La rinascita del Pastificio Rummo. Il decreto del tribunale che salva la pasta del Sannio

10 Apr 2017, 10:00 | a cura di

Dopo l’alluvione che nell’autunno 2015 colpì il Sannio e Benevento per l’esondazione del fiume Calore, l’azienda ultracentenaria guidata da Cosimo Rummo ha dovuto rimboccarsi le maniche. Grande la mobilitazione della rete, ingente l’impegno del pastificio, che ora si ritrova a combattere con 97 milioni di debiti. Ma l’aiuto di banche e tribunale potrebbe scongiurare il fallimento. 


Dall’alluvione alla solidarietà social

Che il Pastificio Rummo ce l’avrebbe fatta a qualcuno era stato chiaro già pochi giorni dopo il devastante alluvione che nell’ottobre 2015 colpiva il territorio di Benevento e la sua provincia. Allora la mobilitazione della rete di fronte alle immagini del fango che aveva sommerso ogni cosa, danneggiando macchinari e stock di pasta irrimediabilmente persi, aveva sorpreso tutti: al grido di #saveRummo, la campagna per sostenere la sopravvivenza di un’azienda che allora dava lavoro a 400 dipendenti e per l’esondazione del fiume Calore rischiava di chiudere dopo tanti anni di attività (la fondazione dello storico stabilimento risale al 1846) fu travolgente. Merito pure di una proprietà, quella di Cosimo Rummo e famiglia, che a mollare il colpo non ci ha pensato neanche per un secondo, e invece ha preferito rimboccarsi le maniche. E così l’ironico slogan “l’acqua non ci ha mai rammollito” che giocava con la tenuta in cottura della pasta si era fatto sponsor di un coinvolgimento virale, dai social ai supermercati d’Italia, tutti invitati a comprare pacchi di pasta Rummo per scongiurare il fallimento.

 

L’aiuto del tribunale per scongiurare i debiti

Ora, a un anno e mezzo di distanza dall’arrivo improvviso di quel fronte di fango alto quattro metri (che ha messo in ginocchio pure tante altre aziende e cantine del Sannio) la storia verso la rinascita del pastificio campano fa segnare un’altra conquista. La voglia di resistere, infatti, negli ultimi mesi non è stata sufficiente per evitare di accumulare debiti ingenti, che avrebbero rapidamente portato al fallimento. Ma proprio pochi giorni fa il tribunale di Benevento ha legittimato un decreto che favorirà il piano di rilancio, consentendo alla Rummo di dilazionare il pagamento nell’arco di dieci anni grazie a un concordato preventivo in continuità deliberato dall’azienda lo scorso luglio. E questo perché, riconosce il tribunale, la crisi fu determinata dall’alluvione. Basti pensare che solo per liberare lo stabilimento di Ponte Valentino dai detriti, all’epoca, furono investiti due milioni di euro. Se è vero che oggi la produzione è ripresa con regolarità - negli otto mesi di stop obbligati era stata temporaneamente esternalizzata a Matera, Eboli e San Sepolcro, non perdendo tuttavia appeal sul mercato: solo per il 2016 si parla di un export pari al 40% del totale - infatti, l’azienda necessita di un piano di ristrutturazione per superare definitivamente questa parentesi che l’ha portata ad accumulare 97 milioni di euro di debiti, che solo con il sostegno delle banche sarà possibile ridimensionare nell’ambito di una strategia spalmata sul bilancio dei prossimi anni.

 

La rinascita possibile. Verso l’incremento di fatturato

Con l’idea di tornare a incrementare il fatturato, portandolo dai 66 milioni attuali a 80 entro il 2020. Uno degli ultimi bilanci tracciati dal presidente racconta di un trend positivo, con ricavi in crescita e reintegro di quasi tutto il personale, anche se la capacità produttiva per ora è ferma al 70% (ma intanto si lavora per dare impulso alle nuove tecnologie e sviluppare il comparto gluten free). Per tirare un sospiro di sollievo, in realtà, Rummo dovrà attendere la prossima estate, quando sarà chiaro se l’assemblea dei creditori accetterà il piano di rilancio proposto, e se le banche riconosceranno al progetto quella fattibilità economica riscontrata dal giudice in sede di valutazione preventiva. Anche se gli sforzi profusi dall’azienda sin qui sono già diventati un caso di scuola da studiare, proprio per gli sforzi profusi per risollevarsi (analogamente, per esempio, alla vicenda del torronificio Scaldaferro, coinvolto a sua volta nell’alluvione del litorale veneto di qualche anno fa). Intanto il Pastificio Rummo prosegue dritto per la sua strada, e chissà se prima di due anni fa avrebbe mai immaginato che l’elogio della lentezza riferito agli standard produttivi garantiti dalla lenta lavorazione sarebbe diventato un mantra in cui credere ogni giorno. Lentamente, e con tenacia, tutto tornerà alla normalità. Se lo augurano tutti.

 

a cura di Livia Montagnoli

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