Amarone, verso un futuro più dolce?

29 Gen 2016, 10:30 | a cura di

Aspettando l’Anteprima di Verona, il Gambero Rosso ha fatto il punto con il presidente del Consorzio, Christian Marchesini. Aumentano le richieste per le vecchie annate, ma cambiano anche i gusti dei consumatori. E il Ripasso dribbla le altre denominazioni.

Il settore vinicolo italiano continua a confermarsi una fonte di buone notizie per il Paese. L’Amarone delle Valpolicella, che tradizionalmente inaugura la stagione delle anteprime delle nuove annate, ha chiuso il 2015 con un fatturato di 310 milioni di euro, con un incremento del 6% rispetto al 2014. L’aumento si deve soprattutto all’export, dove ormai vanno sei bottiglie su dieci. “Un dato che ci allinea perfettamente a quello nazionale”sottolinea il direttore del Consorzio Olga Bussinello Secondo uno studio di Nomisma su dati Istat, l’Italia nel 2015 ha registrato un aumento del 6% in valore nell’export soprattutto nei maggiori mercati dell’Amarone: Usa e Canada in primo luogo, seguiti da Svizzera, Svezia e Germania in lieve flessione”. Positivo anche il trend 2015 dell’imbottigliato in aumento del 5%, e a favore delle annate più vecchie che rappresentano oltre il 50% di quanto entrerà in commercio.

 

Anteprima Amarone, istruzioni per l’uso

L’Anteprima Amarone, organizzata dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella, con la partecipazione di 74 aziende che presenteranno l’annata 2012 e una selezione di annate storiche, si svolgerà sabato 30 e domenica 31 gennaio 2016 nei saloni del Palazzo della Gran Guardia a Verona. L’ingresso al pubblico è previsto dalle ore 16 alle ore 19 di sabato e dalle ore 10 alle ore 18 di domenica, previo pagamento di un biglietto.

 

Il sistema Valpolicella, 2015 in numeri

Il Consorzioperla Tutela dei Vini Valpolicella riunisce 275 aziende tra imbottigliato rietrasformatori di cui 7 cantine cooperative, 2347 aziende agricole produttrici di uva (1698 delle quali producono uva per l’Amarone). La Valpolicella è la prima Dop di vino rosso in Veneto con una P.L.V.(produzione lorda vendibile) che si è attestata oltre i 20.000€/Ha. La superficie vitata si estende per 7.596 ettari e la produzione di Amarone e Recioto ha superato i 300mila quintali. Le denominazioni Valpolicella, Ripasso, Amarone e Recioto complessivamente esprimono poco più di 60 milioni di bottiglie, per un giro d’affari complessivo che si aggira sui 550 milioni di euro annui, di cui 315 mln stimati solo per l’Amarone. Nella vendemmia 2015 sono stati prodotti 830 mila q.li di uve, di cui 360mila messi a riposo per Amarone e Recioto.

Ma su questi temi che riguardano le dinamiche della denominazione ecco cosa ci ha detto il presidente del Consorzio Christian Marchesini.

 

Ormai sono diversi anni che il Valpolicella Ripasso è stato codificato eil rodaggio è superato. Laformula del disciplinare che recita “il quantitativo dei vini a Doc Valpolicella Ripasso non può essere in volume superiore al doppio del volume di vino ottenuto dalle vinacce delle tipologie Recioto della Valpolicellae/o Amarone della Valpolicella impiegate nelle operazioni di rifermentazione/ripasso” forse è da mettere nuovamente a punto?

Tutta questa richiesta di Ripasso, in realtà, non ha fatto altro che riqualificare anche il Valpolicella, che oggi [ assai raro trovare a prezzi bassi. Nei fatti ha trainato anche la denominazione di base. Insomma l’ha tirata su.

 

Allora perché il Valpolicella continua a dimagrire a vantaggio del Ripasso?

Sì, dimagrisce perché la tendenza a fare vini sempre più importanti continua. Ci sono Valpolicella che assomigliano a Ripasso, dei Ripasso ad Amarone ed Amarone che vogliono essere dei Super Amarone. Non siamo preoccupati, ma in Consorzio ne parliamo spesso tra noi. Però è anche vero che ci sono produttori, forse più lungimiranti, che stanno ragionando sull'ideadifare Amarone meno strutturati, ma dotati di maggiore finezza.

