I big del vino italiano scommettono sul biologico

7 Giu 2017, 12:05 | a cura di

Biodistretti, finanziamenti, marchio bio Italia: ecco cosa dice la nuova legge in discussione al Senato e come cambia l'approccio all'agricoltura green. Per il presidente Aiab โ€œรจ il vino il settore piรน virtuosoโ€.

Partito dal basso, come prerogativa dei piccoli produttori e con un mercato di nicchia spinto soprattutto dai consumatori del Nord Europa, oggi il biologico sembra aver conquistato anche i big del vino italiano, che in pochi mesi hanno notevolmente allungato e arricchito la lista dei โ€œconvertitiโ€. All'inizio dell'anno ha annunciato la nuova rotta il brand Berlucchi, in un territorio โ€“ la Franciacorta โ€“ giร  avvezza alla sostenibilitร . La risposta dell'altro metodo classico italiano non si รจ fatta attendere, con la conversione del colosso Ferrari (conversione che riguarda tutte le tenute del gruppo Lunelli). Ed รจ di poco piรน di un mese la notizia del primo vino bio delle Cantine Lungarotti nella Tenuta di Montefalco, mentre anche Sella&Mosca, dopo il passaggio di proprietร  (da Campari a Terra Moretti), ha deciso di avviare il nuovo corso su tutti i 541 ettari della tenuta. E la lista potrebbe continuare.

Il tutto, mentre รจ stata approvato alla Camera la legge italiana sul bio - Disposizioni per lo sviluppo e la competitivitร  della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico - che dovrebbe regolamentare il settore anche a livello nazionale.

Ma c'รจ un fil rouge che lega tutto questo fermento sostenibile e che continua a fare adepti?

 

Se la domanda nazionale supera la produzione

Prova a dare una risposta il presidente di Aiab (Associazione Italiana per l'Agricoltura Biologica) Vincenzo Vizioli: โ€œSe parliamo di agricoltura biologica in generale, una cosa รจ evidente: nell'ultimo biennio, per la prima volta, รจ cresciuta la domanda interna. In passato il biologico era relegato o alla filiera corta o alle esportazioni. Oggi siamo in una situazione in cui la domanda italiana supera addirittura la produzione, visto che i piani di sviluppo rurale non hanno fatto niente per incoraggiare questo tipo di agricolturaโ€ spiega ancora e conclude: โ€œRispondere alla crescita dei consumi con l'importazione di prodotti bio non รจ la strada giusta, bisogna intervenire con la Pac e i Psr, altrimenti non si fa investimento sul futuro e si rischia di trasformare un'occasione importante in un'occasione persaโ€.

In questo contesto, il mondo vitivinicolo si trova, perรฒ, giร  ad un altro step, come sottolinea anche Vizioli: โ€œIl vino รจ stato sempre la metafora dei salti di qualitร  dell'agricoltura italiana. Dopo lo scandalo del metanolo si รจ riqualificato in ogni modo possibile. Oggi รจ difficile che un vino non abbia piรน di una certificazione, e quella bio รจ molto frequente: credo che a breve diventerร  il primo prodotto di tutto il settore biologicoโ€ e aggiunge โ€œLa vera novitร  - che riguarda le cantine, ma non solo โ€“ รจ che i grandi produttori non vogliono assolutamente perdere questo treno. Al di lร  delle agevolazioni fiscali โ€“ il vino ha i premi piรน alti sulla conversione ad ettaro - per le cantine รจ sicuramente un modo per rispondere al mercato e reggere alla concorrenza, che ormai รจ altissima. Estendendo il discorso e parlando di grandi marchi in genere, c'รจ da dire che ormai, il boom di domanda รจ arrivato a certi livelli che รจ stato perfino sdoganato il vecchio dilemma per cui fare un prodotto bio, significava rimettere in discussione tutto il lavoro passato. Basti guardare a nomi come Coop, Mulino Bianco, Barilla, che affiancano, senza remore, la linea classica a quella verdeโ€. Insomma, messo da parte l'antagonismo tra prodotti tradizionale e prodotti bio, l'urgenza oggi รจ esserci. In tutti i modi. Ad un discorso prettamente di mercato, si aggiunge, poi, la non meno importante, questione etico-ambientale. La spinta che non puรฒ mancare per trasformare l'idea del biologico in realtร .

 

L'importanza dei biodistretti. L'esempio Ferrari

โ€œCredo che in futuro fare vino bio non sarร  un requisito per vendere di piรน, ma per rimanere sul mercatoโ€, ci dice Marcello Lunelli, vicepresidente di Cantine Ferrari, che quest'anno hanno ottenuto la certificazione biologica. Si tratta solo dell'ultimo tassello green per il gruppo Lunelli: โ€œAbbiamo iniziato la conversione dalla Toscana (Tenuta Podernovo) nel 2009, ritenendo che il clima fosse quello piรน adatto per iniziare questa esperienza. รˆ stata una sorta di scuola guida, che ci ha portato a estendere la conversione anche all'Umbria (Tenuta Castelbuono), proprio nel momento in cui รจ stato possibile finalmente utilizzare la dicitura vino biologico e non vino da uve biologiche (come era fino al 2012, prima dell'entrata in vigore del regolamento Ue n. 203/2012; ndr). Parallelamente abbiamo iniziato anche a Trento, un lavoro su 100 ettari di vigneto, da 9 diversi masi. Qui abbiamo subito capito che ce l'avremmo fatta, ma con tempi piรน lunghiโ€. La certificazione, infatti, รจ appena arrivata, ma per la prima bottiglia Ferrari bio si dovrร  ancora attendere.

