La carica dei giovani chef. A Roma nuovi progetti ambiziosi: Olmo e Moi

12 Ott 2018, 13:57 | a cura di

L'ultimo anno della Capitale ha visto debuttare sulla scena gastronomica che conta diversi giovani progetti da seguire, da Zia ad Acciuga, al San Giorgio. Ma non finisce qui: arrivano Olmo e Moi. Talento under 30, esperienze solide e idee chiare. 


 

Giovani di talento

Una fiorente compagine di giovani chef che puntano tutto su un concetto di ristorazione classica, impegnati (anche economicamente) in prima persona per far sì che le proprie ambizioni, gastronomiche e imprenditoriali, si concretizzino. In una città come Roma che può essere molto difficile da espugnare. Eppure la tendenza che già si manifestava nei mesi scorsi – quando abbiamo a più riprese salutato con interesse l'avvio di esperienze come quella di Federico Del Monte (Acciuga), Antonio Ziantoni (Zia), Andrea Viola (che all'inizio di settembre ha ripreso le redini del San Giorgio, da Maccarese al Flaminio per far crescere con la benedizione della città un progetto interrotto troppo presto) – è matura per collezionare nuovi protagonisti. A pochi metri dalle incredibili invenzioni urbanistiche del quartiere Coppedè, all'inizio di novembre inizierà l'avventura di Olmo, radici forti e rami che puntano in alto.

 

Olmo a Coppedè

Non è casuale il nome scelto per sancire l'incontro di una squadra di giovanissimi protagonisti con esperienza da vendere, che per la prima volta si ritrovano insieme motivati (ed emozionati) a fare bene: a guidarli c'è Mario Di Vito, che a 34 anni è il più “vecchio” del gruppo, per il resto ampiamente sotto la quota dei 30. Lo chef di Cassino - cresciuto nel ristorante di famiglia e poi variamente impegnato con la consulenza al Borghetto di Roma, la partecipazione a eventi importanti come Festa a Vico, l'apertura di Petra Gourmet a Sant'Elia Fiumerapido – si definisce un autodidatta. Eppure nell'ultimo anno è stato capace di farsi notare con il suo ultimo progetto, Juerì, nato e cresciuto proprio a Cassino. La scelta di trasferire l'attività a Roma è arrivata per il desiderio di crescere ancora, avallata dall'individuazione di uno spazio unico nel suo genere, nascosto nella quiete di un elegante cortile del quartiere Coppedè, in via Garigliano 19. Grandi metrature, soffitti importanti e dinamica degli ambienti denunciano la precedente vocazione del locale, ex ebanisteria con corte esterna di pertinenza, che nelle prossime settimane si trasformerà in un ristorante di impostazione classica, alla luce però della freschezza di chi lo anima. Al fianco di Mario c'è Aurora Storari, classe 1992, dall'Alma a esperienze internazionali prima di approdare a Milano come talentuosa pastry chef di Trussardi alla Scala e Ratanà. Da Olmo, avventura sposata dopo un breve passaggio da Retrobottega che nei mesi scorsi l'ha riportata nella sua città, sarà sous chef. Ma la brigata potrà contare anche sulla pastry chef Federica Valleriani (classe 1990, ex Cafè les Paillotes e Red Fish di Ostia), Riccardo Bernabei, Rocco Bonaventura, Andrea Santaniello, tutti con esperienze italiane e internazionali di livello alle spalle – dal Capofaro Malvasia Resort di Salina al San Domenico di Imola, passando per il Boscolo Exedra di Milano o il Waldorf Astoria di Amsterdam – nonostante la giovane età. 50 coperti in sala, più una saletta conviviale con tavolo da 12 posti, tovagliato in lino o legno a vista, ferro, legno, sedie in stile Chester e cascate luminose per scaldare lo spazio, animato pure da piante (all'esterno, nel giardino ricreato ad hoc anche due olmi che incorniciano l'ingresso) e opere d'arte.

La cucina di Olmo

Dietro una grande vetrata c'è la cucina, disegnata su misura: “Vogliamo proporre una ristorazione fatta bene, cominciando dall'impegnarci a cucinare al meglio. Sarà una proposta di larghe vedute, con solide radici italiane, semplice e ben eseguita” spiega Mario “Sì alla tecnologia, ma senza usarla come paravento”. Gli fa eco Aurora, che insieme a lui ha studiato il menu: “Abbiamo voluto il green egg, il roner, le basse temperature per il forno, ma siamo un po' puristi, il cuoco deve saper cucinare, specie quando tratta una materia prima eccellente. La differenza la fa la sensibilità del cuoco: il servizio è più complicato, ma il risultato è migliore”. Stesso discorso in merito alla riconoscibilità dei piatti: “Roma ha bisogno di essere confortata, i romani hanno bisogno di punti di riferimento, quindi per esempio avremo una chitarrina con la coda. Ma anche piatti più estremi, seppur comprensibili e sempre affrontati con freschezza”. E si lavora su tutto, dal quinto quarto alla cacciagione, dai piatti vegetali alla pasta secca e fresca. Tra i fornitori Roberto Liberati, Pastificio dei Campi, Riserva San Massimo (per panna e burro), Gentile, Orme.

