L'Italia riscopre le erbe spontanee: un esercito di raccoglitori in prati e campi. Ma attenzione a come riconoscerle

3 Giu 2015, 16:28 | a cura di
Una consuetudine antica che fornisce alla tradizione regionale gli ingredienti più prelibati per le ricette popolari. E un fenomeno che sembra destare nuovo interesse, se sono più di 100mila i raccoglitori di erbe spontanee che setacciano il territorio. Ecco come riconoscerle.

L'esercito dei raccoglitori di erbe spontanee

Coltellino da tasca alla mano, vestiti comodi, schiena curva e occhio ben allenato...il profilo che si delinea è una delle immagini più care di una memoria collettiva legata alla cultura della terra: spedizioni organizzate alla ricerca di asparagi selvatici, passeggiate nei boschi, raccolte estemporanee di cicoria sul ciglio della strada, appena fuori dalle grandi città. Scene da un mondo dimenticato, entrate di diritto nell'immaginario folcloristico del vivere contadino all'italiana.
Ma è proprio così che stanno le cose? No, almeno secondo le stime della CIA, Confederazione Italiana Agricoltori, che svela un ritorno nei prati, nelle campagne, nei boschi per raccogliere i frutti spontanei offerti dalla terra; si stima anzi un vero e proprio “esercito” di almeno 100mila persone dedito alla ricerca di erbe spontanee commestibili in tutto il territorio nazionale, un dato positivo se letto in funzione della tutela della biodiversità e contro l'impoverimento delle varietà vegetali e ortofrutticole che arrivano sulle nostre tavole.

Uscite nei campi e laboratori di cucina. Come riconoscerle e utilizzarle

Stellaria, borraggine, lingua di cane, malva, bubbolina e ortica sono nomi salutati con un certo distacco dalle nuove generazioni, eppure da sempre ingredienti prelibati di un patrimonio di ricette regionali che proprio sulla disponibilità delle risorse naturali hanno fatto affidamento quando le possibilità di un'economia di sussistenza non garantivano molto altro. Un vero patrimonio vegetale spontaneo di cui il nostro territorio è ricco e che oggi molti agriturismi, aziende agricole ed erboristi stanno riscoprendo, incentivando un nuovo turismo rurale.
Si moltiplicano i corsi di approfondimento sulla conoscenza delle piante selvatiche, i tour guidati nei campi, i laboratori di cucina per apprendere l'utilizzo delle erbe di campo ai fornelli. La controindicazione più seria, come sempre, è legata infatti alla scarsa conoscenza del mondo vegetale, che può provocare intossicazioni importanti quanto quelle dovute all'ingerimento di funghi non commestibili: sono molte le erbe non edibili, quelle da consumare con parsimonia o vincolate da una legislazione di tutela che ne impedisce la raccolta. E una corretta informazione gioca un ruolo fondamentale, riaccendendo al contempo i riflettori sulla valorizzazione delle specie a rischio estinzione: in Italia nell'ultimo secolo sono scomparse oltre il 20% delle specie animali e vegetali e il fenomeno non accenna a fermarsi, nonostante gli sforzi per il recupero di coltivazioni di piante e frutti rari.

Consigli per l'uso in difesa della biodiversità

Intanto ecco qualche consiglio per la raccolta faidate in sicurezza: evitate le foglie che producono lattice (contiene sostanze caustiche), separate le erbe da cucinare da quelle da mangiare in insalata, lavatele sempre accuratamente prima di consumarle, utilizzate il fiore come segno distintivo per riconoscere la specie, non eccedete nel consumo. Le più semplici da individuare? Tarassaco, ortica, piantaggine, stellaria, finocchietto selvatico, borragine e malva. Ma prima meglio documentarsi sul corretto uso in cucina.

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