Luciano, Marzapane, Epiro. A Roma vince la ristorazione informale?

23 Gen 2019, 12:00 | a cura di
Tre esperienze diverse, tre modi per svincolarsi dagli orpelli (e i costi) dell'alta ristorazione senza cedere sulla qualità. A Roma tre giovani realtà di rango rompono gli schemi per recuperare una dimensione più divertente.

In comune hanno la giovane età, il talento, l'abbandono dell'alta ristorazione - con le sue regole, i paletti, gli orpelli e i costi - per una formula più semplice in cucina e in sala. E poi il panorama di fondo: Roma.

Parliamo di Marzapane, Luciano ed Epiro. Tre esperienze diverse ma che parrebbero individuare un fenomeno capitolino o forse italiano: l'abbandono del gourmet in favore di una ristorazione semplice – da ristorante classico o da bistrot, secondo i casi - pur se interpretata in modi differenti. Una scelta dettata da motivi diversi: “La deriva che aveva preso Marzapane non mi piaceva più” dice il patron Mario Sansone. “Quella filosofia – chiamiamola filostellata - trascurava cardini come la stagionalità, il prodotto. Le ricette dovevano essere sempre quelle, a prescindere dal mercato. Era tutto molto complicato. Dopo l'estate ho comunicato che volevo ritornare al primo Marzapane, quando avevamo anche la lavagnetta con i piatti del giorno”.

Marzapane

Dal team è uscita Alba Esteve Ruiz, chef che ne ha accompagnato la crescita e le evoluzioni sin dall'apertura con l'obiettivo – nemmeno troppo celato – della Stella Michelin, accarezzata e mai conquistata. “Alla fine era un'ossessione” ammette Mario. Sarebbe stato diverso se fosse arrivata, magari per possibili agevolazioni da parte dei fornitori? “Chi la Stella l'ha presa mi dice che cambia molto le cose, ma non posso saperlo dato che non l'abbiamo mai avuta”. Ma anche dopo aver raggiunto tanti traguardi (88 centesimi e Due Forchette per il Gambero Rosso e una Stella Michelin) c'è chi ha fatto dietro front: Luciano Monosilio – 8 anni alla guida della cucina del ristorante Pipero, oggi nell'avventura in solitaria con il locale che porta il suo nome, Luciano Cucina Italiana. Perché non continuare su quella strada all'insegna dell'alta cucina? “Il cambiamento è fisiologico, dopo tanti anni da dipendente era il momento di avere un posto mio, altrimenti se dipendi da qualcuno devi continuare a rendere conto delle tue scelte”. Come mai non un gourmet? “A 35 anni il mio obiettivo è un altro, credo che o sei un fenomeno vero, tipo Adrià, oppure meglio lasciar stare che rischi di essere la copia di altri, senza contare” aggiunge “che mangia nei gourmet lo 0,1% delle persone: mi sono rivolto agli altri che sono la gran parte del mercato”.

Cambia (a Roma) e raddoppia (a Nizza) Epiro, “ma a prescindere dall'apertura in Francia avremmo comunque cambiato formula” dice Alessandra Viscardi che andrà in Francia con Marco Mattana “perché siamo partiti pensando che sarebbe stato un progetto quinquennale. Consideriamo compiuto quel percorso” aggiunge “e siamo assolutamente soddisfatti di ciò che Epiro è stato e ci ha dato. Per questo è ora di cambiare”. Entrambi i locali, però, saranno vicini ma non uguali all'Epiro di oggi, che – anche nel loro caso – negli ultimi due anni era andato verso una ristorazione formale e di fascia più alta “ci pareva una giusta evoluzione, in quel momento” spiega Alessandra che aggiunge: “abbiamo due chef, è arrivato il momento di impiegare bene le forze con due cucine”.

