Gastronomika 2022 report. Primo giorno: il cliente è il protagonista

4 Ott 2022, 12:52 | a cura di
Il congresso Gastronomika, a San Sebastian, quest'anno ha come focus la scoperta della cucina del Regno Unito. Ma non è l'unico tema del congresso. Ecco gli spunti emersi nella prima giornata.

Gastronomika 2022

Era difficile celebrare un'altra icona della gastronomia mondiale dopo aver reso omaggio, lo scorso anno, ad Alain Ducasse. Sfida difficile, certo, ma non impossibile. Così alla ribalta, per il tributo che dà ufficialmente l'avvio a Gastronomika 2022, è salito – simbolicamente - Thomas Keller, che con Per Sè e The French Laundry (Primo nella World 50 Best nel 2003 e 2004) ha segnato un'epoca. Così è proprio al genio statunitense che va il Tribute Award del congresso di San Sebastián. Che parte col botto, portando sul palcoscenico del Kursaal alcuni dei volti più noti della gastronomia iberica e con uno dei nomi più forti di quella britannica, focus del congresso di quest'anno. Come al solito ci sono temi ricorrenti e riflessioni condivise, spunti originali e direzioni autarchiche. Alcune destinate a diventare delle coordinate di lavoro in tutto il mondo, o quasi.

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Albert Adrià

Gastronomika 2022. Il prodotto, Il sapore, Ia stagionalità

“Sapore sapore sapore”: così un Albert Adrià in stato di grazia - “cucino 11 ore al giorno, vivo una seconda giovinezza” - fuga ogni dubbio: nel rinnovato Enigma Concept (700 mq 45 dipendenti per 50 commensali e un degustazione che tocca anche i 25 assaggi) la stella polare è il gusto. E la materia prima stagionale, con l'enorme calendario dei prodotti che come una tavola degli elementi guida il lavoro: “abbiamo il prodotto e la tecnica applicata al prodotto” fa, semplicemente, a suggellare un uso più funzionale della tecnica. L'obiettivo è “una cucina diretta”, più concreta rispetto a quanto portato in scena nelle sue molte espressioni gastronomiche, dai tempi di elBulli (dove era nel doppio ruolo di pastry chef e direttore creativo insieme a Ferran), fino alle insegne riunite sotto l'egida di elBarri: quei gastrobar e locali informali che avevano punteggiato Barcellona e la Spagna intera, uscendo dai confini per esportare i suoi concept gastronomici: posti di forte impatto, grande design, una proposta che andava dritta come un intramuscolo, tutta stupore e novità. Ma come sappiamo il Covid (e forse non solo quello) ha imposto un cambio di prospettive e anche il genio Adrià ha dovuto fare i conti con un'epoca non più d'oro. Enigma (unico ristorante di cui è proprietario al 100%) ha riaperto le porte a giugno 2022, un anno dopo la fine dell'epoca elBarri, e da allora ha modulato la proposta per adattarsi all'andamento del mercato ponendosi come un ibrido tra Tickets e il “vecchio” Enigma.

Nel piatto una serie di bocconi che strizzano l'occhio a una cucina pop, pulita e divertente, proposte al cucchiaio che esplodono in bocca, “è li che trovi il sapore!”, ma non solo: dal sashimi di melone imbevuto di dashi servito freddo con un tocco di wasabi e soia, al calamaro affettato sottilmente e servito da gocce di prosciutto iberico e tre grammi esatti di caviale (un grammo in più e salterebbero equilibri economici), o la pasta di basilico servita fredda, immersa in acqua di pomodoro e ponzu.

La materia prima riconquista un ruolo da protagonista, ma non senza complicazioni: per Dani García è difficile avere 80 scampi della stessa dimensione e qualità di prodotto, come richiede un fine dining. "È per questo che il nostro ristorante Smoke Room è piccolo", ha spiegato Jorge Martín, capo chef del Gruppo Dani García.

