Mani in pasta. Il pane nero di Castelvetrano del panificio Guccione

15 Mag 2020, 12:30 | a cura di
Un tempo chiamato "pane dei poveri" per le sue origini contadine, oggi è un prodotto tipico ricercato e famoso in tutta Italia. Qui vi spieghiamo come farlo in casa, grazie alla ricetta del panificio Guccione di Palermo.

Pane nero, pane dei poveri, pane marzuolo, pane della domenica. Tanti nomi diversi per raccontare l'origine di una specialità dalle caratteristiche uniche, orgoglio del trapanese, la cui fama ha superato i confini nazionali. Il motivo? La sua crosta sprigiona note di mandorle tostate, la mollica è dolce e compatta e il sapore del grano vecchio Tumminìa conquista anche i palati più esigenti. Il pane di Castelvetrano è anche il cavallo di battaglia del forno siciliano che ha ottenuto i Tre Pani, nella guida Pani&Panettieri d'Italia 2020 del Gambero Rosso. Parliamo del Panificio Guccione, il laboratorio artigianale che Ottavio Guccione ha aperto nel cuore di Palermo insieme alla moglie Valentina nel 2011.

Il pane nero di Castelvetrano

Il suo colore è dovuto alla miscela di due grani locali, entrambi macinati a pietra con macchinari risalenti al 1800: il biondo siciliano, all'80%, e il Tumminìa (o Timilia), al 20%. Quest'ultimo viene seminato a marzo e raccolto a giugno, da qui l'appellativo di "pane marzuolo", che noi siciliani utilizziamo spesso per indicare il prodotto”, ci racconta Ottavio Guccione. Il Tumminìa, un grano duro particolarmente raro, conferisce al pane una superficie scura -sui toni del caffè o del cioccolato, tanto per rimanere in tema gastronomico- e una mollica dal retrogusto persistente di malto. "È uno dei primi pani che ho prodotto e iniziato a vendere a Palermo, dove ha riscosso sin da subito grande successo", spiega Ottavio.

pane nero di Castelvetrano

Gli abbinamenti perfetti, dai salumi al pane cunzato

"Per realizzare il pane nero occorrono ingredienti tipici del territorio, che grazie al loro prestigio oggi sono diffusi lungo tutto lo stivale. Se non riuscite a reperirli in negozio, però, è sempre possibile ordinarli online", ci assicura Ottavio. In questo momento, del resto, la soluzione più semplice per acquistare materie prime di qualità sembra quella dell'e-commerce. Ma tornando al pane, Ottavio ci consiglia più di qualche abbinamento goloso: "Il suo sapore dolciastro lo rende perfetto insieme ai salumi dal carattere deciso, perché ne bilancia perfettamente la sapidità. Noi siciliani, poi, lo usiamo spesso come base per comporre il pane cunzato, un panino farcito con pomodorini, cipolle, acciughe sott'olio, origano secco e formaggio primosale. Vi consiglio assolutamente di provarlo, dopo aver sfornato il vostro pane nero".

Boom di richieste per il Panificio Guccione

"Calo di vendite? Assolutamente no. Anzi, tutto il contrario: dopo le prime notizie sulla diffusione del Covid 19 abbiamo dovuto gestire una grande mole di ordini. Fortunatamente siamo abituati a fare consegne a domicilio, perché qui a Palermo portare il pane a casa delle persone è la normalità. Forse non lo chiamavamo delivery, ecco, ma devo ammettere che facciamo delivery da sempre", ci spiega Ottavio con tono scherzoso. "Certo, è stato necessario raddoppiare il personale che se ne occupa e garantire ai clienti il pagamento con il Pos, il metodo più sicuro. Da pochi giorni, però, siamo tornati quasi alla normalità, segno che le acque si sono calmate". Ora le persone hanno ripreso a frequentare il punto vendita, che è piuttosto ampio, ed entrano due alla volta. La mattina acquistano molto più pane conservabile, di grandi dimensioni - soprattutto le pagnotte da 1 Kg - e nelle ore centrali preferiscono la pizza, che può essere facilmente consumata in pausa pranzo da chi ha ricominciato a lavorare. Piccole variazioni, insomma, che potrebbero consolidarsi nella routine quotidiana dei palermitani.

pane nero di Castelvetrano

La ricetta del pane nero di Castelvetrano

Ingredienti

  • 800 g di semola di grano duro biondo siciliano
  • 200 g di farina semintegrale di Tumminìa (o Timilia)
  • 800 ml di acqua tiepida
  • 200 g di lievito madre (in alternativa, 5 g di lievito di birra fresco)
  • 20 g di sale

Inserite in una planetaria munita di gancio le farine, il lievito madre (oppure il lievito di birra fresco) e 700 ml di acqua. Iniziate ad impastare gli ingredienti lentamente, in prima velocità, per 7-8 minuti, fino ad ottenere un composto privo di grumi. A questo punto aggiungete i restanti 100 ml di acqua e il sale, quindi fate girare il gancio in prima velocità per altri 7-8 minuti. Quando l'impasto sarà diventato liscio ed omogeneo, spegnete il macchinario e trasferitelo in un mastello o un ampio recipiente coperto da un panno per la lievitazione.

Lasciate riposare il panetto a temperatura ambiente per un'ora, se ottenuto con lievito di birra, o per due ore, se è a base di lievito madre. Trascorso questo periodo di tempo, preparatevi a formare le pagnotte; potete creare una forma da 1 kg o delle forme da 500 gr, a vostro piacimento: nel primo caso utilizzate 1,2 kg di impasto, nel secondo caso dividetelo in due pezzi da 620 g ciascuno.

Dopo aver posizionato la pasta su un piano di legno leggermente infarinato, schiacciatela e compattatela con le mani più volte. Può essere utile stenderla leggermente con un mattarello, dandole una forma rettangolare, per poi ripiegare su se stessi i quattro lati e unirli al centro: in questo modo farete fuoriuscire una piccola quantità di aria dall'impasto. Ora modellatelo con le mani fino ad ottenere una pagnotta tonda e soda e trasferitelo su una leccarda ricoperta da carta da forno.

Lasciate lievitare fino a quando il panetto non sarà quasi raddoppiato, regolandovi ad occhio (dovreste aspettare 1-2 ore, a seconda del tipo di lievito impiegato). Concluso il riposo, infornate ad una temperatura di 260 °C per circa un'ora, se il pane è di grandi dimensioni, o per 45 minuti, se le vostre pagnotte sono da 500 g. Estraete le teglie dal forno quando sulla superficie si sarà formata una crosta color caffè. Lasciate raffreddare il pane a temperatura ambiente prima di tagliarlo a fette.

a cura di Lucia Facchini

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