 

Tempi e burocrazia

โ€œรˆ giusto seguire i tempi della naturaโ€ continua Lunelli โ€œtenendo ben presente che non sono quelli del marketing o dell'industriaโ€. Ovviamente, poi, per una realtร  come quella Ferrari c'รจ anche un altro problema da affrontare: estendere la conversione anche a tutti i conferenti, oltre 500 famiglie del territorio e fare in modo che tutti ottengano la certificazione. โ€œAbbiamo sempre adottato la filosofia 'prima dai il buon esempio e poi diffondi le buone pratiche'. Per questo giร  da anni abbiamo diffuso tra i nostri conferenti un protocollo interno, fondato su un'agricoltura salubre e di montagnaโ€. Quali sono le difficoltร ? โ€œChiaramente โ€“ e qui veniamo ad una criticitร  del sistema โ€“ la burocrazia finisce per diventare un ostacolo per realtร  frammentate come quella trentina, dove l'azienda media non arriva a un ettaro di vigneto. Cosรฌ, in questo momento, c'รจ chi ha giร  la certificazione, chi sta per ottenerla, chi ha iniziato il percorso. Noi supportiamo i viticoltori in questo cammino, ma sarebbe molto piรน semplice avere la possibilitร  di fare da vero e proprio capofila, da regista di questo virtuoso cambiamento. Come? In questo momento la legislazione non aiuta le aggregazioni: ogni singolo contadino deve fare le pratiche per la propria certificazione. Per il futuro auspichiamo che cantine come la nostra - o ad esempio le cantine sociali - possano fare da referenti per gli altri, sgravando, cosรฌ, il contadino da enormi adempimenti burocratici e fiscali. Un po' sull'esempio della certificazione del sistema di qualitร  di produzione integrataโ€.

Lunelli interviene, poi, sui biodistretti (previsti anche dal decreto legge attualmente in discussione): โ€œNel nostro territorio esiste giร  il biodistretto della Valle dei Laghi e sta per nascerne un altro, quello di Trento. Due bellissime iniziative di cui siamo stati promotori e sostenitori: probabilmente รจ questo il futuro. Ad oggi stiamo arrivando al 10% della superficie del territorio certificata o in conversione. Piccoli passi per grandi rivoluzioniโ€.

 

Come rendere piรน appealing la conversione. La proposta di Berlucchi

Se il Trentodoc puรฒ contare sulla conversione del suo brand principale, non sono da meno le altre bollicine metodo classico italiane. In Franciacorta l'attenzione all'ambiente รจ sempre stata molto alta, tanto che oggi sono 965 gli ettari vitati bio e 898 quelli in conversione. Tra questi c'รจ anche Berlucchi, che ha ottenuto la certificazione a partire dalla vendemmia 2016, mentre รจ in corso la conversione dei conferitori. โ€œIn realtร , il passaggio allโ€™agricoltura biologicaโ€ dice l'ad Arturo Ziliani โ€œรจ il risultato di un percorso iniziato quasi 20 anni fa, anni in cui gradualmente abbiamo eliminato alcuni prodotti, ora considerati nocivi, e altri invece di sintesi. Abbiamo scelto di salvaguardare sia il territorio che le persone che nel territorio operano, una decisione legata allโ€™etica e al senso di responsabilitร  socialeโ€. Ziliani, che รจ anche l'enologo della tenuta, ci spiega quali sono le maggiori difficoltร  legate alla conversione: โ€œPrima di tutto lโ€™imprevedibilitร  del meteo in vigneto, e quindi la riorganizzazione dei mezzi e delle persone coinvolte, che devono necessariamente essere tempestive negli interventi. Inoltre, la conversione, processo triennale โ€˜adattativoโ€™ del vigneto alle nuove condizioni di gestione biologica, prevede inizialmente lโ€™eliminazione di tutti i prodotti non ammessi nei protocolli bio, con una ricaduta importante sui costi produttivi, rappresentati dal maggior rischio legatoโ€. Forte della sua esperienza il produttore fa poi una proposta, che potrebbe in un certo senso incrementare il numero di cantine virtuose: โ€œPerchรฉ non introdurre una sorta di certificazione intermedia, che vieti, per esempio, lโ€™uso di diserbanti chimici o di altri fitosanitari impattanti? Sarebbe un modo per rendere il bio piรน 'appealing' agli occhi dei produttori piรน scetticiโ€.