La vetrina del nuovo locale di Luciano Monosilio

Luciano Cucina Italiana

La ristorazione a Roma

In questo contesto socioeconomico credo che chi va a mangiare fuori voglia vivere un momento rilassante, più informale” dice Sansone per spiegare l'abbandono di certa ritualità gourmet. “E poi” aggiunge “Roma non è facile: non è Parigi, Londra e neanche Milano”. Ma si affretta a chiarire: “parlo per casa mia, ho imparato a non guardare più a casa degli altri”. Di avviso diverso Monosilio “Roma è una città grande, ha un bacino di utenza tale che funziona tutto: dallo street food al grande ristorante, dalla trattoria al locale di quartiere. Chi apre un'attività decide come gestirla” conclude lapidario. “Secondo me il panorama romano è un po' dormiente” replica Alessandra “c'è l'alta ristorazione e la trattoria, mentre i posti di mezzo non sono ma stati il forte di Roma. Forse non vengono del tutto capiti, le persone non sanno come collocarle, a noi” sorride “per esempio ci considerano come un posto da occasione, e non da tutti i giorni, in 5 anni ci hanno chiamato in ogni modo: ristorante, bistrot, perfino bar una volta. Il fatto stesso di avere un menu ridotto per qualcuno è strano anche se da noi ultimamente tanti prendono il degustazione, nel tempo c'è stata una selezione nella clientela, che si affida molto”.

La tipologia

Non un bistrot, né un ristorante gastronomico” fa Monosilio “ma un posto come c'erano 20-25 anni fa, di qualità ottima ma semplice, in tutti i sensi, dal servizio, all'arredo, alla cucina, classica italiana”.

Luciano

Guarda a Parigi invece Sansone: “cenavo da Giovanni Passerini, mi ha chiesto se mi andava l'anatra, l'ha presa e cucinata”. Una folgorazione: “affrontare la quotidianità di un prodotto che può essere sempre diverso, eliminare gli orpelli che ci appesantivano”. Ispirazioni? “Un po' Passerini, certo, e anche Baratin e Chateaubriand, e un po' bistrot nordico”. Perché la cucina è più semplice, “non più di 3 ingredienti a piatto” ma evoluta, parla un linguaggio contemporaneo. “A Roma ci sono troppi ristoranti simili: tecniche simili, materie prime sempre quelle” continua Sansone “era arrivato il momento di pensare più alla semplicità che alla sofisticazione delle materie prime. Quindi tecnica sì, ma a servizio del prodotto. E non il contrario”. L'idea è un mix di visioni: “l'offerta può essere vicina a quella di Trippa, con una carta che ruota quotidianamente, dove i clienti possono trovare sempre qualche piatto nuovo e c'è un grande lavoro con i fornitori”, ma una presentazione meno rustica: “più semplice di prima, ma carina”.

Epiro

Come mai questo doppio passo per Epiro? “Io e Marco vogliamo fare delle cose, Matteo (Baldi, ndr) altre, a tutti piacciono le idee degli altri e vogliamo farle insieme”. Cosa succederà a Roma? “L'idea è di fare una cave à manger di tipo francese” racconta Alessandra “se preferisci un wine bar con cucina: tanto vino, molto più di ora, ma sempre secondo il nostro stile – ora che molti bevono vino naturale faticheremo meno! - tanta mescita, un menu snello e semplice che cambia spesso: insomma il tipo di posto in cui piace andare”. A Nizza invece? “Lì sarà qualcosa di più italiano, simile all'Epiro di ora per il tipo di piatti, ma un po' diverso: una cucina di bancone, che quindi parli ai clienti realmente senza per escludere la sala. In Italia è impossibile perché non si possono avere i fuochi al bancone ma in Francia sì, l'idea è di un posto come Rigmarole. Questo” riflette “è uno dei motivi per cui non volevamo aprire in Italia: troppi divieti assurdi. E fuori dall'Italia il posto più affine alla nostra idea di ristorazione è la Francia”. Carta dei vini smilza ma con scelte nette, con tanti scambi e serate tra Nizza e Roma “portando produttori italiani a Nizza e viceversa”.

La proposta

Un mini menu che varia spesso, da Marzapane: 4 antipasti, 4 primi, 4 secondi, e 4 dolci, “con 3 o 4 piatti diversi ogni settimana”. Per esempio c'è la pasta al ragù, ma è un ragù sempre differente: di anatra, di manzo. E poi ci sono i 4 piatti del giorno. Nessuna degustazione. La spesa? 12-14 antipasti, 13-15 primi, 18-24 i secondi, 9 dolci, “prezzi più bassi e porzioni più abbondanti”.

