapitati dopo la decisione della proprietà di introdurre la retribuzione a consegna (a cottimo), 2,70 netti a ordinazione conclusa.

 

Due fronti contrapposti. Un accordo impossibile

Un contratto co.co.co che non piace proprio ai rider di Foodora, rei secondo i vertici aziendali di aver fatto saltare la trattativa che nei giorni scorsi avrebbe dovuto risolvere il contrasto, portando la paga da 2,70 a 3,70 a consegna: una proposta indecente – peraltro diffusa a mezzo Facebook dalla start up tedesca – secondo i lavoratori, che ha inasprito ulteriormente i toni, giustificando la discesa in campo del ministro Poletti, che nei giorni scorsi si è pronunciato con preoccupazione sulla vicenda, non nascondendo qualche perplessità sulle dinamiche aziendali di Foodora: “Se la soluzione  prevista dall'azienda si basa sul 'ti piace andare in bicicletta' , vuol dire che abbiamo un bel problema da affrontare". E per molti l'unica strada percorribile passa attraverso l'iter legislativo: chi invoca il fin troppo frequente vuoto normativo fa riferimento proprio alla difficoltà di inquadrare e regolare nuove forme di lavoro, di cui la prestazione a cottimo per Foodora rappresenta un caso lampante. E infatti, per dirla con le parole del giornalista economico Dario Di Vico, l'evoluzione del prototipo del pony express – sdoganato nella Milano di metà anni Ottanta e allora ugualmente difficile da inquadrare – oggi passa proprio attraverso il boom del delivery food e pone al mercato del lavoro tanti interrogativi.

 

Lavorare nel delivery food. Il vuoto normativo

A cominciare dal paradosso di un'innovazione tecnologica – quella che favorisce e migliora il sistema di ordinazioni di cibo online - che necessità di tanta manodopera per sovrastare la concorrenza dei competitor e assicurare al cliente l'efficienza del servizio. La qualità delle pietanze dev'essere assicurata, il tempo e la capillarità della consegna si trasformano in variabili irrinunciabili. Ma mentre la scelta di alcune società è ricaduta sulla paga oraria (quindi a prescindere dal numero di consegne) per migliorare il livello di soddisfazione – e quindi la prestazione – dei fattorini, Foodora ha scelto di retribuirli a cottimo, riducendo al contempo il compenso per singola consegna. Monetizzare prima di tutto, quindi, ma quanto ripaga la scelta?

I ragazzi dal canto loro chiedono di essere assunti, generando un cortocircuito difficile da dirimere con gli strumenti a disposizione: può una piattaforma sostenere l'onere di assumere lavoratori dipendenti? Tutti i parametri che fanno capo alla cosiddetta gig economy – l'economia dei piccoli lavoretti - lascerebbero propendere per il no. E pure il caso di scuola non aiuta: il precedente dei pony express di cui sopra si concluse all'epoca con una sentenza della Cassazione che ne sanciva il ruolo di lavoratori autonomi, pertanto responsabili del mezzo e compensati dietro consegna.

Boicottate l'app. Il grido d'aiuto dei rider

Intanto la protesta continua a mettere in agitazione i rider di Torino e Milano (l'estate scorsa un caso analogo era scoppiato a Londra, coinvolgendo i fattorini di Deliveroo), mentre nei giorni scorsi gli ispettori del ministero del lavoro hanno visitato gli uffici torinesi della start up tedesca per verificare se Foodora violi la legge. Certo le dichiarazioni dei manager italiani del gruppo gettano benzina sul fuoco: “un secondo lavoro per giovani che amano andare in bicicletta”, lo definiscono, in barba al tasso di disoccupazione giovanile dilagante nel nostro Paese. Ignorando pure che oltre alla precarietà e alla paga esigua, il rischio di impresa pesa completamente sui rider. (Un'idea concreta di cosa significhi nel racconto della Stampa).Nonostante i numeri da capogiro di Foodora, che a distanza di un anno dall'approdo nel mercato del take away digitale italiano fa registrare un trend di crescita del 50%. L'ultima risposta dei fattorini in bicicletta? “Boicottate l'app”. Chiaramente non può essere una soluzione. La parola al ministro Poletti?

 

a cura di Livia Montagnoli

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