Il vino visto dai giovani. Indagine sui millennials d’Italia

16 Apr 2018, 10:00 | a cura di

Hanno tra i 38 e i 18 anni, sono curiosi, cercano consigli in rete, sono attenti alla sostenibilità, amano la condivisione con la comunità digitale. È questo l'identikit dei millennials, la generazione Y, a cui i mercati mondiali hanno dato l'arduo compito di far ripartire l'economia. Ma saranno davvero loro a risollevare le vendite di vino in Italia? Trovate l'articolo completo nel numero di aprile del mensile del Gambero Rosso.

 

Sul fronte vino l'Italia è un paese particolarmente sensibile. Dal famoso scandalo del metanolo, in 40 anni i consumi sono crollati passando da 114 litri pro-capite di vino del 1970 a 37 litri del 2016. Nel mezzo ci sono fattori sociali e cambiamenti di vita che hanno fatto perdere al vino la sua funzione di alimento e fornitore di energia. Oggi, secondo i dati forniti da Wine Monitor-Nomisma, i consumi italiani di vino si attestano sui 22,5 milioni di ettolitri. Di questa torta, i millennials rappresentano una fetta di appena l'11%, mentre la Generazione X (quella precedente: 1965-1979) ne rappresenta il 34%. Ben diversa la situazione Oltreoceano, dove su un consumo di 30 milioni di ettolitri, i millennials occupano la porzione più ampia (42%), contro il 20% della Generazione X. Una riflessione è, quindi, doverosa: quando si parla di Generazione Y bisogna ben tenere presente in quale parte del mondo ci troviamo: non tutti i millennials sono uguali. E, tuttavia, non si può ignorare il fatto che, in un sistema dei consumi globalizzato, quello che succede a 10 mila km di distanza ci riguarda come se fosse dietro l'angolo.

Cavatappi e un cappello di diploma. Disegno di Maurizio Ceccato

Vino&giovani. I numeri

Ma torniamo al Belpaese e ai millennials di casa nostra. Quali sono le loro abitudini di consumo? Quanto sono disposti a spendere per una bottiglia di vino? Quali fattori li spingono all'acquisto?

Prima di tutto, si noti come la partita vino-birra non abbia ancora dei vincitori netti: il 65% delle preferenze va alla bionda; il 64% al nettare di bacco. A distanza, con il 46%, troviamo i superalcolici. Per quanto riguarda, i luoghi di consumo, il 55% dei millennials preferisce bere fuori casa contro il 45% che preferisce il consumo dentro le mura domestiche. In particolare, per quel che riguarda il vino consumato at home, il canale di acquisto preferito rimane la grande distribuzione (45%). Segue l'acquisto direttamente dal produttore (28%) e in enoteca (17%). Mentre l'e-commerce stenta ancora a sfondare, rimanendo ancorato ad un modesto 3%. Per quel che riguarda il consumo fuori casa, al primo posto, tra i luoghi preferiti, troviamo i ristoranti (34%), seguiti da enoteche (27%), bar/pub (24%) e trattorie/pizzerie (14%).

In base al canale, va da sé, cambia anche la spesa media. Il consumo domestico si attesta su un prezzo medio a bottiglia di 6 euro, mentre quello fuori casa è di 13,5 euro (4,5 euro per il calice). Risultano, poi, molto ravvicinate le preferenze in termini di tipologia di vino: 76% per vino rosso; 75% per il bianco e 74% per gli spumanti. Si noti, però, come in sei anni (dal 2010 al 2016) a crescere di più sia stata la categoria delle bollicine (+11%). Ma cosa attrae di più le nuove generazioni di una bottiglia di vino? Se guardiamo al packaging, senza dubbio: bottiglie personalizzate (35%) ed eco-sostenibili (31%). Se, invece, ci riferiamo alle caratteristiche del vino: vitigni autoctoni (31%), sostenibilità (26%), biologico (18%).

Infine, una breve considerazione. Se ai millennials potrebbe essere legato il consumo futuro di vino, rimane il fatto che la percezione che questa generazione ha del vino è legata per lo più al passato. Alla richiesta di Wine Monitor di associare un aggettivo al vino, le riposte sono state: tradizione per il 36%; occasioni speciali per il 13%; cultura per il 12%. Forse anche da questo si deve ripartire, per mantenere, sì, intatta la tradizione, ma accompagnandola con i concetti più easy di creatività e condivisione.

Un calice di vino rosso rotto. Disegno di Maurizio Ceccato

La nostra ricerca

Fin qui arrivano dati e ricerche di mercato disponibili, ma se gli istituti di analisi segnalano un mondo del vino piuttosto scollato dal mondo dei giovani, nelnumero di aprile del mensile del Gambero Rosso abbiamo lavorato per testare questo postulato. Come? Rivolgendoci agli operatori del mercato e ai clienti stessi.

 

a cura di Stefania Annese e William Pregentelli

disegni di Maurizio Ceccato

 

QUESTO È NULLA...

Nel numero di aprile del Gambero Rosso, un'edizione rinnovata in questi giorni in edicola, trovate tutta la ricerca. Abbiamo coinvolto le enoteche, gli enotecari, i loro consumatori (ad ogni enoteca abbiamo chiesto di indicarci un cliente millennial e lo abbiamo intervistato) e poi i sommelier. Alle enoteche abbiamo domandato quanti giovani hanno tra i loro clienti, cosa acquistano, quanto spendono, che livello di competenza hanno e cosa fa l’enoteca stessa per avvicinarli. Ai clienti millennials che le enoteche ci hanno indicato abbiamo chiesto invece cosa comprano, quanto spendono, in che luogo consumano maggiormente, se partecipano alle fiere e perché si sono avvicinati a questo mondo. Infine ai sommelier – Michele “Oste” Alesiani (Osteria Pepe Nero, Cupra Marittima), Valentina Bertini (Terrazza Gallia, Milano), Alfredo Buonanno (Kresios, Telese Terme), Luca Gardini (Osteria Casa di Mare, Forlì), Giacomo Gironi (Al Mercato, Milano), Alberto Piras (Aimo e Nadia, Milano), Marco Reitano (La Pergola dell'Hotel Rome Cavalieri, Roma), Francesco Romanazzi (Pastella, Roma), Gianni Sinesi (Reale, Castel di Sangro), Matteo Zappile (Pagliaccio, Roma) – abbiamo rivolto tre domande secche: come vedi il rapporto vino-giovani, come è cambiato negli anni questo rapporto e cosa si può fare per migliorarlo. Dalla lettura complessiva di tutti i contributi scaturisce una fotografia non banale del mondo del vino italiano in relazione alle giovani generazioni.

 

Il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store

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