Luciano

Si muove da 2,5 euro dei supplì a 15 euro di vitello tonnato e polpette al sugo, Luciano, e poi da 12 a 15 euro le paste (romane, tradizionali, ripiene, contemporanee), 18-20 per i secondi, 5-6 i contorni, 7 i dolci. Piatti – una quarantina in tutto, soprattutto antipasti e primi - che più tradizionali non si può: lasagne, fagioli all'uccelletto, galletto arrosto con verdure saltate.

Intorno agli 8-10 euro i piatti del nuovo Epiro (che ora sono tra i 15 e i 28), una decina di proposte semplici - che richiedono meno lavoro, dunque - e senza la canonica scansione tra antipasti primi e secondi: avranno tutti la stessa dignità e le stesse dimensioni, che sia pasta o carne. Con, in più, proposte da bancone: burrata, alici, prosciutto per accompagnare il vino. “Crediamo, e speriamo, che questo ci faccia percepire come un posto da tutti i giorni, più semplice, economico e informale”.

I numeri: coperti e personale

140 coperti circa, 6 persone in cucina (tre a pranzo e tre a cena, “con turni di 8 ore”, sottolinea Monosilio) – 3 lavapiatti, 4 persone in sala, più gli extra per i momenti caldi. Questi i numeri di Luciano, che di sabato sera ha fatto anche 160 coperti “ma la media in settimana è 120 al giorno”. Complice anche la posizione, a un passo da Campo de' Fiori, con gran transito di turisti e di romani. Ben diversa quella di Marzapane, avamposto di una possibile svolta gourmet di piazza Fiume, “su via Velletri non c'è grande passaggio”. I coperti sono rimasti 36, arrivando anche a 50 presenze a sera: ora i tavoli girano -"in un'ora o poco più si mangia” - prima era impossibile: “due ore e più per il complesso degustazione, e se un tavolo arrivava alle 10 e mezzo non andava via prima dell'una” . In cucina sono rimasti 4, uno per partita - più un lavapiatti (prima erano 6 + 2) e, da febbraio, 4 in sala (prima erano 7); “entrano un'oretta dopo – alle 11 e alle 16,30, secondo i turni - ma non si fa più notte”. Un servizio di chiusura in più (mercoledì a pranzo), turni redistribuiti e uno approccio diverso: la sala è più informale e senza il servizio di vino, acqua e pane, “l'approccio è più distensivo”, per esempio senza interrompere per spiegare ogni piatto. Più semplice anche la cucina: per una partita con 4 piatti, ognuno con 5-6 elementi, servono oltre 20 preparazioni, “ora sono circa la metà. È un'altra storia. Prima, finito il servizio, si preparava la linea per quello successivo, ora” continua “ci sediamo, facciamo gli ordini, vediamo quel che è disponibile”.

Epiro

Aumenta il numero di coperti da Epiro, da 22 a 32-35 che d'estate diventeranno più del doppio con lo spazio esterno, passando da 3 cuochi, un lavapiatti e uno stagista, a 2 cuochi (Michele De Chirico) e un lavapiatti. Matteo Baldi passa in sala (dove saranno in due), dopo 17 anni di cucina - “anche questa è una sfida che ci piace”.

La cucina e i cambiamenti

Luciano. Foto: Alberto Blasetti

Carbonara (15 euro, come da Marzapane), cotoletta alla milanese, costolette d'agnello: una cucina rassicurante e di pancia, quella di Luciano, in cui ritrovare sapori familiari. Realizzati con la mano dello chef e lo spirito di chi vuole divertirsi. “Lavoriamo sul fresco e stocchiamo poco” dice Monosilio “anche perché 'è molto giro: i 10 chili di agnello arrivati oggi domani sono già finiti”. Tutto chiaro, semplice. Come sta andando? “Per adesso siamo partiti, vedremo tra un po', dobbiamo ancora ammortizzare l'investimento iniziale e aggiustare il tiro”.

Il nuovo locale di Luciano Monosilio. Interno

Luciano. La pasta

Eliminata la pizza - “era solo il 3% del fatturato totale” - ora Luciano scommette sulla pasta, anche quella di semola di grano duro che trafila ed essicca lui stesso: “riforniamo qualche ristorante, ma ancora c'è poca vendita al dettaglio. Vorrei aprire un posto qui accanto (come accaduto per Retropasta e Passerini), perché qui c'è poco spazio e non è molto chiaro che ci sia anche la vendita”. L'obiettivo è investire sul format, semplice e replicabile: “entro il 2019 vorrei aprire un secondo Luciano”.

