L’Etna colpisce ancora. Perché tutti vogliono fare i vini del Vulcano?

8 Mag 2017, 13:00 | a cura di

L'ultimo in ordine di arrivo è Angelo Gaja, ma da anni non si arresta il flusso di big della viticoltura che approdano alle pendici della Montagna, mentre aumentano i prezzi dei terreni. E non è finita: tutti - vecchi e nuovi - sono pronti ad espandersi ancora.

A’ muntagna, come gli etnei chiamano il vulcano, è diventato il nuovo Eldorado siciliano. Una sorta di terra promessa, a cui un sempre maggior numero di imprenditori - siciliani ma anche di altre regioni - è approdato o è in procinto di approdare. I terreni di origine vulcanica, le grandi escursioni termiche, la ventilazione, l’età avanzata dei vigneti, spesso pre-fillosserici, insieme a varietà d’uva (nerello mascalese, nerello cappuccio, carricante, minnella, ecc.) perfettamente in simbiosi con il territorio e l’ambiente, esercitano un’attrazione irresistibile su chi si vuole cimentare con l’eleganza e non con la struttura.

 

Una lunga storia

Alla fine dell’'800 la provincia di Catania aveva - situazione speculare rispetto a quella odierna – quasi il doppio degli ettari vitati (91.806) di Trapani (59.558 ettari) e di Siracusa (57.136 ettari). Ai primi del ’900, a seguito dell’invasione della fillossera, la superficie vitata si dimezzò, raggiungendo i 41.000 ettari negli anni Cinquanta per poi scendere a 14.500 nel 1985-1987 (Fonte Pastena, 1989) e declinare ulteriormente. L’attuale cambio di tendenza è iniziato nei primi anni Novanta grazie al ruolo di apripista dell’azienda Benanti, ed è tuttora in pieno svolgimento. Nonostante il clamore mediatico suggerisca altri numeri, i vigneti iscritti attualmente alla Doc Etna sono poco più di 700 ettari, mentre le aziende che presentano vini imbottigliati sono circa 140.

 

La domanda e l’offerta

Se la domanda di terre e vigneti continua a crescere, l’offerta risulta vivace e articolata sui vari versanti del vulcano: particelle più piccole nel versante nord, dimensioni maggiori nel versante sud. L’abbandono dei vigneti è un fenomeno ancora in corso nei 20 comuni dove è possibile produrre l’Etna Doc: l’età avanzata dei vecchi proprietari, il mancato turnover generazionale, la dimensione degli appezzamenti – quasi i 2/3 delle vecchie aziende vinicole hanno superfici inferiori all’ettaro e l’80% non supera i 2 ettari – risultano troppo piccoli per ricavare un reddito in grado di coprire le spese, insieme alle difficoltà di trovare manodopera specializzata sono fattori che vanno aggiunti alle oggettive difficoltà di coltivazione causate dai vigneti terrazzati e in forte pendenza dove le operazioni colturali sono difficilmente meccanizzabili e, quindi, comportano costi di lavorazione molto elevati. Le frequenti eruzioni del vulcano, inoltre, hanno ulteriormente favorito l’abbandono dei vigneti valutabile in almeno un centinaio di ettari all’anno. Dal punto di vista dei prezzi gli appezzamenti che sino a un paio di anni valevano circa 60 mila euro a ettaro, oggi vengono offerti a quasi il doppio, 100 mila ma anche 120 mila euro: le quotazioni fondiarie sono in fibrillazione.

 

Gli ultimi investimenti sull'Etna: Gaja e Donnafugata

L’arrivo in zona di nomi famosi del vino italiano - l’ultimo in ordine di tempo Angelo Gaja che ha acquistato 21 ettari di vigneto nella zona di sud ovest, in società con Alberto Graci dell’omonima azienda di Passopisciaro - non fa altro che confermare la tendenza in atto e accresce ulteriormente la fama - e il desiderio - di territorio etneo. “Perché l’Etna?”ha detto Gaja a Cronache di Gusto “Era una cosa che sentivo sotto pelle da un po’ di tempo: è il luogo di vini eleganti, difficili da capire e che per destino faccio anche qui in Langa. Tutto questo mi affascina molto. Faremo le cose senza fretta, passo dopo passo. Arrivo sull’Etna per imparare. E per raccogliere frutti che non ho coltivato io”.

