Breve racconto di una degustatrice di vino

23 Ago 2012, 12:09 | a cura di

Roma brucia, si squaglia. L'auto ha l'impianto di condizionamento rotto da più di un anno. Ma il viaggio va affrontato ugualmente. C'è da continuare con le degustazioni in Piemonte. Un sacco di produttori imbottigliano tardi e non fanno a tempo a spedire le bottiglie alla Città del gusto. E così sono i degustatori ad andare verso il vino. Mentre macini chilometri in autostrada pensi a che lavoro strano, faticoso e bello sia questo. Sei lì che bevi (e sputi), prendi appunti e ti arrovelli sui voti mentre molta della gente che conosci è in qualche viaggio avventura nel mondo o intenta a taggarti nelle foto cieloazzurro/mareblu. Un po' li invidi e un altro po' ti dici: "ma chi altro in piena estate lavora con i sensi come me?". Alla fine si tratta di questo: un naso e un palato allenati e un bloc notes e una penna (o un pc per chi preferisce). E poi vai quasi sempre in posti bellissimi. Metti Dogliani ad esempio. Che è Langa. Ma con la faccia del dolcetto più che del nebbiolo. E se sali in Alta Langa ci trovi i noccioleti e le tume.

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Prima di andare in Bottega - la sede del Consorzio del Dolcetto di Dogliani - si fa colazione al Gran Bar Riviera nella piazza centrale. Un nome da promenade. Cornetti e latte macchiato sono la carezza del mattino. I clienti per lo più sono fissi: maschio sull'over settantina. E parlano moltissimo e lo fanno in dialetto stretto. Qui si legge La Stampa e semmai si compra la Gazzetta d'Alba. In Bottega troviamo un centinaio di vini, soprattutto Dolcetti, anzi Dogliani come vuole la più recente denominazione. Diversi, diversissimi da quelli di Alba e di Ovada. Qui c'è frutto, complessità e finale ammandorlato. Se ce la si fa, hanno lunghe vite davanti. In bottega si va per il vino ma anche per Renzo, che poi ha molti nomi in giro per degustazioni alla cieca. E' colui che apre le bottiglie, le incappuccia, versa il vino. E rimane lì per intere giornate, ascoltando e dicendo la propria. Tu ti chiedi: "ma non si annoia tutti gli anni così?" Evidentemente no. Renzo, il custode dei "giudizi".

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La pausa pranzo la fai in compagnia di un produttore che in questo caso è anche presidente del consorzio. Paolo Boschis è un ragazzone dall'età indefinibile. C'ha vini buoni e amore per queste terre. Un bimbo da poco, un orto che cura la madre e un po' di bestiame in società con altri. Ma lui - dice - gli animali non vorrebbe mai portarli al macello. Preferirebbe vederli in giro per l'azienda. Si riattacca con le batterie e nel pomeriggio il conto alla rovescia ha il suo inizio. Quando sei agli ultimi bicchieri sei lì che pensi di non andare in giro sorridendo e che per lavare i denti ti ci vorrà un po', sennò lo smalto va via.

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La sera è dolce in Langa e non ci sono zanzare. Mangi all'aperto anche con una leggera pelle d'oca. A Contrada Valdiberti ti aspettano il Peck e Sandrino. Tutti e due fanno dolcetto, Orlando Pecchenino e Sandro Barosi, il primo perché che altro avrebbe potuto fare, il secondo per cambio di vita radicale. Si cena bene e alla buona: carne cruda, peperoni, torta di verdure, tajarin al sugo, tume e torta di pesche. Chiude il gelato con una nocciola che fa onore al territorio. Viene dal Bar Roma di Dogliani che dice il Peck è il gelato migliore della provincia. Poca acqua in tavola. Ce ne accorgiamo ai saluti. I giorni successivi sono dedicati al ritiro bottiglie. Mica tutti i produttori spediscono i campioni. Alcuni se ne dimenticano, altri ne fanno motivo di puntiglio: te li do se vieni a prenderteli e facciamo due chiacchiere.

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Passare da Roberto Conterno mette sempre un certo crepacuore. Sei lì che ritiri due bottiglie, una di Monfortino, l'altra di Cascina Francia e sai che esiste la possibilità di inciampare, per quanto bassa, sai che c'è e corri verso il bagagliaio della macchina per scongiurare il pericolo. In cantina c'è un gruppo di stranieri in visita. Il tempo è dedicato a loro; il degustatore seriale ripasserà se vuole fare qualche domanda. La Giacomo Conterno tanto è lì, a Monforte d'Alba, in tutta la sua monumentalità. Qui c'è anche Rocche dei Manzoni. Rodolfo Migliorini ha faccia da ragazzo serio, che di brutte cose ne ha viste. Quel pezzo di Langa è tutta la sua vita. E' anche la sua estate dove preferisce passare le ferie che in realtà non ha. Le mogli da queste parti sono quasi tutte in Liguria al mare e con loro i figli. L'azienda Migliorini è un continuo work in progress. Rodolfo usa parole come "crescita" "miglioramento" "acquisto di ettari" "nuove tecniche colturali", "il Vietnam, mercato del prossimo futuro". Meglio del tandem Monti-Passera in fatto di fiducia. Da lui si ritira Barolo, ma anche Metodo Classico, il famoso Valentino.

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Da Guido Porro - a Serralunga d'Alba - si arriva per pranzo. Chissà se a Guido gliel'ha detto già qualcuno che assomiglia a Kevin Spacey. Ma la trama di American Beauty è così lontana da questa piccola cantina che non avrebbe senso spiegarla. Il cru Lazzarito è tra i più belli di Langa e i Barolo Lazzairasco e Santa Caterina sono tradizionali e in sintonia con le colline. Tra qualche anno ci sarà anche un Vigna Rionda, altro nome di vigna-mito da queste parti. Per una spartizione ereditaria, Guido ne ha ricevuto quasi mezzo ettaro. Un vecchio ceppo di vite è in terrazzo, come una pianta ornamentale. Mentre assaggiamo i grossi pomodori dell'orto - i cuori di bue - immaginiamo come sarà quel vino. Il grosso di Vigna Rionda è andato a Davide Rosso, dell'azienda Giovanni Rosso sempre di Serralunga. Qui il vino esiste: sono circa 1000 litri di 2007, già belli che andati, ovvero venduti. L'etichetta porta il nome di Tommaso Canale. Il 2011 è lì a farsi bello grazie al tempo che passa. Poi un giorno ci sarà il Vigna Rionda di Davide Rosso e basta ( che si chamerà Ester Canale Rosso, la mamma di Davide).

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Per ora lui gira per i filari in maniera ossessiva, attenta. Una parte del vigneto - 0,40 ettari - è quella originaria del 1946. Ha un apparato fogliare bellissimo, tralci lunghissimi e poca uva. (Qui Davide alle prese con la zappa). Il resto è stato estirpato e reimpiantato. Verso sera si va a vedere il tramonto nella nuova cantina di Domenico Clerico a Monforte d'Alba. Sì, proprio quella che fa storcere il naso a tanti. Quella con il tetto ricoperto d'erba, con le travi di ferro sporgenti, quella che sembra troppo grande per un produttore da 120mila bottiglie circa. Se vai sul sito web, nella voce "azienda" trovi una parola che non compare quasi mai nelle "mission" dei produttori. La parola è "rabbia". Molto del senso di quest'opera architettonica è tutta lì: nel lavoro chino e poi nel riscatto, nel dolore privato che diventa etichetta di successo - Percristina - e in tutto quel bianco e in quell'efficienza tecnologica che sembrano dire "questa è tutta farina di Domenico e Giuliana".

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Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4 Normal 0 14 false false false IT X-NONE X-NONE MicrosoftInternetExplorer4 E' il racconto di una vita e la nuova cantina ne è l'emblema. Il "bottino" è nel retro dell'auto. Le bottiglie verranno rivestite di stagnola e si passerà alla degustazione alla cieca. Nei bicchieri si mescolano pomodori e risate, bagnet verd e preoccupazioni. Il voto bisogna darlo, perché così funziona il "gioco serio" della guida. Il resto del racconto è tutto lì, intorno a quel numero a due cifre.

Francesca Ciancio

23/08/2012

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