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Diverso il caso di Simon Rogan, de L'Enclume Tre Stelle a Cumbria nel nord-ovest del Regno Unito: uno dei pionieri del movimento farm-to-table nel suo paese che ha locali anche a Londra e Hong Kong. L'azienda agricola biologica di proprietà, dove coltiva ortaggi, erbe, fiori e alleva mucche, polli e maiali è l'anima e il cuore dei suoi ristoranti, dove la sostenibilità è una pratica quotidiana che parte dalla materia prima – etica, bio e di stagione - e giunge alla riduzione degli sprechi mediante metodi di conservazione, e mira all'azzeramento dei rifiuti: “stiamo lavorando per produrre il nostro compost e restituire alla terra ciò che ci dà”. Ma sostenibilità significa anche impegno nei confronti delle persone, attenzione alle esigenze dell'altro, gestione più sana del lavoro - tasto spesso dolente nell'alta ristorazione - due giorni di riposo consecutivo, a L'Enclume, “ma l'obiettivo è di avere solo tre giorni e mezzo di lavoro”.

La sua è una cucina locale e naturale, dove il gusto e l'attenzione all'ambiente sono i binari entro i quali lavora da 20 anni, senza per questo venire meno alle istanze più attuali della cucina: ne è un esempio il piatto a base di formaggio britannico Tunworth trattato con azoto liquido, marmellata di prugne locali, nocciole e grano saraceno candito, "un piatto di transizione tra il dolce e il salato” che offre un interessante mix di sapori e di temperature e cambia a seconda delle erbe che la stagione offre. Perfetta sintesi tra cucina di prodotto, tecnica, che sa esprimere con twist contemporaneo l'identità locale e il racconto della natura.

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Impossibile però parlare di prodotto senza parlare di produttori, in questo l'omaggio, sentito, emozionante, politico e necessario, di Lucía Freitas (A Tafona, Santiago de Compostela) alle donne galiziane: artigiane, cuoche, raccoglitrici di molluschi, contadine, pensionate; “le vere protagoniste del cibo nel mio ristorante e nei ristoranti di tutti". Ha presentato quattro piatti, ognuno legato a una professione: l'empanada liquida con spuma di mais e briciole di merluzzo, in onore dei raccoglitori di molluschi, uno stufato freddo di verdure con barbabietole arrostite, cavolo rosso marinato e gelato salato - omaggio ai contadini e alle donne della piazza del mercato di Santiago – il pane e la panna, un dessert senza zuccheri aggiunti, per onorare i produttori di latte e tornare all'infanzia e l'omaggio a Rosalía de Castro, la "galiziana universale. In una delle sue poesie", ha spiegato lo chef, "De Castro parlava del brodo di gloria, che si faceva in tempi di scarsità". Perché, come si suol dire, mangiare è un atto politico, ma anche cucinare.

Gastronomika 2022. La tecnica

Immancabile, sul palco del Kursaal, la presentazione delle nuove tecniche. Nel gran circo della tecnica, il ruolo del grande illusionista lo interpretano come sempre Oriol Castro, Eduard Xatruch e Mateu Casañas, i tre amici del Disfrutar, che anno dopo anno portano sotto i riflettori le evoluzioni della loro ricerca, del resto, dice Oriol Castro: “la creatività è parte delle nostre giornate, lavoriamo continuamente a nuovi concetti e nuove tecniche che ci consentono di sviluppare piatti e sapori innovativi”. Stavolta presentano lo studio su amidi e sul koji, come sempre, mettendo alla prova il concetto iniziale con ingredienti, applicazioni, contesti diversi per analizzarne le potenzialità e gli usi, così per l'amilopectina che - cotta al forno o al microonde - raggiunge nuove consistenze "ariose, simili a soufflé". Lavorata con vari ingredienti, si presta a preparazioni sia salate che dolci, quando – lavorata con burro e zucchero - crea una sorta di bignè quasi vetroso, opera dell'azione combinata dell'amilopectina con gli zuccheri (che caramellizzano) e il burro (che chiarifica); "ha applicazioni incredibili” dice Castro.

