Il vino nella morsa della Gdo

9 Nov 2011, 16:51 | a cura di

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La battaglia all'ultimo centesimo è appena iniziata ed è già durissima. Tra produttori e imbottigliatori, da un lato, e Grande distribuzione, dall'altro, i colpi non se li sono mai risparmiati. Ma l'anomalia dell'annata 2011, con prezzi delle uve in forte risalita (anche del 40%-50%, veder

e articolo a pag.2), scorte esigue, vendemmia a -20%, consumi interni in continua flessione, ha costretto tutti, produttori e commercianti a rivedere i piani e ha scaldato gli animi alla vigilia delle trattative per i nuovi contratti di fornitura.

 

Il tema è: chi dovrà farsi carico di questi aumenti? Sono giorni di febbrili incontri, questi, tra i buyer dei maggiori gruppi (Coop, Conad, Esselunga, Auchan, etc.) e i grandi produttori-imbottigliatori (Giv, Caviro, Caldirola, Cevico, per citarne alcuni) che nella Gdo realizzano la quasi totalità del loro fatturato (per avere un'idea, basta dare un'occhiata alla tabella qui accanto). Sul tavolo, i listini dei vini che troveremo negli scaffali da gennaio.

 

E le prime schermaglie ci sono già state, se si pensa che uno dei vini più popolari come il Tavernello (quinta etichetta più venduta al mondo, con 90milioni di litri) ha rischiato (complici anche una serie di pregresse incomprensioni negoziali) di non essere più venduto da Conad (che detiene il 10% circa del mercato Gdo).

 

Clima infuocato. “I produttori sono alle prese con l'aumento dei costi – spiega a Tre Bicchieri Marco Gobbi, direttore commerciale di Giv – mentre la Gdo sostiene che gli acquisti sono in calo, che il consumatore va tutelato in periodi di crisi e che, quindi, non si possono ritoccare i prezzi”.

 

Su questo punto è molto chiaro Quirico De Cordi, presidente della Federazione nazionale del commercio dell'Unione italiana vini (1,5 miliardi di giro d'affari): “Abbiamo a che fare con una Gdo aggressiva e sempre più in lotta competitiva tra insegne. Ma noi siamo arrivati ormai a un punto di incomprimibilità. I nostri costi di produzione e i margini sono al limite. Soprattutto quest'anno, in cui manca il vino da tavola, quello più venduto nella Gdo, la scarsità di produzione sia italiana sia europea, Spagna compresa, ha fatto lievitare i prezzi anche del 50%”.

 

“La Gdo deve capire che questa è un'annata anomala – rileva Lauro Giovannini, dg di Cevico (marchi diffusissimi come Galassi, Ronco e San Crispino, col 90% del fatturato nella gdo italiana e 5mila soci) – e che negli ultimi 3-5 anni i produttori sono stati sottopagati. Ecco perché il sacrificio, qusta volta, lo dovranno fare loro, contenendo i margini, gestendo il mercato in maniera più equilibrata ed evitando il forte rischio chiusura per molte aziende vitivinicole. Dovremo pretendere, allora, che l'aumento sui listini sia applicato dal 1° gennaio e non, come avviene di solito, da aprile-maggio. Litigheremo anche duramente ma poi troveremo un accordo. Fare muro non serve, perché da questa situazione si esce soltanto assieme”.

 

Il punto dolente lo affronta con Tre Bicchieri Sergio Dagnino, direttore di Caviro (l'azienda del Tavernello, 180milioni di litri annui, leader in Gdo con una quota mercato del 9,5% e il 95% del suo fatturato proveniente dalla Gdo): “Gli aumenti dei prezzi ci saranno, noi li chiederemo, ma i buyer ci ripetono che in questo caso, con prezzi più alti del 20%-25%, il nostro prodotto sarà considerato di punta e non più di massa. E' accaduto coi nostri prodotti all'estero, dove stiamo chiudendo in questi giorni i contratti”. “Ma il grande rischio – avverte – è che, in questo modo, si verifichi un calo degli acquisti e che i consumatori puntino alle promozioni”.

 

Non c'è alternativa agli aumenti sugli scaffali anche per Michele Radaelli, ad di Caldirola, uno dei maggiori imbottigliatori (+24% di vendite in Gdo a ottobre, una quota del 4,6% e fatturato previsto di 63 milioni per il 2011): “A essere penalizzati saranno i vini comuni e i contenitori di grandi capacità, per i quali si prevede un +20%, rispetto al +10-15% del formato 0,75”.

 

E i buyer della Gdo?Spesso fanno finta di non sapere o di non capire la situazione” risponde Radaelli. Ma un effetto negativo, in ogni caso, ci sarà. I grandi marchi dei vini popolari saranno costretti a ridurre la pubblicità e le iniziative di marketing.

 

di Gianluca Atzeni

09/11/2011

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