In Campo! Senza caporale. Dalla Puglia il progetto di Terra! per sostenere la filiera trasparente

5 Lug 2018, 09:00 | a cura di

Dieci mesi di formazione in aula e sul campo con il sostegno delle aziende virtuose di Cerignola, motivate a lavorare in regime di trasparenza in un’area – quella del Capitanato di Foggia – tristemente legata al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori stagionali. Ecco come funzione l’ultimo progetto di Terra! per restituire dignità al lavoro. E all’uomo. 

 

La piaga del caporalato. Come contrastarla?

In Puglia, tra i campi di Cerignola, tutto è pronto per cominciare una nuova stagione di raccolta del pomodoro. Ma gli elementi disfunzionali di una delle filiere agricole simbolo del made in Italy continuano a perpetuarsi senza un deciso intervento da parte dello Stato per regolamentare un sistema che favorisce lo sfruttamento, chiudendo un occhio su condizioni di lavoro inaccettabili – intere giornate sotto il sole, senza tutele e diritti, per paghe miserabili – in nome di una compressione dei costi che permetta di spuntarla sul mercato grazie a prezzi “scandalosamente bassi”, come da anni si impegna a ribadire Fabio Ciconte, direttore di Terra! Onlus. Oggi l’associazione è impegnata in molteplici attività di inclusione sociale nelle campagne italiane, e in Puglia, dove il lavoro dei braccianti stagionali è legato a doppio filo con la piaga del caporalato e dello sfruttamento. E mentre opera sul territorio con azioni di sostegno ai lavoratori migranti confinati nei ghetti tristemente balzati, a più riprese, all’onore delle cronache, si spende per contestare un sistema miope, ribadendo la necessità di garantire una filiera trasparente, dal campo allo scaffale, perché sia il consumatore finale a operare una scelta in piena coscienza, orientando a sua volta le politiche della grande distribuzione e dell’industria.

 

La lettera al Parlamento

Una chiamata alla responsabilità che tocca tutti, e in prima battuta il Parlamento, destinatario della lettera aperta inviata qualche giorno fa per fare ordine in un momento di grande incertezza, a seguito di dichiarazioni istituzionali che destano preoccupazione, circa la volontà dell’attuale Governo di modificare la legge 199/2016 sul caporalato, di fatto un primo passo verso il debellamento della sfruttamento nei campi, con norme più severe per contrastarlo e soluzioni che premiano la rete del lavoro agricolo di qualità. Piccoli passi da perseguire con azioni mirate che favoriscano una piena applicazione della normativa, e invece ora rischiano di restare parole al vento, se come paventato si metterà mano alla legge. Eppure non mancano i rapporti sulla gravità della situazione, evidenziata dal dossier Sfruttati che Oxfam e Terra! hanno reso noto per denunciare le condizioni disumane in cui lavorano i braccianti stagionali nelle campagne italiane (fino a 12 ore al giorno, nel caldo asfissiante delle serre, per una diaria di 15-20 euro prima di tornare a confinarsi nei ghetti senza servizi, dignità e speranza: nel 2015 erano ancora 430mila i lavoratori irregolari impiegati nelle principali filiere agroalimentari del Paese, vittime potenziali di tutto questo, l’80% stranieri). Da qui l’appello ai parlamentari che Oxfam, Terra! e Cgil hanno sottoscritto insieme a 20 associazioni e personalità che operano per contrastare il caporalato e favorire l’inclusione sociale. E pure, come dicevamo, un (nuovo) impegno concreto, che l’associazione guidata da Fabio Ciconte battezza in queste ore al grido di In Campo! Senza caporale.

In Campo! Senza caporale. Formazione e trasparenza per la dignità

È questo il nome dell’ultima delle iniziative di Terra!, che agirà sul territorio pugliese di Cerignola e nelle campagne limitrofe avviando un network di aziende sostenibili che possano accogliere alcuni lavoratori migranti per dare loro una formazione, condizioni di lavoro e vita sostenibili per sviluppare insieme una filiera trasparente e sostenibile, incentivando un modo di produrre virtuoso e legale. Il progetto di dispiegherà attraverso lo stanziamento di borse lavoro retribuite per i lavoratori stranieri inseriti in azienda (alcune realtà biologiche della zona), per frequentare 10 mesi di tirocinio sostenuti, in aula e sul campo, dai docenti di Terra! L’obiettivo? Fornire loro l’emancipazione professionale, con una formazione specifica in ambito agricolo e sostegno legale. I proventi del prodotto etico e trasparente realizzato insieme saranno reinvestiti (con il sostegno del Fondo di Beneficenza Intesa Sanpaolo) per garantire la continuità del rapporto lavorativo al termine del tirocinio. E durante tutto il periodo i lavoratori alloggeranno a Cerignola, in condizioni abitative consone al rispetto dei diritti umani. L’iniziativa cercherà in questo modo di garantire un’alternativa alle dinamiche di produzione che attanagliano le campagne della Capitanata di Foggia, immettendo sul mercato un prodotto agricolo trasformato a marchio unico, che assicuri il rispetto degli standard biologici e illustri l’intera filiera attraverso un’etichetta “narrante”.

Tra le aziende partner, la Cooperativa Sociale Pietra di Scarto, che opera su 3 ettari di terreno confiscati alle mafie e produce olive Bella di Cerignola e pomodori, la Cooperativa Sociale Altereco che dal 2011 gestisce Terra Aut, bene analogamente confiscato ai clan mafiosi, l’azienda Acquamela Bio, che produce olive, cereali, uva Garganega, tutto in regime biologico. E ancora l’azienda Domenico Russo, e l’azienda Roberto Merra, da tempo impegnata a tutelare il lavoro regolare, con l’assunzione di personale stagionale regolarmente assunto. Un impegno concreto per mostrare il lato virtuoso della filiera (c’è, e grida a gran voce, il movimento Funky Tomato è significativo), con l’auspicio che altri seguano l’esempio. E che la legge accordi il suo pieno sostegno alla causa.

 

a cura di Livia Montagnoli

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