La chiusura di Pastella e la movida notturna. Come cambia il quartiere Montesacro di Roma

31 Mag 2019, 17:15 | a cura di
Pastella, la prima friggitoria di qualità di Roma, chiude la sua prima sede nel quartiere di Montesacro. Una città che cambia in peggio fa fuggire gli imprenditori più in gamba

Montesacro Roma. Il countdown è terminato, e il 2 giugno Pastella ha chiuso. La sede di Montesacro. la prima di una lunga serie di friggitorie di qualità, in città e fuori, con qualche incursione perfino all’estero. Perché mollare proprio la prima sede ovvero quella con cui, presumibilmente, si hanno più legami affettivi? “Innanzitutto il progetto imprenditoriale di Pastella è evoluto, oggi inseguiamo una traiettoria europea, internazionale” dice Martino Bellincampi, e aggiunge “E poi perché il quartiere è cambiato”. E dire che lui questo angolo di Roma lo conosce bene: “praticamente ci sono nato” e non solo come imprenditore. Ma oggi non lo riconosce più. In pochi anni, si è affollato di locali e localini di vario genere, che nella maggioranza dei casi declinano la formula dell'offerta basso prezzo/bassa qualità. Eppure l'area oggi è molto più animata di quando ha cominciato lui, quasi 5 anni fa – “era un quartiere ancora vergine,” dice “non c'era nulla”. Poi è esploso: “è stata una bella esperienza” racconta “con una dinamica di quartiere”. Soprattutto agli esordi. Oggi è diverso, e in molti arrivano qui per passare la serata.

Montesacro, Roma. Come è cambiato il quartiere

“È vero, ora c'è molta più gente”, ma è una movida poco attenta alla qualità e molto al prezzo (basso) e anche alle facili evasioni, come in altri quartieri caldi e privi dei necessari controlli delle notti romane. E l'atmosfera è diversa. “Lo dico con rammarico, perché sono nato e cresciuto qui, ma onestamente il quartiere è cambiato, Pastella non è attrezzata per parlare a questo pubblico” insiste. Partite a pallone alle due di notte, macchine in mezzo alla strada, schiamazzi, nel fine settimana posti di blocco e carabinieri che fermano di continuo chiunque. Insomma: più che una crescita, il quartiere vive una sorta di invasione e di regressione, complice il richiamo delle molte attività di somministrazione che sono arrivate qui proprio a seguito del successo di Pastella e dei primi pionieri: “molti posti dedicati al bere, com'è normale qualcuno fa un bel lavoro (come Dondolo, Comò, il Twenty e altri), altri non hanno troppa cura della qualità”. E soprattutto questi attirano il popolo della notte, quello più giovane e un po' casinaro con buona pace dei residenti, “300 persone in strada, di notte, possono dare fastidio a chi dorme, è inevitabile e questo non è un problema in sé perché un luogo abitato è meglio di un luogo disabitato, solo che va gestito!” il problema è che mancano luoghi e motivi di aggregazione. La piazza del mercato quando non ci sono i banchi è vuota, nessun arredo urbano, albero o panchina, né alcun contenuto. “La precedente giunta municipale l’ha interamente rifatta, lasciandola totalmente disadorna. Questo è il modo in cui si dequalificano le periferie” dice. Lui che in questa periferia ci ha creduto e scommesso in tempi non sospetti.

Questioni anagrafiche

Non sarà perché ora siete più grandi e non vi ritrovate più in una realtà tipicamente giovanile? “Non credo: al Pigneto, dove ci sono molti giovani e una vita notturna animata e dove siamo arrivati con una sede di Pastella un anno fa senza conoscerne il tessuto e le dinamiche, le cose vanno diversamente”. Un esempio, in termini meramente economici? “Pensiamo al vino: lì lavoriamo molti vini francesi, bottiglie sopra i 50 euro, a Montesacro oggi è impensabile, non si va mai sopra i 25”. Ma in fondo siete una friggitoria e al Pigneto, invece, c'è anche la cucina: “è vero, il progetto si è evoluto, quello è il laboratorio in cui sperimentiamo e da cui escono le idee che poi portiamo in giro: eventi, ricette come il club sandwich alla cacciatora o altro. È molto legato a me e a Francesco (Romanazzi, ndr), è e rimarrà un unicum. Ma non è solo questo, perché a Montesacro fino a qualche anno fa era diverso” continua “si lavorava tanto Champagne alla mescita. Oggi non è più così: quindi può essere che stiamo invecchiando, ma non è solo una questione d'età” conclude “è il pubblico che è cambiato”. E con il pubblico è cambiata anche l'aria che si respira. Ma come ci siamo arrivati?

