Intervista a Maurizio Martina: “Il 2016? L'anno della semplificazione”

28 Dic 2015, 09:30 | a cura di

Dalla giungla del Ttip al nuovo sistema autorizzativo, dal Testo unico al record dell'export. Il Ministro fa il punto: “L'Italia è di nuovo primo produttore vinicolo, ma deve essere anche il più forte sul mercato. Ora i 7,5 miliardi al 2020 non sono un miraggio

MaurizioMartinasi gusta, in salsa bergamasca, il primato produttivo mondiale tutto italiano e il nuovo e quasi certo, e consecutivo, record delle esportazioni di vino del 2015 (le stime parlano di oltre 5,4 miliardi di euro) e non esclude affatto la possibilità che l'Italia possa raggiungere addirittura i 7,5 miliardi di euro da qui al 2020, avallando quindi la previsione fatta un anno e mezzo fa dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, durante il Vinitaly del 2014. “Non è un miraggio”, spiega fiducioso il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali in questa intervista esclusiva, che spazia dal tema dei complessi accordi Ttip tra Europa e Stati Uniti (nel cui ambito il vino stenta a entrare nel negoziato) al nuovo sistema delle autorizzazioni, che entrerà in vigore dal primo gennaio del prossimo anno.

Martina affronta anche il tema legato ai complicati meccanismi della promozione del vino all'estero attraverso i fondi dell'Ocm vino, che ha suscitato qualche mese fa non pochi malumori nella filiera italiana; e c'è spazio, ovviamente, per il tema caldo della lotta alla burocrazia nei confronti della quale, assicura Martina, il governo Renzi sta facendo tutto il possibile per semplificare la vita delle imprese vitivinicole, che da molto tempo indicano le pastoie burocratiche come il peggior fardello in grado di minare la loro competitività sui mercati mondiali.

Il lavoro intrapreso fin dall'inizio del suo mandato, come ricorda il titolare del dicastero di Via XX Settembre, ha tra gli obiettivi quello di risolvere questo odiato problema per i viticoltori italiani. Dal primo gennaio, infatti, sarà operativo il Registro unico dei controlli e, contemporaneamente, è stato avviato il processo di dematerializzazione dei registri vitivinicoli; così come ad aprile si attende l'ok del Parlamento al Testo unico del vino. Ecco perché il 2016, secondo Martina, sarà l'anno della semplificazione.

 

Ministro Martina, lei è al Mipaaf da febbraio 2014. Quasi due anni, nei quali ha avuto modo di conoscere meglio il settore vitivinicolo. Quali sono i pregi e i difetti dell'ambiente?

Quando parliamo di vino parliamo di saper fare italiano. Questo grazie alla professionalità e alla competenza dei nostri produttori che in questi anni hanno saputo affrontare il mercato e crescere. Se guardiamo a come si è trasformata la nostra produzione dagli anni Ottanta a oggi, cogliamo appieno le potenzialità che abbiamo ancora davanti. Dopo una crisi terribile abbiamo saputo accelerare, puntando sulla qualità e vincendo una scommessa difficile. Oggi siamo tornati primi produttori mondiali, dobbiamo essere anche i più forti sul mercato. In questa sfida il Governo è in campo al fianco delle aziende, con un obiettivo primario che stiamo portando avanti da due anni: semplificare loro la vita.

 

Export di vino italiano oltre 5,4 miliardi di euro nel 2015. L'obiettivo è quasi raggiunto. A suo avviso, quanto impiegheremo a toccare quota 7,5 miliardi, come stimato dal presidente Renzi? Ma soprattutto ci arriveremo?

Stiamo raccogliendo i frutti di un lavoro importante, che ha visto uniti il sistema privato delle aziende, i player fieristici e le istituzioni. Finalmente facciamo squadra all’estero, ma possiamo ancora migliorare. Con Expo abbiamo avuto un’opportunità unica e gli oltre 2 milioni di visitatori che sono entrati al Padiglione del Vino italiano danno il senso dell’operazione portata avanti. Dobbiamo capitalizzare questo lavoro e affrontare con strumenti giusti i mercati a miglior potenziale. Gli Stati Uniti, per esempio, dove possiamo migliorare sul fronte del valore. I 7,5 miliardi di euro al 2020 non sono un miraggio.

 

Accordi Ttip, il tema del vino e della protezione delle Ig non sta entrando tra gli argomenti del negoziato tra Ue e Usa, che hanno evidentemente altre priorità. Significa che difendere le nostre eccellenze nell'importantissimo mercato americano (il primo per i vini italiani) resterà comunque molto complicato?