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A uno stadio più germinale è invece il lavoro con il koji e le sue spore: probabilmente sarà oggetto di lezioni future, “dobbiamo ancora imparare, dai nostri colleghi che lo stanno già studiando e attraverso test e ancora test”. E la mappa concettuale, con i risultati degli esperimenti e le idee da sviluppare, testimonia l'approccio scientifico del trio. A corollario della lezione, la piccola magia di una neve edibile, realizzata con una macchina per granite che restituisce ai commensali il ricordo di un boccone di neve da mangiare con le mani, un piatto del Disfrutar, dove è accompagnato da ananas candito e da un bonbon con abete ai frutti rossi, che “scompare” quando il cameriere con la fiamma ossidrica brucia la neve rimasta, come succede nella realtà.

Ormai – sembrerebbe - la tecnica non è più fine a se stessa, ma al servizio del prodotto, impiegata per farlo esprimere al meglio, aprire a nuove prospettive di sapore o consistenze: “applico la tecnica che ritengo migliore, ma dando sempre la priorità al prodotto e al sapore" dice Albert Adrià. E poco importa se non è nuova: "l'altro giorno un cliente mi ha detto che la tecnica che uso per fare la cialda al basilico suonava familiare, che era vecchia. Sì, lo è, ma” aggiunge “è mia, non posso usarla?”. E allora torna pure a una delle prove più iconiche di sempre, che Adrià ha – letteralmente - inventato: la sferificazione, che oggi accoglie al tavolo ogni commensale da Enigma.

A proposito di tecniche, gli esperimenti di Eneko Atxa partono da lontano, precisamente dallo spazio. Una collaborazione con la Nasa, per sviluppare materiali da impiegare su diversi satelliti o pianeti, punta l'attenzione sul micelio: presente nei funghi, ha una struttura simile al legno, ma più leggera, resistente, compostabile, sostenibile e che si riproduce molto velocemente in una rete di filamenti e che possono viaggiare a pressioni, temperature e velocità estreme. Così per costruire nello spazio servono materiali che si generino in loco, in questo caso un elemento con un alto contenuto di proteine utile anche per l'alimentazione degli astronauti. Qui entra in gioco Eneko Atxa che (prossimo all'apertura di NKO a Madrid) da Azurmendi (a Larrabetzu) sta facendo sperimentazioni con micelio e scarti di caffè.

Ma attenzione: la tecnica è anche quella ancestrale interpretata con spirito, conoscenza, consapevolezza nuove, come nel caso Cristóbal Muñoz (Ambivium, Peñafiel, Valladolid), che ha portato la sua "cucina evolutiva", che elabora ricette tradizionali locali, nelle quali i processi di conservazione sono il punto di partenza per nuove ricerche “con altri ingredienti e preparazioni più moderne": ecco allora che presenta escabeche di coniglio con cavolo fermentato, branzino stagionato e reidratato in salamoia, e un ventriglio di vitello confit per 14 ore e precedentemente scottato.

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Che dire del fuoco? È forse la forma più ancestrale di cottura, e quella più attuale: da Smoked Room – il locale di Madrid che detiene un record di velocità: da zero a due (stelle) in sei mesi appena – si coniuga con ingredienti e tecniche asiatiche. L'uso calibratissimo del fuoco e del fumo, anche grazie all'uso di legni diversi, lische di pesce o alghe, dà vita a piatti diretti, precisissimi: pochi ingredienti, bilanciamento perfetto, sapori incisivi, ne sia un esempio il gambero di Motril con yuzu verde e burro affumicato – incredibile per consistenza, sapore ed equilibrio– uno degli 8 piatti presentati, tra gli altri anche caviale affumicato su brodo tradizionale infuso con alghe, o pomodoro arrostito con ciliegia stagionata in sale e zucchero.

