Itinerario sui lieviti: Franciacorta

8 Mag 2012, 10:29 | a cura di

In cinquant'anni la Franciacorta ha saputo cambiare marcia, rinnovando immagine e offerta vinicola. Ecco il nostro percorso.

 

Il punto di ritrovo è il delizioso giardino del

ank">Relais Franciacorta a Colombara di Corte Franca, il tempo di presentarci e siamo già in viaggio. Fuori è scoppiata l’estate, nessuno ha il coraggio di dirlo, ma è il proverbio sul destino delle mezze stagioni ad accompagnarci fino alla prima fermata. Fughiamo ogni dubbio: il nome Franciacorta non ha nulla da spartire con i cugini d’Oltralpe, il riferimento sono le “curtae franche”, ovvero quelle comunità di monaci benedettini che già dall’Alto Medioevo avevano bonificato e coltivato queste terre in cambio di un’esenzione dalle tasse; si trattava dunque di un’area franca dai dazi, prove ante litteram di libero commercio.

 

 

Sullo sfondo c’è il Lago d’Iseo abbracciato dalle montagne ancora innevate, ci muoviamo tra filari curatissimi, eccoci arrivati alla cantina Ferghettina. Ci accoglie Laura Gatti, enologa, che assieme al fratello Matteo e al padre Roberto lavorano in questa azienda a conduzione familiare dal 1991: oggi è una delle realtà più affidabili del panorama italiano. I riconoscimenti sono stati tanti – nel 2011 è arrivato anche il premio Bollicine dell’anno dal Gambero Rosso – ma ciò che ci colpisce è proprio l’approccio umile, semplice, spontaneo. Laura ci racconta la storia della cantina, ripassiamo con lei tutte le lenti fasi del metodo classico, i dosaggi, le tipologie del disciplinare. “Qui in Franciacorta la vite ha una storia millenaria, ma la storia delle bollicine e di una viticoltura di qualità ha solo 50 anni”.

 

Visitiamo la cantina, poi scatta la degustazione. In abbinamento grana e un ottimo salame, vero vanto della casa. Tutti con il naso nel bicchiere: “Il Satèn 2008 è cremoso, equilibrato, davvero eccezionale”, per Antonio, fresco sommelier Ais. Ma tutta la batteria è di grande livello, chiudiamo con la Riserva 33 2004, che affina ben 7 anni sui lieviti. “Potrebbe quasi competere con un piccolo champagne”, sussurra Laura. Propone delicate note di erbe aromatiche e un tratto al palato davvero avvolgente.  Riprendiamo il nostro mitico pullmino; a pranzo ci fermiamo in un luogo dove tempo e sapori sembrano essersi fermati ad altro periodo storico, ovvero l’Osteria La Villetta, con alloggio, a Palazzolo sull’Oglio. In tavola due creazioni di Maurizio Rossi: prima le Farfalle con il ripieno del salame, carote e zucchine, in un divertente gioco di consistenze, poi le Penne al forno con ragù di vitello e fonduta di parmigiano. “Semplice ma molto saporito questo piatto. Proverò a cucinarlo”, è il monito di Maria Rosaria, siciliana ma lavoratrice a Forlì.”

 

 

Nel secondo caso l’abbinamento con un Extra Brut è fenomenale, sgrassa e ravviva al meglio il palato. Da provare e riprovare. Eccezionale la successione di sapori nel secondo: involtino di verza ripieno di carne di maiale, polpettine e guanciale stufato con salsa verde.  Poi finale a sorpresa con il sontuoso gelato Love Difference, a bese di hulvà, una pasta di sesamo tipica dei paesi arabi. “E’ un omaggio dell’artista Pistoletto al Mediterraneo.“Sono sapori che uniscono e legano questi territori”, ci racconta la proprietaria. Mentre ci allontaniamo Michele, ingegnere elettronico milanese, mi confessa: “Ci porterò sicuramente i miei clienti. Questo posto è straordinario”.

 

Abbiamo scaldato i motori, altro giro e altra cantina: Ca’del Bosco. Altri numeri rispetto alla cantina della mattina, altro tipo di approccio per questa che è una tra le aziende più blasonate d’Italia, all’avanguardia dal punto di visto tecnologico. Opere d’arte contemporanea si alternano a barrique, laboratori di ricerca, per scendere poi  nello splendido caveau che accoglie le bottiglie in affinamento. Alla fine del percorso degustiamo all’aperto, davanti alle vigne. Satén e Dosaggio Zero, per passare alla cuvée Anna Maria Clementi 2004.  Le sue note di cioccolato bianco, anice e la sua lunghissima persistenza ci accompagnano durante il ritorno in albergo per un meritato riposo. Poi un aperitivo a bordo fontana e stiamo già scalando i tornanti che ci conducono a Brione.

Mezze maniche rigate tiepide con mozzarella biologica, agoni del lago d'Iseo e menta; poi Fusilli con carciofi, polpette di Fassone, con una spolverata di liquirizia, sapori ben legati che si sposano idealmente al grintoso Nature di Enrico Gatti. Un po’ di stanchezza si fa sentire, ma il tris di secondi mette tutti d’accordo: stracotto d’asino, il manzo all’olio e la Pecora della Valcamonica sulla piastra di sale. “Questo piatto vale da solo il viaggio”, è il coro del tavolo. Scopriamo anche un piccolo produttore di vino locale, La Valletta, con il suo Pinot nero Pendio, sapido e vibrante. “Serata da incorniciare in compagnia di Michele Valotti, chef del locale da 14 anni.


Dal balcone della Trattoria La Madia godiamo di una vista puntellata di luci sulla vallata. Si tiene qui il secondo evento Voiello, in tavola arrivano

 

Domenica mattina lasciamo la Franciacorta in favore di Brescia, secondo comune lombardo per popolazione, con il suo centro storico pedonale poco esplorato ma delizioso. Colazione di lusso tra le comode poltroncine bianche del Bar Pasticceria Zilioli con un caffè 100% arabica astratto ad arte – obbligatorio il bis - e un tripudio di dolci. I cannoli alla crema? Da urlo. Poi camminiamo prima tra Piazze della Loggia, dove rendiamo omaggio alle vittime della strage, poi il Duomo e via tra i vicoli fino ad arrivare all’Osteria la Grotta. Per l’ultimo pranzo ci concediamo dei tipici Casoncelli al Bagoss, formaggio locale; Brindiamo con il bianco più rappresentativo del Garda, l’ottimo Lugana dell’azienda Ca’ dei Frati. A tavola si parla di viaggi, di scelte di vite, siamo tutti sulla stessa onda. Ultimo brindisi, poi rompiamo le righe. 

 

Lorenzo Ruggeri
maggio 2012

 

Per scoprire tutti i percorsi previsti: > gli Itinerari del Piacere Vero Voiello

 

 

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