L’appello di Care’s. Il cambiamento climatico e l’impatto sulla cultura alimentare

24 Gen 2017, 09:49 | a cura di

Sul palco di Care’s Talk, per il primo giorno di dibattiti della rassegna di cucina etica, salgono relatori che sommano profili diversi, tutti concentrati sul futuro del pianeta in relazione alle urgenze più incombenti: l’effetto serra, lo spreco alimentare, l’impatto delle produzioni agroalimentari. Interrogativi e risposte.


La consapevolezza alimentare per la salvaguardia del pianeta

Una scienziata ambientale, un esperto di economia ambientale, la deputata che ha firmato la nuova legge (all’avanguardia) contro lo spreco di cibo; e ancora un ricercatore e geologo, un professore di medicina ambientale, un produttore biodinamico, un esperto di storia della nutrizione e il vicepresidente di Slow Food. Preziosa – e rara - l’opportunità di trovare tutte insieme riunite su un palco tante professionalità diverse, in qualche modo legate da un imperativo importante come la salvaguardia del pianeta, del benessere individuale e ancor prima di quello sociale e territoriale. Ma sotto i riflettori della Ciasa dla Cultura, per ricordarci che Care’sè un’istanza di rinnovamento che parte dalla cucina, ci sono anche gli chef, Norbert Niederkofler ad aprire le danze, e Daniel Patterson, in arrivo da una California di cui racconta gli aspetti meno patinati, ambasciatore di una rivoluzione sociale che può partire dal cibo. Il dibattito inaugurale di Care’s analizza il rapporto tra alimentazione e salute sollevando l’annosa questione del cambiamento climatico, che più di quanto immaginiamo si relaziona alla produzione e al consumo di cibo: “Nessuno immagina che il clima passa attraverso il piatto, e difficile è far passare il messaggio”, evidenzia Mario Tozzi, chiamato a riflettere sul ruolo della comunicazione nella costruzione di una consapevolezza alimentare diffusa e sostenibile.

Il cambiamento climatico. Cause, effetti, soluzioni

Eppure lo scenario per certi versi apocalittico riassunto da Carlo Carraro, specializzato in economia ambientale, dovrebbe invitare tutti a una riflessione profonda, considerando anche quanto un’accresciuta consapevolezza alimentare potrebbe impattare sulla salute e sull’ambiente: negli ultimi 25 anni la emissioni di CO2 sono aumentate del 61%, con tasso di crescita esponenziale, e l’agricoltura genera il 24% delle emissioni complessive a livello globale (pur risentendo essa stessa del danno ambientale, per esempio con una diminuzione sostanziale della produzione di cereali e conseguente impatto sui prezzi e sulla disponibilità delle risorse alimentari). E se oggi tornare indietro sembra impossibile, scoprire che gli ultimi 40 anni hanno generato danni ambientali e climatici peggiori che in tutta la storia dell’uomo, deve portarci a vivere il cambiamento – del nostro stile di vita in primis – come strada obbligata per porre un freno al disastro. Le soluzioni avanzate dai relatori sono molteplici, compatibilmente con un dibattito che a tratti risulta confuso proprio perché ricco di stimoli ancora da recepire; per Lorenzo Berlendis (Slow Food) la partita si gioca sulla cura della terra, che passa dalla riscoperta del valore del cibo, non più solo merce, ma alleato prezioso dell’uomo. Gli strumenti sono quelli delle ricerca tecnologica e della biodiversità, ma pure dell’educazione alimentare che alimenta una nuova coscienza collettiva.

Lotta allo spreco e cultura locale

E proprio sul contributo del singolo insiste la tesi di Lisa Casali, che sul recupero degli scarti alimentari ha costruito negli ultimi anni un insegnamento coerente che diventa pratica quotidiana, impartendo pillole di economia domestica semplici da applicare. A lei il compito di lanciare la volata al tema dello spreco alimentare – “Possiamo e dobbiamo contenere lo spreco da quando facciamo la spesa al momento in cui consumiamo e conserviamo il cibo” - che attraversa l’intero dibattito, trovando (finalmente) una base legislativa nella normativa presentata sul palco da Maria Chiara Gadda. Il tema però è anche quello dell’impatto ambientale delle produzioni agroalimentari, dalle coltivazioni intensive agli allevamenti: quanta acqua e risorse consumiamo per produrre ciò di cui ci nutriremo? Quanto conosciamo i prodotti che mangiamo? Qual è il ruolo dei piccoli produttori e come è giusto riportarli al centro dell’attenzione (“lo chef dev’essere padrino del produttore” sostiene lo svizzero Dominik Flammer e cedergli parte della sua notorietà”)? Davvero l’unica strada per guadagnare in salute e salvaguardare il pianeta è diventare vegetariani? Tanti interrogativi, molte risposte diverse.

Salute a tavola

Un cappello scientifico ce lo mette Paolo Toniolo, medico ed esperto di nutrizione: ignorare i rischi di una cattiva alimentazione può essere pericoloso, perché “non esiste un cibo sano in senso assoluto, ma molti sono i cibi che ci fanno stare male”. Quali? Quelli che nascondono un eccesso di zuccheri o sale, i prodotti allevati male e, paradossalmente, anche i cereali dei giorni nostri, che a causa dell’elevata percentuale di anidride carbonica presente nell’aria, si sono impoveriti: cresce la quota di carboidrati, soccombono nutrienti essenziali, ferro, zinco, proteine. E così il cerchio si chiude.

La rivoluzione sociale del fast food

Discorso a parte merita l’intervento di Daniel Patterson, che sul palco prova a portare la sua esperienza da chef nei quartieri più poveri di Los Angeles. Poche parole, efficaci, per raccontare la difficoltà di servire cibo in comunità che vivono dimenticate dal mondo, senza servizi essenziali, spazi verdi, denaro sufficiente per vivere. Chiaro che il concetto di consapevolezza alimentare assuma tutt’altro contorno, e Locol, il fast food ideato con Roy Choi cerca di rispondere a questa emergenza sociale, intercettando i desideri della comunità, e garantendo loro cibo buono, che però è anche sano. Del resto Care’s raduna chef “che hanno qualcosa da dire, e del cambiamento vogliono farsi promotori”, ribadisce Niederkofler.

Cena in vetta. Storie da condividere

Molti di loro, in serata, si ritrovano uno affianco all’altro per cucinare in vetta, ospiti del rifugio Piz Boe Alpine Lounge. E tra una Crema di zucca con siero di queso cotija e miele d’acacia(del messicano Jorge Vallejo) e una Lingua d’agnello con cavolfiore e sake(del basco Josean Alija), o la Zuppa di ostriche, alghe e castagnedi Isaac McHale, anche il secondo giorno di Care’s si chiude a tavola, dimostrando che riflessione e intrattenimento possono convivere. E che lavorare per un obiettivo comune annulla le distanze geografiche e culturali.

 

Care’s | Alta Badia | dal 22 al 25 gennaio | www.care-s.it

Per leggere Care’s 2017. Verso la prima giornata: la promozione del territorio secondo Norbert Niederkofler

 

A cura di Livia Montagnoli

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