Gastronomika 2022. Il cliente torna sovrano

Che sia una conseguenza dei due anni appena passati o meno, c'è un cambiamento radicale che occorre registrare: il cliente torna protagonista. Finita l'epoca della dittatura dello chef star, è l'ospite a dettare il ritmo nei ristoranti. La dimostrazione più eclatante l'ha data Albert Adrià, cambiando in corsa il format di Enigma, annunciato come un locale a trazione ibrida – pesce alla maniera giapponese da una parte, brace dall'altra, due sole stazioni rispetto alle numerose di un tempo – aperto solo per il pranzo e come cocktail bar nel secondo pomeriggio, si è riconvertito dopo poche settimane a una formula più tradizionale, con apertura serale: “quindi il ristorante che vi presento qui ha solo un mese e mezzo di vita”. Un ristorante senza degustazione obbligata (ci si muove tra 800 e 1.000 piatti per servizio) per dare la maggiore libertà possibile al cliente, con l'idea che possa tornare più e più volte per “scoprire piatti che non hanno riferimenti, che giustificano il viaggio” (e la spesa), “piatti che magari creano anche discrepanze, il che è altrettanto importante”.

Posizione condivisa da Elena Arzak, che nella ponencia fa un gustoso excursus nella storia dei menu del ristorante, cambiati - dal 1969 a oggi – nel contenuto (per ricette, ingredienti e tecniche) e nella forma, perché “il menu è più di un elenco di piatti” spiega “è un manifesto dell'identità del ristorante. È un modo per condividere la propria ragione di essere e di esistere. È” continua “una lettera d'amore per il prodotto, il produttore, il dettaglio, il know-how, la tecnica e il commensale". In questa ottica, il degustazione sarebbe la firma dello chef. Ma non è tutto: “c'è un nuovo pubblico con sensibilità diverse, con intolleranze, che vuole sfuggire al degustazione perché vuole scegliere, vivere un'esperienza unica e personale”. Così la personalizzazione del menu è il nuovo (o vecchio?) tema: insomma i clienti vogliono scegliere, “vivere un'esperienza in cui capiscono il prezzo e gli sembra adeguato”. È la fine dei degustazione? La domanda rimane aperta, ma c'è da riflettere. Flessibilità e personalizzazione sono temi chiave, che hanno a che fare con l'accoglienza, non solo con la cucina.

Ma la cucina deve convincere, i ristoranti essere credibili, evolvere quando serve, e se serve, impiegare tecniche diverse o strumenti (come nel caso dell'uso del laser per creare degli stampi per avere, ad esempio, la forma dei calamari), continuare a sperimentare o impiegare la stessa tecnica per anni, come nel caso dell'uovo cotto in pellicola, datato 1997. Con l'idea di base di offrire il meglio ai clienti, veri protagonisti della cena. A partire dalle specifiche esigenze alimentari: allergie, intolleranze o particolari esigenze sono la quotidianità per un ristorante, Albert Adrià sta sperimentando “burrata, crema, stracciatella e scamorza con latte di soia” per gli intolleranti al lattosio, mentre Eneto Atxa (Azurmendi) ha coinvolto l'Università di Galdako, per la preparazione di una serie di menu per persone “con difficoltà alimentari".

È un aspetto, non il solo: Dani Garcia – per bocca del suo head chef Massimiliano Delle Vedove – racconta come Smoked Room sia tutta concentrata sull'esperienza del cliente; con soli 14 posti, l'esperienza è costruita minuziosamente sui commensali: “quando un cliente torna, cerchiamo con la massima discrezione di sapere se vuole ripetere l'esperienza precedente o provare altri piatti”, fa Delle Vedove, “tentiamo di offrire la migliore esperienza possibile a tutti, rispondendo a chi ha particolari allergie o esigenze nutrizionali, ma senza snaturarci, per esempio non possiamo stravolgere il nostro menu per chi segue una alimentazione vegana".

a cura di Antonella De Santis

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