Igp Emilia, il Consiglio di Stato chiude la querelle sul disciplinare del Lambrusco

17 Ago 2015, 13:59 | a cura di

 

Il nuovo disciplinare aveva rivisto i confini di produzione del Lambrusco, scatenando la protesta dei produttori non emiliani. La vinificazione dei vini Igp Emilia deve avvenire esclusivamente nella zona di produzione e zone limitrofe.


Igp Emilia. Ecco dove si può produrre il Lambrusco

Nessuna possibilità per i produttori fuori zona. Il Consiglio di Stato mette la parola fine ai ricorsi contro il nuovo disciplinare dei vini Igp Emilia, approvato con decreto Mipaaf nel luglio 2013, che aveva rivisto i confini di produzione del Lambrusco. Le cantine ricorrenti, alcune anche produttrici di Lambrusco da oltre 30 anni in Veneto, Lombardia e Piemonte, dovranno rinunciare a spumantizzare il Lambrusco nei rispettivi stabilimenti; invece, dovranno acquistarlo tra Modena e Reggio Emilia e trasportarlo con cisterne pressurizzate nelle rispettive aree di imbottigliamento. I giudici, infatti, hanno ribadito la correttezza della sentenza del Tar del Lazio del 2014, hanno rigettato la richiesta di deroghe, sottolineando che la vinificazione dei vini Igp Emilia deve avvenire esclusivamente nella zona di produzione e zone limitrofe indicate nel disciplinare e che con il termine “produzione” si intendono “tutte le operazioni eseguite, dalla vendemmia dell’uva fino al completamento del processo di elaborazione (presa di spuma e frizzantatura; ndr), mentre l’imbottigliamento è consentito nei paesi dell’area comunitaria”, secondo l'art. 6 del Reg. CE 607/2009.

La soddisfazione del Consorzio

La conclusione della vicenda, durata due anni e mezzo, per il Consorzio è di “straordinaria importanza per viticoltori, cantine sociali e imbottigliatori emiliani che vedono coronato il comune impegno per assicurare ai nostri territori la possibilità di generare nuova ricchezza e lavoro”, dice il presidente Davide Frascari. L'obiettivo del Consorzio? Intervenire a tutela del prodotto e a garanzia dei consumatori, migliorando i controlli su una filiera che produce 120 milioni di bottiglie annue, con un 38% di imbottigliato fuori zona.

Nel frattempo qualche azienda ha ripensato la propria strategia. È il caso della Contri: dopo il primo 'no' ai ricorsi da parte del Tar laziale, l'azienda veronese non ha fatto ricorso al Consiglio di Stato ma ha optato per l'ingresso nel Consorzio di tutela e per l'apertura (imminente) di uno stabilimento a Campogalliano (Modena), che potrebbe essere operativo già da questa vendemmia.

 

A cura di Gianluca Atzeni

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