Chiariamo un aspetto: il Ttip è un'opportunità per le due sponde dell’Atlantico, ma solo se riusciamo a dare adeguata protezione al nostro sistema di qualità e alle nostre Ig. Nessun pericolo per la salute, perché nessun accordo commerciale può modificare le leggi europee sugli standard sanitari, ma serve tutela per i “brand geografici” che sono uno degli asset più importanti per il nostro agroalimentare. Su questo abbiamo impegnato la Commissione con il mandato negoziale, ma stiamo andando oltre. Proprio a Expo abbiamo organizzato l’Assemblea mondiale delle Indicazioni geografiche e in quell’occasione per la prima volta si è aperto un lavoro comune tra l’associazione dei nostri consorzi food Aicig, Federdoc e l’associazione americana dei Common food names (Ccfn; ndr). È un primo risultato che può segnare un’inversione di tendenza.

 

A proposito di promozione del made in Italy all'estero, nella recente assemblea dell'Alleanza delle cooperative il viceministro Calenda ha detto “basta sprechi”. E anche nel settore vino, nonostante l'Italia abbia utilizzato tutte le risorse a disposizione del Piano nazionale di sostegno (336 mln di euro), è forte la richiesta di ottimizzare e selezionare meglio i progetti. In che modo si può raggiungere questo obiettivo e in che tempi?

Stiamo lavorando proprio per concentrare le risorse e azzerare gli sprechi. Il vino è riuscito a utilizzare il 99% delle risorse Ocm a disposizione: un modello. Sul fronte delle promozione possiamo migliorare ancora e su questo punto dobbiamo mettere d’accordo anche le Regioni.

 

Perché non c'è ancora un'unica cabina di regia sulla promozione estera?

Più che di una cabina di regia, abbiamo bisogno di lavorare bene all’estero per promuovere il sistema Italia, unito.

 

Nuovo sistema dei diritti di impianto. Dal 2016, l'Italia avrà a disposizione per crescere l'1% annuo di superficie. Ci sarà bisogno, a suo avviso, di chiedere all'Europa l'aumento di questa percentuale in sede di revisione della Pac di medio termine nel 2017?

Intanto, dobbiamo sfruttare bene il potenziale che abbiamo. Lo scorso anno abbiamo evitato di perdere 47 mila ettari di vigneti, dando il via libera al trasferimento dei diritti anche tra Regioni diverse. Negli ultimi anni, abbiamo visto un calo costante degli ettari vitati, quindi oggi siamo impegnati a far partire bene il nuovo regime. Nel primo anno, siamo pronti a fare i dovuti controlli di funzionamento e le eventuali richieste.

 

Testo unico del vino: il viceministro Andrea Olivero, ma anche l'onorevole Luca Sani, di recente hanno parlato di approvazione definitiva tra marzo e aprile. Significa che entro Vinitaly 2016 lei potrà dire di aver dato un bel colpo alle lentezze burocratiche, mal sopportate dalla gran parte dei produttori. Quali i concreti vantaggi per le cantine?

È un atto fondamentale e confido in una rapida approvazione per completare il lavoro che stiamo facendo per il vino. A gennaio parte il Registro unico dei controlli ed è in corso la fase sperimentale per dematerializzare 64 mila registri vinicoli. Col Testo unico si possono ulteriormente rafforzare le norme di semplificazione e dare un contesto legislativo ordinato al settore. Può essere uno strumento che aumenta la competitività delle imprese vinicole.

 

Chiudiamo con le bollicine, italiane, che stanno facendo bene sui mercati esteri. Ci dica che pensa di questo fenomeno e poi ci sveli quale bottiglia aprirà per festeggiare Natale e Capodanno: Trento Doc, Franciacorta, Asti, Oltrepò Pavese o Prosecco?

Lo spumante italiano sta battendo ogni record e ne dobbiamo essere orgogliosi. Siamo in grado di competere su tutte le fasce di prezzo, con prodotti di eccezionale qualità e senza temere il confronto con nessuno. Per le feste, come da tradizione, sceglierò solo vini italiani.

 

Un’ultima domanda: il recente decreto sull’olio di oliva ha scatenato reazioni molto dure, comprese quelle dei produttori. Sotto accusa l'ipotesi di depenalizzazione del reato di contraffazione. Ci può chiarire la situazione? Perché un altro provvedimento se abbiamo già la ‘legge Mongiello’?

Prima di tutto dobbiamo chiarire che non c’è stata una depenalizzazione del reato di contraffazione. Il decreto, invece, aumenta fortemente le sanzioni amministrative e prevede ulteriori sanzioni per fattispecie nuove, che oggi non sono punite. Facciamo un esempio concreto: prendiamo un olio che reca in etichetta la corretta indicazione di ‘miscela di oli di oliva originari dell’Unione europea e non originari dell’Unione’, e ha anche, sulla confezione, una bandiera italiana. Oggi, questa fattispecie non è sanzionata. Con il decreto legislativo lo sarà. Ecco perché c’è bisogno di questo provvedimento, per cui intendiamo lavorare ancora con le Commissioni per integrare la “legge Mongiello”, in coerenza con la Commissione Caselli.

 

a cura di Gianluca Atzeni

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 23 dicembre

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