Nasce in Cina lo Slow Village di Stefano Boeri. Alla Biennale di Venezia il racconto del villaggio agricolo che può generare cultura

22 Mag 2018, 14:35 | a cura di

Il progetto Slow Food Freespace mette insieme il know how di Stefano Boeri con l'impegno del movimento fondato da Carlo Petrini in Cina. Insieme, i due saranno a Venezia per presentare il progetto del primo Slow Village, per valorizzare i piccoli villaggi rurali contro lo spopolamento delle campagne. 


 

Lo spazio pubblico alla Biennale

Inaugura il prossimo 26 maggio la Biennale Architettura di Venezia, che quest'anno riunirà in Laguna 75 rappresentanze nazionali (sette le new entry, tra cui il padiglione della Santa Sede) trasformando la città – con il quartier generale dei Giardini e dell'Arsenale – in un prestigioso contenitore culturale per tutta la durata della kermesse, che chiude il 25 novembre 2018. Freespace è il tema della sedicesima edizione, a cura di un duo al femminile che vede insieme due irlandesi di fama internazionale come Yvonne Farrell e Shelley McNamara: e di spazio libero, spazi a fruizione pubblica si parlerà portando in scena il presente e il futuro dell'architettura sociale, con il contributo di progettisti famosi ed outsider selezionati nel mondo. Ogni Paese ospite, dunque, sarà chiamato a confrontarsi con la necessità di condividere soluzioni che caratterizzino spazi destinati al bene della collettività. E proprio sulla scia di questa urgenza, il 25 maggio, Stefano Boeri e Carlo Petrini saranno insieme sul palco di Ca' Tron, per presentare il progetto Slow Food Freespace, ospiti dell'evento collaterale Across Chinese Cities – The Community. Freespace è infatti la caratterizzazione del progetto pilota per il primo Slow Village che sarà realizzato in Cina in collaborazione con Slow Food per celebrare il valore culturale del villaggio agricolo, e riportarlo al centro di un sistema comunitario capace di migliorare la vita dei residenti.

Slow Village. Cos'è

Un intervento architettonico (e urbanistico insieme) che guarda al passato per trarre ispirazione nel presente, recuperando il modello di condivisione centrato sui ritmi della natura e il lavoro nei campi, ma proiettandolo in forme di fruizione più moderne, e accessibili a tutti. Slow Food Cina, infatti, è da tempo impegnato a favorire la ripresa di un'economia agricola che rinvigorisca le aree rurali di un territorio sconfinato, in grado di suggerire un modello di sostenibilità che oggi rischiamo di perdere di vista. L'intervento di Boeri e del suo studio d'architettura, però, è stato mirato a progettare spazi di condivisione fondati sull'arricchimento culturale della comunità, progettando per ogni villaggio interessato dal programma Slow Village una scuola, una biblioteca e un piccolo museo: i cosiddetti epicentri culturali in grado di contrastare lo spopolamento e fornire strumenti di crescita alla comunità, pensati come snodi di un'infrastruttura diffusa che garantisca un futuro migliore a milioni di agricoltori cinesi (molti oggi emigrano verso le grandi metropoli, incentivando la crescita di periferie sconfinate e senza opportunità di lavoro).

 

Perché i villaggi non devono sparire

Dunque un'operazione architettonica mirata a combattere l'omologazione culturale, tenendo vive le tradizioni de villaggi rurali cinesi. Il primo Slow Village, presentato in occasione della Biennale, sorgerà a Qiyan, nel sud-est del Sichuan, entro il 2018, e prevede la collaborazione con forze locali, cui Stefano Boeri Architetti China (alla guida il partner cinese Yibo XU) trasmetterà il know how per la realizzazione degli spazi culturali che puntano pure a generare turismo, e disporranno di aree comuni per il racconto e il consumo di cibo. Per dimostrare che la rivoluzione (culturale, economica, sociale) può partire anche da un piccolo villaggio nelle campagne cinesi. Con il contributo di un'architettura democratica e libera. E così la palla torna a Venezia, per approfondire il concetto di Freespace a passeggio per le calli della città.

 

a cura di Livia Montagnoli

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