foto di folla in strada di nootte. foto di Romatoday

Foto Romatoday

Come cambiano i quartieri

Le dinamiche legate all'evoluzione dei quartieri da diurni in serali dovrebbero essere note. E prevedere delle strategie di sviluppo e di servizi che possano accompagnare i cambiamenti dovrebbe essere una procedura assodata (seppur soggetta a mille variabili), non un'emergenza. Per esempio con parcheggi “e navette che colleghino i luoghi dello svago con la vicina stazione della metropolitana”, fondamentali per decongestionare l'area dal micidiale traffico automobilistico dei nottambuli. “È mancata una regia, un lavoro di programmazione, di assistenza e coordinamento dei locali” riflette Bellincampi. “Musica da Gradino è stato un memorabile esempio di aggregazione notturna positiva, che ha creato inclusione e modello di sviluppo sano”. E insiste “Siamo all’assurdo: i locali si sono dovuti consorziare privatamente per offrire al quartiere la manutenzione delle strade a proprie spese, che altrimenti nessuno garantirebbe. Si doveva garantire in primis la corretta e armoniosa comunicazione tra le parti: residenti (che in molti appoggiano un modello sano di sviluppo commerciale del quartiere), gli agguerriti comitati di quartiere e gli avventori.”

Un quartiere inclusivo

Gli abitanti spesso si sentono ostaggio di chi arriva in tarda serata e non vivono più il loro quartiere “Credo che sia necessaria una programmazione per creare un tessuto culturale e sociale che porti una crescita condivisa” riflette Bellincampi “stringere patti per far convivere realtà diverse portando un pubblico più vario. Quando una parte di città si chiude, finisce per morire” Montesacro meno di 10 anni fa è rinato con i locali di Viale Gottardo, basti pensare quei quartieri residenziali in cui dopo le 9 di sera non gira più nessuno. Quella rinascita andava governata. E aggiunge: “credo nel melting pot, nell'inclusione. Da questo punto di vista il Mercato Centrale (in cui Pastella è presente, sia a Roma che a Torino, ndr) è una bellissima formula perché entra chiunque e chiunque trova il suo spazio e viene accolto allo stesso modo” argomenta “penso si debba partire da qui. Oggi se hai 40 anni e due figli, uscire la sera a Montesacro è complicato, fino a poco tempo era più aperto”, magari c'era meno, ma accessibile a tutti, di qualsiasi età e attitudine.

Mischiare target e culture fa parte di una visione sociale che la politica dovrebbe promuovere e preservare. È una questione culturale dunque? “Sì, anche, un lavoro culturale diverso avrebbe portato altri risultati”. Nel Terzo Municipio c'è un assessore alla cultura piuttosto operativo. “è vero: Christian Raimo sta facendo molto, ma” aggiunge “il municipio non ha molte risorse, è un ente amministrativo ancora monco non ha un bilancio autonomo né il potere di legiferare su una serie di cose” e allora cosa può fare? Glielo abbiamo chiesto.

La parola a Christian Raimo

Il Terzo Municipio è enorme, più di 97 km quadrati, anche oltre il Raccordo Anulare, e oltre 200mila abitanti, “Grande come una città” per citare il nome del progetto dell'assessore Raimo che, insediatosi da poco più di otto mesi, è mente e braccio operativo del quartiere: riunisce, collega, sostiene. A lui si devono molte iniziative che hanno animato quest'ara creando un movimento che conta circa 30 gruppi di lavoro, 600 persone, 120 iniziative pubbliche – molte di grande livello culturale - e ancor più incontri di lavoro. Gli abitanti rispondono e partecipano. “Per me questo è un modello impegnativo, che dà risultati di attivazione della cittadinanza, in un contesto in cui per i cittadini c'è molto poco: due soli cinema, un teatro, pochi spazi destinati alla vita culturale e sociale”. Questo può arginare i fenomeni legati alla vita notturna? “Il modo per evitare il consumismo alcolico a basso costo è rendere alla città spazi vivi dove fare cultura, altrimenti l'unica possibilità di svago è sbandarsi. Devo pensare di essere un'alternativa, ed essere concorrenziale con gli shottini”. Anche a viale Gottardo? “Dobbiamo cercare di portare iniziative culturali a quel punto può cambiare l'utenza coinvolgendo trasversalmente tutti, con un'offerta gastronomica e culturale accessibile a tutti”. Cosa si intende con accessibile a tutti? “Bisogna coinvolgere le persone anche con cibo e alcol in un contesto fruibile, senza zone protette cui si può accedere solo ad alto costo”. Ma questo contesto di alcol a basso prezzo non è proprio quello che alimenta il degrado notturno?  Non sono le attività di maggiore qualità (e dunque prezzo) che possono contrastare l'imperversare di certi fenomeni? Insomma, come si può circoscrivere la movida?  “La movida è una specie di fantasma…”

a cura di Antonella De Santis

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