Il vino? In casa invecchia quattro volte più che in cantina

6 Mar 2014, 16:15 | a cura di
Una ricerca della Fondazione Mach rileva che una temperatura troppo alta scatena reazioni che portano alla formazione di composti mai osservati prima, impoverendo anche il prodotto.

L'età chimica del vino aumenta di quattro volte se questo viene conservato in casa e non in cantina. Lo hanno certificato i ricercatori della Fondazione Mach di San Michele all'Adige in uno studio pubblicato sulla rivista Metabolomics, in cui si dimostra che l'invecchiamento del vino aumenta di quattro volte se questo è custodito tra le mura domestiche (al buio) a una temperatura tra 20 e 27 gradi, rispetto alla temperatura di cantina tra 15 e 17 gradi e umidità del 70%. Ben 400 bottiglie di Sangiovese sono state attentamente monitorate, grazie a un progetto finanziato dal Mipaaf, con strumenti che consentono di misurare contemporaneamente l’evoluzione di circa un migliaio di composti presenti nel vino.

E il risultato è stato sorprendente, perché la modalità di conservazione induce reazioni nel prodotto e ha creato nuove classi di composti: “Sei mesi in appartamento fanno raggiungere al vino una età chimica che corrisponde a un affinamento di due anni nelle condizioni ideali di cantina”, spiega Fulvio Mattivi, coordinatore del Dipartimento qualità alimentare e nutrizione della Fondazione Mach, e autore della pubblicazione. Sono diverse le reazioni chimiche che modificano il vino e la loro velocità è indotta dalla temperatura. Ad esempio, nel vino conservato in ambiente domestico la colorazione diventa più aranciata e l’anidride solforosa (conservante presente in tracce nei vini) si combina con il tannino formando una classe di composti, mai osservata prima, di derivati solfonati di catechine e procianidine, favorendo un invecchiamento precoce.

C'è anche per quanto riguarda l'aspetto salutistico non ci sono vantaggi: in due anni gli antociani (i pigmenti rossi estratti dall’uva) sono diminuiti del 30% in cantina e dell’80% in ambiente domestico. "La temperatura" aggiunge Mattivi "induce l’idrolisi dei flavonoli glicosidi, in particolare dei derivati della quercetina, e porta alla diminuzione di svariati composti, tra cui l’acido pantotenico (vitamina B5)".

I consigli? Produttori, ristoratori, enoteche e distributori, come sottolineano gli autori dello studio(Daniele Perenzoni, Panagiotis Arapitsas, Andrea Angeli e Giuseppe Speri) dovrebbero verificare se i loro locali siano idonei alla conservazione ottimale dei vini, specie nei mesi caldi, e in caso contrario valutare quale sia la conservazione massima da non superare, se queste condizioni ideali non possono essere assicurate. Bastano infatti pochi gradi in più per rendere un locale non idoneo a una conservazione prolungata.

Per leggere la ricerca clicca qui
Per leggere l'articolo sulla rivista Metabolomics clicca qui

a cura di Gianluca Atzeni

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram