Grandeur alcolica: il brandy francese invade i mercati

10 Ott 2011, 16:50 | a cura di

Distillare percolati di vinaccia e di feccia non è come distillare il vino. Si tratta di materie prime diverse, con costi diversi, ma che danno origine entrambi a un prodotto che può essere chiamato 'acquavite di vino'. La prima pratica è ampiamente diffusa in Francia, che ricava così gran parte dell

a produzione di brandy di vino, la seconda è utilizzata in Italia e Spagna.

 

Da circa due anni, i prodotti francesi stanno invadendo i mercati europei, favoriti dai costi di produzione ridotti; quelli italiani e spagnoli, invece, sono in grave difficoltà per ovvie ragioni di costo. Il paradosso è che tutto questo accade in barba alle regole sulla concorrenza.

 

Il motivo? Una legge francese che, nel 2005, ha consentito in via sperimentale di distillare per usi alimentari i sottoprodotti della vinificazione, ma che negli anni è diventata la prassi, nonostante le proteste dei produttori e malgrado questo metodo sia considerato scorretto dai regolamenti comunitari (il 491/2009, il 110/2008).

 

Lo sa bene Assodistil, l'associazione italiana che raccoglie 60 distillerie industriali (circa il 95% della produzione di acquavite nazionale), che sta combattendo una guerra contro quella che il presidente Antonio Emaldi non esita a definire “una frode ai danni dei consumatori, che condiziona il mercato, mette a rischio il futuro delle distillerie italiane e della filiera vitivinicola”. Si stima che i francesi, con questo sistema, abbiano prodotto nel 2010 ben 35 milioni di bottiglie di brandy (da 75cc a 40 gradi).

 

L'Italia, che ha una quota di mercato del 30-35% rispetto al 50% della Spagna (rappresentata dagli omologhi della Adevin), produce in media 60milioni di bottiglie all'anno, per un giro d'affari di circa 50 milioni di euro. “Ma i francesi – avverte Emaldi – sono in grado di produrre tre volte i volumi attuali, andando a coprire il 40% del mercato”. Conti alla mano: a Italia e Spagna produrre un litro di acquavite costa 2,5 euro, mentre alla Francia costa meno della metà, 1,2 euro al litro.

 

“Per produrre acquavite occorre distillare vino e non utilizzare a uso alimentare ciò che dovrebbe essere usato per scopi industriali”, aggiunge Emaldi che descrive bene questa distorsione del mercato: “I francesi ritirano le fecce, le chiamano 'vino di decantazione' in distilleria e poi battezzano il prodotto come brandy”. “E' chiaro – spiega – che se andiamo a vendere lo stesso prodotto in un mercato non particolarmente raffinato come l'Est Europa, la differenza la fa proprio il prezzo. E l'Italia, che esporta l'80% della produzione di brandy, è fuori gioco”.

 

E l'Europa, che cosa fa? Dopo diverse denunce agli organismi europei e interrogazioni presentate nei mesi scorsi da eurodeputati italiani (tra cui il presidente della Commissione agricoltura, Paolo De Castro) e spagnoli, la Commissione Ue ha avviato una procedura d'infrazione nei confronti della Francia. Manca, però, ancora il parere motivato che sta alla base della procedura. “Ci troviamo in un limbo, con la campagna di distillazione alle porte – dice il direttore di Assodistil, Lara Sanfrancesco – e senza conoscere i motivi del ritardo di Bruxelles”.

 

La questione è delicata e coinvolge gli interessi di un Paese molto influente all'interno dell'Ue, come la Francia. L'imbarazzo dell'Europa è palese. La Commissione si giustifica con gli adempimenti burocratici necessari. Chi sta coprendo la grandeur alcolica di Parigi?

 

di Gianluca Atzeni

10/10/2011

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