Il Pane del Vesuvio si candida all'Unesco. E i panificatori lanciano la Cittadella del pane per la legalità

28 Feb 2018, 14:39 | a cura di

È una tradizione antica quella della panificazione sul territorio vesuviano, dove il celebre palatone cotto in forno a legna, da lievito madre, è anche noto come pane a 8 giorni. Ma valorizzare il mestiere dei panificatori locali è anche una questione di ripristino e tutela della legalità, contro il racket. Ora si insegue il riconoscimento Unesco, mentre presto nascerà la Cittadella del pane, nella villa confiscata alla Camorra. 


Dalla pizza al pane

Prima è stata l'Italia, con il riconoscimento Unesco all'Arte del pizzaiuolo napoletano. Poi, i panificatori francesi, rinfrancati dalla buona riuscita dei colleghi partenopei, hanno deciso di seguire l'esempio, rivendicando anche per sé e per la lavorazione artigianale della baguette un posto nella lista de beni immateriali patrimonio dell'umanità (iter appena agli inizi, vedremo se anche i cugini francesi potranno festeggiare). Ora la palla torna in Italia, e di nuovo sulla Campania si concentrano le speranze di strappare un altro sì alla commissione Unesco. Il terreno di gioco, peraltro, è il medesimo che finora ha tenuto banco nel confronto con la Francia, quello della panificazione; perché a quanto pare non solo i panificatori d'Oltralpe hanno voglia di condividere con i pizzaioli le gioie del riconoscimento, ma pure nel perimetro partenopeo c'è qualcuno che scalpita per conquistare il suo posto al sole. Nello specifico, stavolta, sono i panificatori vesuviani – siamo a una quindicina di chilometri da Napoli - a chiedere l'ammissione in lista di un'arte che affonda le radici al XVI secolo, e trova diffusione nel Settecento grazie ai forni dei conventi locali: a farsene promotori, i Comuni di San Sebastiano al Vesuvio, Massa di Somma e San Giorgio a Cremano, dove il pane, il caratteristico palatone di forma allungata, viene sfornato da secoli con la stessa tecnica – 24 ore di lievitazione nelle madie di legno e poi cottura in forno a legna di castagno, con piano in pietra di Sorrento - e i medesimi ingredienti, solo farina di grano tenero, acqua locale, sale e lievito madre (il segreto, quest'ultimo, della sua conservazione, che gli vale l'appellativo di “pane a ott'”, pane a 8 giorni). Procedimento in parte comune a quello della pizza, sottolineano i richiedenti alimentando le speranze di successo.

 

Il pane del Vesuvio. E la Cittadella

La richiesta, per dir la verità, era stata avanzata già nei mesi scorsi, ben prima di conoscere l'esito della candidatura dell'arte del pizzaiolo; ma ora, proprio dal precedente della pizza trae nuovo vigore la richiesta dei panificatori vesuviani, che già incassa, peraltro, il sostegno dei colleghi pizzaioli, rappresentati da Gino Sorbillo. Le possibilità di farcela, insomma, sembrano tanto più concrete dal momento che pure la lavorazione tradizionale del pane, nel territorio interessato, tramanda caratteri identitari di grande valore storico, culturale e sociale (nel XIX secolo, per esempio, il pane vesuviano diventa il pane dei contadini e dei braccianti, preparato con grano di Volla e apprezzato perché conservava a lungo profumo e sapore). E, non a caso, alla candidatura Unesco si associa un'iniziativa di recupero e valorizzazione del territorio locale destinata a far parlare di sé: proprio a San Sebastiano al Vesuvio, nei prossimi mesi, sorgerà la cosiddetta Cittadella del Pane, in una villa confiscata alla Camorra. Il progetto si inserisce nell'ambito di un'operazione di ripristino della legalità che negli ultimi tempi ha investito nella lotta alla produzione e alla vendita abusiva di pane (a lungo si è speso per la causa uno dei più celebri panificatori dell'area, Domenico Filosa, presidente Unipan e mastro panettiere di Pane e Vesuvio, che qualcuno ricorderà anche tra gli inventori del pane iposodico con acqua di mare, e ora grande sostenitore della candidatura), e permetterà di creare posti di lavoro, alimentando un circuito turistico regionale incentrato sulla lavorazione tradizionale del pane. Del resto il mestiere del panificatore non è semplice, e richiede attitudine a lavorare di notte, lontano dai riflettori: “Ottenere il riconoscimento per l'arte della panificazione significherebbe aiutarci a conservare una tradizione, e soprattutto a creare occupazione”, ha spiegato in conferenza il sindaco di San Sebastiano, Salvatore Sannino. Alla Cittadella, infatti, parte consistente delle attività sarà dedicata alla formazione, per tramandare il mestiere e avvicinare le nuove generazioni alla tradizione. L'iter burocratico per la candidatura, invece, è come sempre lungo e complesso: per ora, a Napoli e nelle zone limitrofe è cominciata la raccolta firme per sostenere i panificatori. Vedremo se anche stavolta tutto si concluderà con una bella festa di piazza.

 

a cura di Livia Montagnoli

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