L'istituto Nomisma spiega all'Italia cos'è la gastro-diplomazia. Il soft power di cibo e cucina

7 Dic 2016, 11:25 | a cura di

La cultura enogastronomica italiana racchiude molti dei valori identitari che possono rappresentarci nel mondo. E proprio attraverso cibo e cucina il Paese può proiettarsi sulla scena internazionale da protagonista. La strada però è ancora lunga, e l'indagine comparata del Nomisma lo evidenzia. 


La gastro-diplomazia. Il convegno

Cibo, cucina e cultura enogastronomica come strumenti di politica estera e di diplomazia economica. L'argomento è più che mai all'ordine del giorno e l'Italia istituzionale sembra finalmente averlo compreso, come dimostra la parentesi della prima Settimana della cucina italiana nel mondoche si è appena conclusa, e ancor prima la volontà reiterata di fare sistema per promuovere l'eccellenza made in Italy nel mondo ed ergersi a modello di riferimento internazionale, dal Food act alla costituzione degli Ambasciatori del gusto. Tanto che pure la Società di Studi Economici del Nomisma ha deciso di tirare le somme con il contributo del Ministero degli Affari Esteri in occasione del convegno “Soft Power, Made in Italy e Italian Lifestyle nel mondo – Quale ruolo per la gastronomia?”, che ha tenuto banco a Bologna qualche ora fa. Dove l'espressione soft power sta a indicare l'entità dello strumento “gastronomia”, in grado di rappresentare l'identità nazionale facendo leva su valori condivisi e diventare così mezzo potente per promuovere l'export di beni e servizi, non sempre direttamente legati alla tavola e al cibo. E di questo si è discusso nel corso dei lavori in programma per il 6 dicembre nella Sala Incontri Nomisma in Strada Maggiore.

 

Protagonisti e attori del sistema. In Italia e all'estero

A cominciare dal dibattito sulla gastro-diplomazia italiana, con il pizzaiolo campano Franco Pepe, Tiziana Primori (amministratore del nascente Fico Eataly World), il giornalista Gabriele Zanatta, Barbara Slavich dell'IESEG di Parigi, Roberto Vellano di Maeci. E a seguire i casi di scuola all'estero, con la partecipazione di diplomatici da Perù e Giappone ed esperti del settore che con la gastro-diplomazia come strumento di promozione hanno a che fare ogni giorno. Nel pomeriggio, invece, l'attenzione si è concentrata sui valori della gastronomia nazionale, sui suoi punti di forza e sul rapporto vitale tra bagaglio tradizionale e spinta innovativa, con Mauro Rosati di Qualivita, il presidente di CasArtusi Giordano Conti, il Ceo della Gualtiero Marchesi Enrico Dandolo, Adriano Aeredi Gruppo Imperial. L'obiettivo comune, che emerge chiaro al termine della giornata, è univoco: promuovere attraverso la cucina l'immagine del nostro Paese, quindi non solo sfruttare le potenzialità economiche del settore, ma anche impegnarsi per valorizzare quel patrimonio immateriale di tradizioni e sapienza artigianale che può sollecitare l'opinione pubblica estera a riconsiderare il ruolo dell'Italia nel mondo.

 

La cucina italiana nel mondo. L'indagine Nomisma

Certo, la strada da percorrere è ancora lunga, e l'indagine di Nomisma, che ha preso in considerazione il sistema dell'alta ristorazione nel mondo, comparando l'andamento di diverse realtà nazionali (dal Perù alla Corea, dalla Francia al Giappone, dalla Spagna alla Thailandia, all'Italia), lo evidenzia in più punti. Per numero di tristellati, per esempio, l'Italia detiene il quarto posto (dopo Francia, Giappone, USA), ma quando si tratta di considerare i tristellati italiani all'estero il computo scende drasticamente a 2, contro i 19 della Francia, che in materia di gastro-diplomazia ci sa fare. Tanto che nel panorama internazionale l'allure della cucina francese continua a non avere rivali. Anche se, nella cosiddetta Anglosfera i ristoranti italiani sanno farsi valere più di chiunque altro, non solo in termini di cucina, ma anche per stile e servizio. Diverso, e meno incoraggiante, il quadro relativo alla cantina: nei ristoranti dei Paesi che non producono grandi vini si beve soprattutto francese (dieci volte il numero di bianchi rispetto ai vini italiani, cinque volte per i rossi), con le bollicine francesi che valgono cinque volte di più di quelle Made in Italy. Intanto il resto del mondo si muove per diventare più competitivo sul versante della gastro-diplomazia, ma è l'iniziativa recentemente promossa dalla Commissione Europea – Enjoy, it's from Europe – a far ben sperare: dopo i 111 milioni di euro ricevuti nel 2016 per la promozione dei sistemi gastronomici dei Paesi Ue, si arriverà entro il 2019 a toccare la soglia dei 200 milioni.

Storie di diplomazia culinaria dalle corti francesi ai giorni nostri.

 

a cura di Livia Montagnoli

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