Marzapane

Un cambiamento radicale quello di Marzapane: riduzione drastica dei costi “ma anche dello scontrino medio”; diminuiscono personale, stoviglie - “ora ho solo scodellina, piatto piano piccolo e grande. Stop. Risparmio spazio e soldi: i piatti di prima costavano anche 50 euro l'uno. Quando si rompevano calava il silenzio” - e relative stigliature, macchinari. “Abbiamo semplificato le partite, meno ingredienti, niente arie o lavorazioni strane, niente più sottovuoto: togliamo più che aggiungere”. All'insegna del più schietto less is more. Eliminati anche i pozzetti, sostituiti con i frigoriferi “perché lavoriamo solo fresco” e creato uno spazio solo per i fondi, dove c'è sempre qualcosa in cottura.

I fondi sono l'emblema di questo nuovo orientamento, che strizza l'occhio alla tradizione “la genovese, per esempio, ha 4-5 ore di cottura, la facciamo con la cipolla ramata e il girello di Liberati. Volevo tenerla un mese, invece non riesco a toglierla”. Dal 20 ottobre a oggi, ancora occorre tempo per capire se la direzione è quella giusta. Ancor di più per quanto riguarda Epiro, che aprirà i battenti nella nuova veste all'inizio di febbraio “Non abbiamo un tema caratterizzante in cucina, una filosofia se non quella del mercato, sulle materie prime abbiamo sempre puntato tanto. Per il resto vedremo: abbiamo capito che i locali prendono forma mentre ci sei dentro”. Di sicuro il vino sarà centrale anche visivamente, trovando posto sulle mensole che rivestiranno le pareti, unico cambiamento insieme a tavoli e sedie e ai salottini esterni, per chi vuole fare l'aperitivo o bere qualcosa.

I fornitori

“Non ho più tanti distributori ma solo 4-5 piccoli fornitori, con cui sono in stretto contatto”, Roberto Liberati per le carni, Laura Peri per i volatili, Gregorio Rotolo per agnelli, pecore e formaggi - ora c'è il carrello dei formaggi - Agricoltura Nuova per le verdure, “raccolte la mattina e servite la sera”, e poi Orme per altre verdure e il pescato dell'Asta di Fiumicino. “Prima arrivava il prodotto già sezionato una volta a settimana, ora lavoriamo ovini e volatili interi, mentre per gli altri animali facciamo un bellissimo lavoro con Liberati: ci chiama e ci dice cosa ha, quel che gli è arrivato, quel che è pronto e quel che sta lavorando. Sceglie lui. Si fa un lavoro sartoriale, può essere un collo di nero dei Nebrodi, o il bue grasso”. La carne matura nei frigoriferi, “viene servita solo a perfetta maturazione. Unica certezza: i tagli nobili qui dentro mai più, tagli meno nobili ma che assicurano un risultato finale fantastico”.

Marzapane

E i fuori menu danno rilievo a questo approccio: “arriva il pesce ovato? Mettiamo la bottarga fresca, o la coratella quando arriva l'agnello, stesso per cuore e creste di polli. Abbiamo avuto per 4 giorni bue grasso come extra menu. E così per le verdure”. Un lavoro impensabile prima: “eravamo obbligati ad avere sempre alcuni prodotti per realizzare il menu”. Anche sui vini taglio drastico: 130 etichette italiane piccoli produttori, oltre allo Champagne, “con prezzi da 25 a 50 euro, mentre prima non c'era un vino sotto i 50 euro”.

Quella di Epiro rimane una cucina di mercato (e non per modo di dire: basta attraversare la strada per arrivare al mercato rionale con ottimi banchi, come quello di Francesco Loreti) “e lo sarà ancora di più,  fino a ora le ricette erano più complesse, necessitavano di studio e imponevano dei vincoli, poi si andrà semplificando tutto”.

Epiro - Roma - piazza Epiro, 25 - 06 69317603 - http://www.epiroroma.it/

Luciano Cucina Italiana - Roma - Piazza del Teatro di Pompeo, 18 - 06 5153 1465 - http://lucianocucinaitaliana.com/

Marzapane - Roma - via Velletri, 39 - 06 64781692 - www.marzapaneroma.com 

a cura di Antonella De Santis

 

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