Mense scolastiche. Gli studenti italiani rifiutano il cibo multietnico: sarà colpa dell’inadeguata cultura gastronomica?

30 Dic 2014, 09:54 | a cura di
Il progetto capitolino Viva l’Europa, ideato per portare nelle mense scolastiche i piatti della tradizione europea, sta registrando una tiepida accoglienza da parte di genitori e studenti, che sembrano preferire la tradizione di casa. Fallito anche l’esperimento vegetariano a Milano, è difficile far apprezzare ai ragazzi paella spagnola, fish&chips inglese, aeggekage danese, bigos polacco. Perché?

LE PROPOSTE ALTERNATIVE DELLE MENSE SCOLASTICHE
Se tutti noi ricordiamo la mensa scolastica senza troppa benevolenza un motivo deve pur esserci, tra ricordi raccapriccianti di riso in bianco burro e parmigiano servito freddo e inevitabilmente incollato e l’attesa per il temuto giorno settimanale dedicato al (presunto) passato di verdure. Eppure con il passare degli anni, e una maggiore consapevolezza, anche i programmi alimentari destinati ai bambini sono stati aggiornati per rispondere a più esigenze insieme, che si trattasse di principi nutrizionali, intolleranze alimentari, precetti religiosi o integrazione tra culture diverse. Risponde proprio all’ultimo criterio il progetto intrapreso dal Comune di Roma (nella figura dell’assessore Alessandra Cattoi) volto a far scoprire agli studenti la cultura gastronomica dei Paesi Europei, portando in tavola i piatti più tipici di ogni tradizione culinaria, dalla Danimarca alla Polonia, passando per Germania e Francia.

IMPARARE LA CULTURA GASTRONOMICA (E LA GEOGRAFIA) A TAVOLA
Ma “Viva l’Europa” non sembra aver colpito favorevolmente genitori e figli, che anzi si sono schierati compatti nel dichiarare la propria preferenza per pizza e spaghetti.
Se già qualche tempo fa, in occasione della giornata mondiale dedicata alla cucina vegetariana, le scuole di Milano avevamo registrato un chiaro dissenso di fronte al menu vegano elaborato per l’occasione – grano saraceno in crema di zucca e zucchine, insalatina di tofu con salsa di soia e muffin alle carote – anche nelle mense romane l’iniziativa multiculturale non sta procedendo come si auspicava. Un anno fa dopo la tiepida accoglienza degli 80mila studenti meneghini, Milano Ristorazione aveva dovuto ridimensionare le proposte alternative (ma continua a servire piatti multietnici come pollo alle mandorle, riso alla cantonese, samosa, tortillas, falafel e cous cous), oggi le mense romane sembrano orientarsi verso un evidente dietrofront che si concretizza nel recupero di piatti della tradizione come l’abbacchio (dopo il precedente di Cremona, dove un assessore leghista è stato capace di portare alto il vessillo dell’orgoglio padano nelle mense scolastiche a suon di polenta).
E dire che l’iniziativa romana era stata ideata sin dall’inizio per incontrare il gusto dei più piccoli, rintracciando i piatti più golosi della tradizione gastronomica europea, dal celebre Fish&Chips inglese all’Aeggekage danese (uova strapazzate, patate e pancetta), dalla Paella catalana al Croque-monsieur francese. Non proprio piatti ipocalorici, ma pur sempre in grado di aprire una finestra oltre i confini italiani. E allora, preso atto del rifiuto, non sarebbe il caso di cominciare a parlare di cultura gastronomica anche tra i banchi di scuola? In fondo l’accettazione del diverso passa anche attraverso il cibo e la conoscenza delle differenti abitudini alimentari.

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