Il debutto di Care's a Salina, tra escursioni e foraging

22 Mag 2017, 16:00 | a cura di

Ancora una volta, dopo l’invernata in Alta Badia, 18 chef da tutto il mondo si incontrano per scambiarsi e raccontare la loro scelta etica in cucina. Ecco come è andata la prima giornata di Care's a Salina. 

A Salina si parlerà per i prossimi tre giorni di etica e sostenibilità, non solo in cucina, ma allargando lo sguardo a nuovi orizzonti, e declinando il tutto in tre tematiche principali: terra, mare, energia (qui il programma). Con il coinvolgimento di diciotto chef, internazionali e italiani, a iniziare da chi vive a Salina, come Martina Caruso dell’hotel Signum e Ludovico De Vivo del Capofaro Resort. Tutti per portare il proprio contributo alla causa etica che ci chiama a impegnarci per un futuro migliore. Durante la prima giornata di Care's si è parlato di foraging.

Il foraging

È la tendenza delle cucina e della gastronomia mondiale, che in poco tempo si è affermata nel mondo, anche grazie a René Redzepi e al Noma. In poche parole indica la raccolta di erbe e frutti selvatici spontanei per utilizzarli in cucina. Nessuna novità: fino agli '60 costituiva uno dei metodi di approvvigionamento alimentare più diffuso. Anche a Salina. Ce lo racconta la guida Emanuele Bottari, che ci accompagna lungo il sentiero che porta da Malfa a Lingua, un piccolo borgo caratterizzato dalla spiaggia di ciottoli formata da una colata lavica. D'altra parte a Salina si sopravviveva con la terra, quindi con l'agricoltura e la raccolta: per gli eoliani il mare è pericoloso. “Solo a Lipari c'è una comunità di pescatori ma sono catanesi, quindi di quelli che noi chiamiamo "della terra ferma". E in generale sono pochi gli animali, perché qui mancano cibo e acqua per la maggior parte di loro. “Il verde dell'isola è dovuto solo all'acqua piovana e alle rocce laviche porose che fungono da spugna e raccolgono (o custodiscono per i periodi critici) l'acqua”. Ma veniamo alle erbe che abbiamo incontrato lungo il tragitto, dal finocchietto alla nepitella, dall'asparago selvatico alla pulicara, “usata per tenere lontani gli insetti, ma anche come cerotto naturale, o in casa per pulire gli angoli dalla polvere e, bruciata, per eliminare gli odori dai forni”. E poi c'è il sedano selvatico, “un mistero il fatto che sia stato abbandonato per quello dell'orto. La causa probabilmente è stata lo spopolamento, che ha vissuto un picco dopo il caso fillossera, arrivata con un ritardo di circa dieci, quindici anni rispetto al resto d'Europa, che poi ha creato un disastro. All'epoca gli eoliani erano ricchissimi perché erano gli unici in Europa a fare l'olio e il vino”. Dopodiché in molti si sono trasferiti, soprattutto in Australia “a Melbourne ci sono 25000 eoliani. Pensate che in ogni casa, qui, c'è l'immagine della Sidney Opera House!”.

 

Protagonisti immancabili di questa escursione all'insegna del foraging, i capperi - piante ermafrodite dal fiore bellissimo chiamato orchidea delle isole Eolie - il cui frutto è il cucuncio, che bisogna staccare, altrimenti la pianta non rifiorisce. “Era un lavoro di famiglia, dopo scuola si andava con la nonna a raccogliere i capperi e i cucunci, purtroppo si sta perdendo tutto questo perché difficilmente le famiglie che hanno i cappereti assumono persone per fare questo lavoro”. Eppure è una pianta bellissima, simbolo e vanto di Salina.
 

Lo sgombro a beccafico di Martina Caruso

I primi assaggi

Il territorio siculo (e i capperi) entrano prepotenti negli assaggi della giornata inaugurale di Care’s, tra la cena di benvenuto al Resort Capofaro e il pranzo all’Hotel Ravesi di Malfa. La prima tappa, sulla strada per Care’s, è animata dalla cucina del patron di casa Ludovico De Vivo (Capofaro Malvasia & Resort, Malfa), Giuseppe Biuso (Il Cappero, Lipari), Accursio Craparo (Ristorante Accursio, Modica), Martina Caruso (Hotel Signum, Malfa), Nino Graziano (fino al 2004 alla guida de Il Mulinazzo alle porte di Palermo, oggi a Mosca ha fondato un impero alla guida della catena l'Accademia e patron de La Bottega Siciliana, ed è da poco approdato a Roma, in pieno centro città, con un bistrot d'autore da 40 coperti) Tony Lo Coco (I Pupi, Bagheria), Massimo Mantarro (Principe Cerami, Taormina) e Giovanni Santoro (Shalai, Linguaglossa). Gli assaggi che ci hanno convinto di più sono quelli di Mantarro, la Tipica ghiotta di pesce stocco alla messinese, quello di Craparo, Pane&Cipolla, e il tiramisù fatto anche con i capperi del patron di casa. 
 

Il cous cous dolce di Corrado Assenza

Ma l’orgoglio di questa regione d’Italia, così ricca di storia, brilla nuovamente nel pranzo dell'indomani, con lo Sgombro a beccafico di Martina Caruso, Memoria Visiva (ovvero tonno alalunga, con aglio e prezzemolo che evocano il mare, sale e semi di limone) di Pino Cuttaia e il cous cous dolce di Corrado Assenza dove la presenza di ananas e mela non stona affatto, grazie alla preponderanza delle mandorle, quelle di Noto, e delle scorze d'arancia. È la rivincita del territorio.

 

Care’s | Salina | dal 21 al 24 maggio | www.care-s.it

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a cura di Annalisa Zordan

 

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