Foto di Alberto Blasetti

Menu e prezzi

Due i menu degustazione: 5 portate a scelta a 60 euro, percorso a mano libera da 9 portate a 100 euro. Più un menu pranzo da 2 portate a 30 euro. Dalla prima carta, baccalà con granita al finocchietto e gel di aceto (20 euro), lingua con rafano e salsa bbq (20, trattata come un pastrami e affumicata al green egg), cappelletti ripieni di funghi e castagne in brodo di parmigiano e tartufo (28), riso Carnaroli con erborinato, battuto di cervo e jus al Porto (28), maiale con ceci fermentati e cavoli (30), piccione, carote e indivia belga (38). E dalla pasticceria dessert che giocano con il vegetale, le spezie e le strutture, non stucchevoli, ma comunque golosi, come mela verde, sedano, yogurt e uva o nocciola, crema di whisky e caffè servito in cloche e affumicato al tavolo (tutti a 15 euro). Carta dei vini in fieri, ma già importante, con 200 bianchi, 100 rossi, una ventina di Champagne, e referenze anche dalla Francia e dall'Austria. Dietro c'è l'investimento importante di 3 soci (oltre a Mario) nuovi del settore, ma grandi appassionati di ristorazione.

Foto di Massimo Scognamiglio

Moi a Corso Francia

In dimensioni molto più contenute, ma con la stessa ambizione, in zona Corso Francia (Fleming) ha inaugurato da un paio di settimane Moi, progetto di ristorazione di una giovane coppia sul lavoro e nella vita, Thomas Moi e Michela Ulpiani. Lui, 28 anni, è uno chef d'esperienza: “Dopo gli inizi con Antonio Chiappini, che è stato il mio primo maestro e con lui mi sono innamorato della cucina, sono passato all'Osteria dell'Orologio con Marco Claroni, prima di arrivare a Londra per Heinz Beck, all'Apsleys. Lì ho capito cosa significhi lavorare in una grande brigata, per il servizio del pranzo e della cena in un grande hotel”. A Roma, invece, per il suo primo locale di proprietà, punta a realizzare il sogno di proporre “una cucina felice, che mi diverta e faccia stare bene i clienti”. Dunque si parte dal prodotto, con una attenzione alla stagionalità che è quasi maniacale, “per questo parliamo di cucina dinamica, abbiamo aperto da un paio di settimane e già ci prepariamo al cambio di menu, senza contare i piatti fuori carta che inseriamo secondo disponibilità del mercato”. La carta è agile (4+4+4) e parte dalla collaborazione con fornitori selezionati, come l'azienda agricola Poggi di Ciciliano.

Foto di Massimo Scognamiglio

Menu e prezzi

Si lavora su basi solide e proposte rassicuranti, come i tortelli al parmigiano 18 mesi con zucca butternut e radicchio al vino rosso, le pappardelle con sugo di totani e puttanesca, la tartare di fassona con giardiniera di verdure e gelato alla salsa verde, “ma anche un classico spaghettone ajo, ojo e peperoncino ben fatto, non vogliamo essere pretenziosi, anche se abbiamo voglia di divertirci”. Il consiglio dello chef, quindi, è quello di affidarsi al menu degustazione, 45 euro per 7 portate, “un prezzo sicuramente molto accessibile, perché vogliamo farci conoscere” (alla carta, invece, la spesa media si aggira sui 45 euro). Carta dei vini ugualmente ristretta, ma molto attenta a proporre etichette non convenzionali, con il supporto di Les Caves de Pyrene. In sala, invece, c'è Alessandro Grillo (ex Osteria dell'Orologio), che insieme a Michela conduce un servizio attento e fresco, come del resto vuole essere l'ambiente, solo 26 coperti (con tavoli progettati da Thomas), volumi puri, legno, ferro e laterizio, su progettazione dello studio Ocra. Per ora aperto solo a cena.

 

La chiusura di Cambiamenti, la pizza di Fornace Stella

Segnaliamo a margine, tra i movimenti di giovani chef, il percorso all'inverso che ha portato alla chiusura di Cambiamenti, piccolo locale in zona Appio-Tuscolano ugualmente fondato sulla valorizzazione di materie prime selezionate e lavorazioni artigianali. Dopo la recente chiusura, Federico Silvi e Federico Cucchiarelli sono entrati nella squadra del MoMa. E sul versante pizzerie, la novità si concretizzerà tra una ventina di giorni in piazza Lecce, con Fornace Stella: spazio suggestivo (a firma Dario Laurenzi Consulting), giovani imprenditori e altrettanto giovane staff, con la consulenza di Giancarlo Casa della Gatta Mangiona. Una garanzia.

 

Olmo - Roma  - via Garigliano. 19 - pranzo e cena - dalla prima settimana di novembre 2018 - www.facebook.com/olmoristoranteroma/

Moi - Roma - via Antonio Serra, 15 - solo la sera, chiuso la domenica - 0687600399 - ristorantemoi.com

 

a cura di Livia Montagnoli

foto di apertura di Alberto Blasetti

 

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