 

Lungarotti: bio e sostenbile. Le due facce della stessa medaglia

Di solito la scelta biologica รจ solo il coronamento di un percorso sostenibile, giร  costellato da altri protocolli o certificazioni. Com'รจ il caso di Cantine Lungarotti, che proprio da qualche mese hanno lanciato sul mercato il primo vino bio - ILBIO, Umbria Rosso Igt 2015 (10 mila bottiglie) - dalla tenuta di Turrita di Montefalco (20 ettari giร  convertiti e certificati). Un cammino iniziato negli anni '90: prima con l'installazione di capannine meteo che hanno ridotto l'uso di fitofarmaci del 30%; poi con lโ€™immissione a diverse profonditร  di sonde antispreco nel terreno, in grado di razionalizzare il bisogno idrico delle vigne. Infine, l'adesione al progetto Energia dalla vite, di cui la Tenuta di Montefalco era stata cantina pilota italiana, raggiungendo l'autonomia termoenergetica del 70%. โ€œLa conversione bio vera e propriaโ€ spiega Chiara Lungarotti โ€œรจ avvenuta a partire dal 2010, con la certificazione arrivata nel 2014. Abbiamo iniziato da Montefalco, perchรฉ รจ piรน facile la gestione territoriale. Piรน complicata sarebbe la conversione a Torgiano, dove gli ettari sono molti di piรน e dove la tenuta รจ composta da tante piccole realtร  frammentate. In ogni caso, anche qui, l'attenzione per l'ambiente ci ha portato quest'anno ad aderire al progetto Viva (Valutazione dellโ€™Impatto della Vitivinicoltura sullโ€™Ambiente, attraverso i quattro indicatori: aria, acqua territorio, vigneto; ndr) del Ministero dell'Ambienteโ€. La scelta della certificazione bio, invece, รจ anche una forma di trasparenza nei confronti del consumatore, come spiega la produttrice umbra: โ€œรˆ un'informazione in piรน che gli si dร , uno strumento per scegliere, in un periodo storico in cui c'รจ una maggiore consapevolezza e sensibilitร  verso i temi ecologici. รˆ chiaro che, in questo modo, sono aumentati burocrazia e controlli, ma anche questo fa parte del giocoโ€. Un gioco molto serio che si chiama attenzione all'ambiente.

Ddl sulla produzione biologica italiana. Il commento del presidente Aiab

E intano, รจ in corso l'iter per lโ€™approvazione del ddl Disposizioni per lo sviluppo e la competitivitร  della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico, dopo l'approvazione dello scorso mese alla Camera. Si tratta di una legge quadro, rispetto a un settore regolamentato a livello europeo, che dovrebbe definire alcuni punti, quali il ruolo delle regioni e degli enti di controllo o gli incentivi e i sostegni al settore. โ€œPurtroppoโ€ commenta Vincenzo Vizioli (presidente Aiab) โ€œil testo รจ stato depotenziato dalla scelta del Mipaaf di non intervenire su vigilanza e controlli che invece, avrebbe necessitato di un intervento coordinato e piรน puntuale, con maggiori sanzioni per chi sbagliaโ€. Altro punto critico, secondo Vizioli รจ โ€œil reperimento dei fondi per il settore: da anni dalla cosiddetta tassa sui pesticidi, introdotta da Pecoraro Scanio, si recuperano 10 milioni di euro, ma al bio ne vanno solo 2 milioniโ€. Dubbioso il presidente Aiab anche sull'introduzione del logo โ€œBio italianoโ€: โ€œLe etichetteโ€ dice โ€œiniziano ad essere un po' troppo piene, tra indicazione degli organismi di controllo, componente nutrizionale, logo europeo, sigle varie. Diventa difficile e inutile introdurre il logo italiano, sopratutto se non preceduto da una campagna di comunicazione enorme che lo renda riconoscibile, cosรฌ come hanno fatto in Francia.

Tra i punti di forza, il paragrafo sulle sementi e il diritto degli agricoltori a scambiarseli o a venderli. โ€œI brevetti devono essere di chi li coltivaโ€ spiega il Vizioli โ€œรจ una forma di sovranitร  alimentare in cui crediamo moltoโ€.

 

I numeri del bio

Il biologico rappresenta oggi un settore in controtendenza. Se i consumi generali sono in diminuzione, quelli bio sono in crescita in tutti i comparti: le vendite nella grande distribuzione sono passate dagli 873 milioni di euro del 2015 a oltre un miliardo di euro nel 2016 (dati AssoBio). La Gdo รจ, quindi, diventata il canale di vendita piรน importante, superando persino i negozi specializzati (circa un migliaio). Aggiungendo vendite dirette degli agricoltori, gruppi di acquisto, vendite online e altri canali quali mense scolastiche e ristorazione commerciale si toccano i 2,7 miliardi di euro. Cresce anche l'export che, nel 2015, ha fatto arrivare il fatturato complessivo a 4,3 miliardi di euro, accrescendo anche la propria incidenza sul totale alimentare, passata dal 2,5% nel 2015 al 3% nel 2016 (nel 2010 era solo allโ€™1,5% secondo Assobio).

 

a cura di Loredana Sottile

 

Questo articolo รจ uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 1 giugno Abbonati anche tu se sei interessato ai temi legali, istituzionali, economici attorno al vino. รˆ gratis, basta cliccare qui

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