Il Prošek croato “minaccia” il Prosecco italiano?

17 Lug 2021, 15:28 | a cura di
La Croazia chiede all’Unione europea la tutela della menzione per il Prošek, il vino passito tradizionale della Dalmazia. Ma i termini appaiono in conflitto. E la spumantistica Made in Italy insorge in nome del diritto alla tutela del marchio a denominazione ottenuto nel 2009.

Quella che per l’Italia è un’azione a difesa contro il tentativo di sfruttare la notorietà di un marchio appartenente dal 2009 al sistema Prosecco, in quanto registrato tra le Ig dell’Ue, per la Croazia è un “sabotaggio da parte dell’industria italiana” del legittimo tentativo di tutelare l’originalità del vino Prošek, che vanta tradizioni e storia secolari. Due nomi simili per due vini diversi.

Prosecco vs Prošek

Il primo: uno spumante metodo Charmat, bianco e rosato, declinato per lo più dal brut all’extra dry, prodotto in Veneto e Friuli Venezia Giulia da uve Glera in oltre 600 milioni di bottiglie (considerando Asolo Docg, Conegliano Valdobbiadene Docg e Prosecco Doc); il secondo: un vino fermo, ambrato, dolce da dessert, ottenuto con basse rese dall’appassimento di varietà autoctone (tra cui Plavac Mali, Bogdanuša, Pošip, Maraština, Vugava, Rukatac) nella Dalmazia centrale e meridionale (nicchia da alcune decine di migliaia di bottiglie) realizzato principalmente da piccoli produttori, soprattutto nell’isola di Hvar. Il recente tentativo della Croazia di chiedere a Bruxelles la tutela comunitaria per questo prodotto (dopo un primo passo stoppato nel 2013, anno del suo ingresso in Ue, quando il Prosecco era già una Dop in ascesa) ha scatenato l’opposizione italiana: dalla Federvini alla Coldiretti, dal sottosegretario Mipaaf, Gian Marco Centinaio, al presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, fino all’Associazione colline del Prosecco Unesco.

Questione di diritto

La questione, piuttosto che economica per i possibili – ma scarsi – effetti sulla concorrenza da parte del Prošek croato sul Prosecco italiano, riguarda il diritto italiano a proteggere un marchio comunitario, nel rispetto del Regolamento Ue 1308/2013 sulle Dop e le Igp. L’Italia tiene il punto per non creare un pericoloso precedente e, ovviamente, ricorda bene l’analoga vicenda del Tokaj: denominazione assegnata al vino ungherese col divieto per gli italiani di usare dal 2007 il nome Tocai. Anche qui vini differenti, tradizioni differenti ma termini simili. La richiesta del Prošek croato – è quanto spera l’Italia – potrebbe apparire agli occhi dell’Ue un tentativo di sfruttare la notorietà di una denominazione d’origine protetta

Le lettere al Commissario Wojciechowski

L’europarlamentare Paolo De Castro (S&D) è intervenuto scrivendo direttamente al Commissario Ue all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, per chiedere di evitare la pubblicazione della richiesta croata in Gazzetta ufficiale Ue (Guce). Dal canto suo, l’esperto europarlamentare croato Tonino Picula (anch’egli nel gruppo S&D) ha fatto altrettanto sottolineando al Commissario Ue che “non c’è alcuna somiglianza tra i vini, tranne quella di alcune lettere del nome. I viticoltori croati” ha scritto Picula “si sono dimostrati aperti al compromesso aggiungendo l’aggettivo ‘dalmata’”, sottolineando che le accuse di imitazione degli italiani “sono offensive per la nostra tradizione e per i vignaioli” e, infine, che la protezione del patrimonio culturale è “fondamentale soprattutto per gli Stati membri più piccoli in questi tempi difficili”.

Decisione Ue entro l’estate

La decisione Ue sul Prošek è attesa entro l’estate. In caso di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, ci saranno 60 giorni per la procedura di opposizione da parte italiana, preannunciata nei giorni scorsi dal ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, che ha confermato la linea politica e che al prossimo Consiglio Ue incontrerà, molto probabilmente, una delegazione croata: “Dobbiamo tutelare il Prosecco, che è un valore soprattutto delle zone del Nord-Est. Ci sono tutti gli strumenti per preservare il Prosecco in quanto tale” ha sottolineato “e non dobbiamo ripetere gli errori che abbiamo fatto con altre denominazioni”.

a cura di Gianluca Atzeni
foto in apertura: LC click da Pixabay

Questo articolo è tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 15 luglio 2021 – Gambero Rosso 

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