Appunti di degustazione dal Merano Wine Festival

15 Nov 2014, 11:00 | a cura di
Il Merano Wine Festival in 5 assaggi. Uno che arriva dalla Spagna (e dal passato: è una vendemmia 1910), uno dall'Ungheria, uno dalla Slovenia, uno dal Carso e uno dall'Alto Adige. Ve li raccontiamo qui.

10.000 presenze, 6500 paganti, 600 produttori coinvolti. Sono i numeri della 23esima edizione del Merano Wine Festival, nato nel 1992. L’elemento chiave? La selezione dei vini, ci spiega il presidente & fondatore Helmut Köcher: “Quest’anno abbiamo assaggiato 5000 vini e selezionato 1200”. Ci sono grandi produttori, microproduttori da tutto il mondo, annate vecchie, e un programma di degustazioni guidate da urlo. Sabato la fiera è andata letteralmente sold out, con gli organizzatori costretti a chiudere gli ingressi. L’identikit di chi viene? “Il pubblico è composto soprattutto da operatori (60%) e un appassionato fortemente motivato (40%)”, continua Helmut. Arriva dalla Sicilia come dalla vicine Austria, Svizzera e Germania: sa che a Merano troverà una qualità media molto elevata e alcuni vini davvero introvabili. Noi vi riportiamo 5 assaggi. Partiamo da un Montilla Moriles ai tempi della rivoluzione messicana.

Montilla Moriles Don P.X. Ginés Liébana 1910 Toro Albalà
È stato imbottigliato nell’agosto del 2006 dopo 96 anni di botte: arriva nel nostro bicchiere a cento-quattro-anni dalla vendemmia. Bottiglia n.878 su appena 1490 campioni prodotti. Colore intenso e scuro, con tonalità rossastre. Spezie: liquirizia, pepe e tè pu-erh, sembra di vederle quelle foglie nere invecchiate. Ancora cacao e prugne disidratate. Un tocco resinoso fa da filo conduttore a queste sensazioni. Palato viscoso, dolce ma con chiaroscuri amari, note ancora terrose, foglie e fichi secchi. E una nota piccante a ravvivare il sapore. Liquido senza tempo.

Chardonnay 1997 Kante
Dall’Andalusia al Carso. In splendida forma questo Chardonnay di Edi Kante. Qui tra la roccia dura compaiono ogni tanto le doline, conche in cui terre fertili si sono accumulate nel tempo, e quindi servono energia e volontà per creare vigneti esposti al sole, beneficiati dall'influsso del mare e ventilati dalla bora. Nel bicchiere toni avvolgenti di bergamotto, pietra focaia e una bocca piena di sapore ma tagliente, con tratti salmastri e un finale cremoso e lunghissimo.

Tokaji Aszu 6 Puttonyos 2006 Istvan Szepsy
Nella verticale questo millesimo ci ha semplicemente impressionato per equilibrio e concentrazione, ha una ricchezza di frutto maturo e delicati toni di albicocca, spezie orientali e una incredibile ricchezza di zuccheri; il tutto è sorretto da una vena acida che lo rende piacevole e scorrevole alla beva, rilanciando e ravvivando il palato. Facile prevedere un’evoluzione di almeno trent’anni di questo bellissimo prodotto ungherese.

Appius 2010 San Michele Appiano
Ecco l’ultimo nato in casa San Michele Appiano. Protagonista lo chardonnay, che acconta per il 70%, con aggiunte di sauvignon, pinot grigio e bianco: è un vino di eleganza e potenza. Armonico, profondo, minerale e fine, è maturato per 3 anni in acciaio sulle fecce fini e 12 mesi in legni piccoli. Ha un delicato tocco fumé che non copre un frutto integro, una freschezza quasi vegetale che ne allunga a dismisura la beva, un’opulenza che non deborda mai. Davvero straordinario.

Sauvignon 2013 Zanut
Chiudiamo con un vino slovemo. Siamo a pochi chilometri dal confine italiano, a Brda, Borut Kocijancic ci propone il suo Sauvignon: un vino di carattere che declina in maniera interessante le note varietali, intenso ma sfaccettato, con tratti appena fumé e una bocca tesa e sassosa. Ha la grinta della persona che l’ha forgiato.

a cura di Lorenzo Ruggeri e Marco Sabellico

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