Anteprima Tre Bicchieri 2020. Miglior vino dolce dell'anno. Vino Santo ‘03 della Cantina Toblino

14 Ott 2019, 14:00 | a cura di
Un vino figlio dell'attesa, sospeso tra tradizione e sostenibilità: è il Vino Santo '03 della Cantina Toblino. Per noi il miglior vino dolce dell’anno.

Più di cinquant’anni fa, nella Valle dei Laghi in Trentino, un gruppo di viticoltori, che precedentemente erano dediti alla coltivazione e alla vendita dell’uva schiava, allora la varietà più diffusa in zona, si unì in cooperativa. Fu così che nacque, nel 1960, la Cantina Produttori Toblino. Da subito il gruppo di vignaioli decise di ripuntare sull’uva nosiola e di riprendere la tradizione del Vino Santo. Nel 1965 Toblino produsse la prima annata del vino da meditazione ottenuto da grappoli nosiola appassiti. E da allora quella tradizione non si è mai arrestata…

Carlo De Biasi e la Toblino

Abbiamo intervistato Carlo De Biasi, attuale direttore generale della Toblino. La dirige da tre anni, dopo un passato di ben 17 anni in Zonin. “Sono Trentino, ho studiato a San Michele all’Adige e poi a Milano Scienze Agrarie. Il mio esordio lavorativo avvenne nel ’92, presso la cantina La Vis. Poi, nel 1999, iniziò la mia avventura alla Zonin. Sono stati 17 anni bellissimi, ho imparato tanto, una vera formazione. Grazie a Gianni Zonin ho girato il mondo e ho visitato tutte le zone vitivinicole del pianeta. Con loro ho lavorato e avviato alcuni progetti legati al bio ai principi di sostenibilità e ciò mi fece conquistare, nel 2013, il premio Green Personality of the Year di Drinks Business”. Poi cos'è successo? “Nel 2016 l’incontro col presidente di Toblino: cercava una persona che dirigesse l’azienda ma che conoscesse la vigna e il lavoro tra i filari. Fu così che, pensando di mettere a frutto ciò appreso negli anni precedenti, decisi di accettare la nuova sfida”.

Cantina Toblino

La Cantina Toblino

La cooperativa può contare su una superficie vitata di circa 880 ettari, coltivate da 600 viticoltori. Molti di loro svolgono altri lavori, alcuni sono già pensionati, ma con tanta voglia di stare in campagna e proseguono l’attività viticola. Altri invece sono giovani e hanno scelto di percorrere questa strada. La Valle dei laghi e le valli limitrofe offrono un territorio ampio e variegato, sia per altitudine sia per esposizione.

Le varietà coltivate sono molte, da quelle a bacca rossa, coltivate fino a circa 250 metri slm, fino ad arrivare a quote di 600 metri ideali per le basi spumanti. Ma ci sono anche vigne a 800 metri, dove si allevano i vitigni bianchi che non temono il freddo. “In effetti l’80% del nostro vigneto è a bacca bianca" prosegue De Biasi "perché tanta è la quota di montagna. Gli appezzamenti sono molto spezzettati, ci sono tante piccole fratte, caratterizzate da alcune vigne minuscole, col loro muretto che le circonda, la pergola e la casetta rurale”. Quale è il cima in questo contesto ambientale? “Il clima è segnato dal vento: la mattina ci sono le correnti fredde che arrivano dalle montagne, poi c’è l’Ora del Garda che va dal lago verso nord. Ciò permette di attuare una viticoltura sostenibile che, nel nostro caso, va nella direzione del biologico”.

Il territorio in cui nasce il miglior vino dolce dell'anno

E non potrebbe essere altrimenti, visto che esiste già il Biodistretto della Valle dei Laghi “È un distretto che unisce la viticoltura al turismo sostenibile, fatto di piste ciclabili e strade di campagna percorribili a piedi. È bello poter fare la nostra parte e preservare la ricchezza anche con l’agricoltura. Per attuare tutto ciò ci vengono incontro alcune cose: la cooperativa possiede un’azienda agricola (parliamo di 40 ettari in biologico) che gestisce in maniera indipendente e questo è un esempio per tanti contadini. Poi c’è, adiacente la cantina, l’Hosteria Toblino (un bel ristorante aperto a pranzo e cena e un wine bar/enoteca con orario continuato ndr) che impreziosisce il rapporto tra soci e cantina: molti di loro vengono qua, vi è la possibilità di comprare o assaggiare vini di altre cantine e sono diversi gli eventi organizzati per accrescere la conoscenza di tutti".

Cantina Toblino

Il Vino Santo. Miglior vino dolce dell'anno 2020

“È il vero patrimonio di questa valle. È ottenuto da uve nosiola, nonostante negli anni passati quest’uva si è coltivata sempre meno, preferendo le varietà ideali per i Metodo Classico di Trento. La nostra cantina non ha mai smesso di scommettere sul vitigno autoctono trentino e, forse anche per questo, da qualche anno i nostri vignaioli riprendono a coltivare la nosiola, in valle gentilmente declinata al femminile”.

Il Vino Santo è sempre stato fatto dalle famiglie della Valle... “Era un elisir, un corroborante, rappresentava il ricostituente della popolazione. Una tradizione che si è persa nel periodo tra le due guerre, ma è stata ripresa nel 1965 dalla Cantina Toblino” ricorda De Biasi.

“Fu il direttore Giancarlo Ciurletti a credere fortemente in questo”. Da allora la produzione non si è mai interrotta e ogni anno si mettono da parte circa 200 bottiglie a rappresentare la memoria storica della cantina. “Si produce allo stesso modo, da sempre. Uve molto mature in vigna e appassimento in fruttaio fino alla primavera successiva. Gli acini si disidratano, evolvono, ma perdono l’80% per cento del loro peso. La dolcezza si concentra, parte la fermentazione, ma poi il vino rimane in affinamento per tanti anni, almeno 15. In tutto questo periodo attraversa la fase ossidativa, ma tutto è aiutato dall’acidità che tiene il vino vitale, dinamico e pronto per affrontare un lungo invecchiamento”.

“Nel bicchiere offre tutte le sfaccettature del tempo che scorre, sia al naso sia al palato. Lo potremo definire il vino della pazienza e dell’attesa. L’attesa dei viticoltori, l’attesa in cantina, l’attesa dei consumatori. Noi ora imbottigliamo dalle 5 alle 7mila bottiglie di Vino Santo. È poco più dell’uno per cento della nostra produzione in bottiglia, ma per noi quel che conta è proseguire la vera tradizione della Valle".

Cantina Toblino - Sarche di Calavino (TN) - Via Lónga, 1 - 0461 564168 – www.toblino.it

a cura di Giuseppe Carrus

Foto di copertina: Ronny Kiaulehn

 

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