 

C’entra qualcosa il fatto che sono in aumento gli Amarone sempre più morbidi con una evidente propensione alla dolcezza?

Ci sono mercati che richiedono prodotti con un residuo zuccherino più elevato, più morbidi e sostanzialmente più facili. Il mercato cinese, per esempio: loro, i vini li vorrebbero tutti così. Per questo stiamo ragionando se sia giusto assecondare il mercato, come abbiamo fatto sinora, oppure è meglio tornare agli Amarone degli anni Ottanta, più scarichi, meno strutturati e più eleganti. Ripeto: è un problema che ci poniamo e a cui non abbiamo ancora dato una risposta definitiva.

 

Guardando al passato, però, la situazione era diversa e meno muscolare. Negli anni '80 il Ripasso era di là da venire - tutt’al più faceva parte dei vini più strutturati - e il successo del Valpolicella si doveva proprio a una piacevolezza di beva che ha fatto epoca…

Assolutamente. Ma infatti la domanda da farsi è proprio questa: vale la pena di abbandonare questi Amarone così importanti, che hanno fatto la fortuna della denominazione e ci hanno portato a 15 mln di bottiglie? Il confronto è necessario.

 

Allora come si deve interpretare questa richiesta di annate più vecchie che sta riducendo le scorte delle cantine?

Siamo molto contenti che stia accadendo perché finalmente molti produttori hanno compreso l’importanza di mantenere i vini in cantina qualche anno in più per assicurare una evoluzione ottimale. Ma quanto sta accadendo è anche un sintomo della maturità economica a cui le aziende sono arrivate. Negli ultimi 10 anni sono nate molte nuove aziende – almeno 2% all’anno in più – che avevano necessità di rientrare abbastanza in fretta degli investimenti e delle spese effettuate. Per cui, magari, facevano una bottiglia in più, a mezzo euro in meno, ora invece le aziende vogliono puntare in alto, su un modello di boutique winery.

 

Qual è la carta d’identità di queste nuove aziende?

Qualcuna è un ex conferitore delle cantine sociali – non sono molte perché sui soci grava un obbligo di consegna delle uve per almeno 5 anni – ma più che altro si tratta di privati che conferiscono ad aziende private che decidono, sull’onda sia del successo della denominazione sia dell’azienda stessa a cui cedono l’uva, di fare il salto di qualità e mettersi in proprio. Si tratta di aziende da 5-10 ettari che iniziano ad imbottigliare in proprio una parte della loro produzione e comunque, vista la funzionalità della filiera dell’industria vinicola veronese, la parte che resta, cioè il vino in esubero, riescono facilmente a venderla a buon prezzo nel circuito dello sfuso che qui è ricco e importante. In questo modo riescono ad ammortizzare le spese.

 

Insomma è una denominazione in buona salute dove nascono nuove aziende che riescono a rispondere a una domanda che continua ad essere sostenuta. Tuttavia il Recioto della Valpolicella sta scomparendo dalle tavole e dagli scaffali…

Assolutamente in buona salute. Anche il 2015 lo chiudiamo con un incremento del 6% che riguarda tutti i nostri vini e che si ripercuote anche sul valore complessivo della nostra produzione. Siamo contenti. L’unica pecca è la mancanza di coesione tra i produttori, ma ci stiamo lavorando. Il nostro obiettivo è di rispondere sempre più alla domanda di qualità anche sulle annate meno felici, decidendo delle diminuzioni delle rese importanti. Il nostro è un prodotto di cernita che deve sempre garantire uno standard qualitativo elevato ai nostri consumatori. Per esempio, il 2014 non ha avuto un andamento favorevole, ma noi abbiamo abbassato le rese in modo significativo tanto che abbiamo prodotto mediamente solo 12 ettolitri di Amarone ad ettaro. Una resa davvero bassa. Quanto al Recioto dobbiamo capire meglio perché viene sempre meno richiesto. Probabilmente siamo noi che non siamo in grado di interpretarlo, intercettando il gusto dei consumatori di oggi. È un altro aspetto su cui dobbiamo ragionare perché non ci possiamo permettere di perdere una delle nostre bandiere.

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 28 gennaio

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