Sono numerose le aziende, specialmentesiciliane, che hanno volutocimentarsi con i vini del vulcano. Sull’Etna Donnafugataha recentemente acquistato, tutti in zona Doc, 13 ettari di nerello mascalese e 2 di carricante, sul versante nord, a Randazzo, nelle contrade Monte La Guardia, Allegracore e Calderara. Racconta Josè Rallo: “Mio fratello Antonio e io ci abbiamo pensato a lungo, prima di procedere all’acquisto. Abbiamo valutato la possibilità di produrre vini unici, assolutamente particolari che in ogni caso non avrebbero svolto un effetto di cannibalizzazione nei confronti della nostra gamma produttiva. Insomma, abbiamo voluto aggiungere un altro tassello alla proposta di vini della nostra azienda”.

 

Gli altri big che fanno i vini del Vulcano

Firriatoha acquistato terreni sull’Etna in tempi non sospetti, alla fine degli anni Novanta. A quei tempi l’azienda teorizzava la programmazione del suo futuro “sullo sviluppo dei territori di frontiera per produzioni di alta gamma e allo stesso tempo di comunicazione e immagine”. Per questo l’Etna già veniva considerato un “laboratorio naturale al servizio dell’eccellenza. Attualmente” spiega Federico di Monte Jato “abbiamo 25 ettari di vigneti sia nel versante nord est, in Contrada Verzella, posti ad una altezza di 600 m. s.l.m, mentre a nord, a un'altitudine di 900 m., si trovano i vigneti di Contrada Sant’Antonio e Contrada Montedolce. L’obiettivo è di arrivare a 45 ettari ma acquisire nuove proprietà è difficile, infatti i prezzi dei terreni da impiantare e o da bonificare vanno 75.000 a 120.000 euro, i vigneti partono da 120.000 in su, e non ultima considerazione, la difficoltà trovare buone giaciture”.

Andrea Franchetti, già conosciuto per la Tenuta di Trinoro in Toscana, nel 2000 dopo una escursione sull’Etna decise di rilevare e restaurare un baglio abbandonato a Passopisciaro, una frazione del comune di Castiglione di Sicilia, che ha dato il nome alla omonima tenuta. Franchetti descrive così la magia di questo parte dell’Etna: È un vantaggio fare il vino in questo posto che tradisce la comune meteorologia e vive racchiuso nella stranezza climatica, è un posto vergine e deserto dove regnano immagini potenti che vengono fuori da forze senza nome. Queste immagini si fanno corteggiare per anni senza lasciarsi capire del tutto, ma possono trasmettere uno stile attraverso le vinificazioni e la viticoltura”. La Tenuta di Passopisciaro è considerata un punto di riferimento per la critica enologica.

Andiamo avanti. Per l’azienda Planeta, arrivare sull’Etna ha richiesto un lungo lavoro di ricerca, iniziato nel 2002 e terminato nel 2006. Oggi la Tenuta Sciaranuova, nei pressi di Passopisciaro, si estende per 25 ettari – ma presto se ne aggiungeranno altri 5-6 - a un’altitudine di 800 metri, mentre la cantina Feudo di Mezzo risale al 2012. “Per noi” ci dice Santi Planeta l’Etna è stato il completamento del progetto di presenza nei territori storici della Sicilia, ed è stato il primo lontano dalla nostra sede di Menfi”.

Anche Tasca d’Almerita voleva ampliare gli orizzonti aziendali. Dopo le acquisizioni di Salina (Capofaro), Monreale (Sallier de La Tour), l’Etna è stato un avvicinamento graduale e nemmeno più di tanto programmato. Alberto Tasca lo racconta così: “Inizialmente sono stati tanti assaggi di bottiglie che mio fratello Giuseppe ci portava ogni volta che si recava in zona: tutti vini con caratteri di eleganza spiccati, di personalità molto marcata e di struttura più esile rispetto ai nostri di Regaleali. Per tre anni abbiamo comperato un po’ dappertutto delle uve da vinificare, per capire quali fossero le zone migliori. Nel 2007 la scelta è caduta su Randazzo, nella zona nord est, dove i vigneti sono immersi nei boschi di castagno e di rovere”. Poi è stata la volta della cantina a Passopisciaro. Attualmente sono 18 gli ettari vitati ma l’obiettivo, ci annuncia Alberto Tasca, è raggiungere i 25 ettari.

 

L'Etna di Salvo Foti

In questo contesto di grande fermento, Salvo Foti, che ha una storia di trentennale frequentazione con la viticoltura etnea, di cui è un grande conoscitore, mette l’accento anche su un’altra tendenza che si sta delineando: “L’Etna ha una lunga storia vitivinicola che non ha nulla da invidiare a quella della Borgogna o del Piemonte. Diversamente da queste aree, però, l’imbottigliamento non è mai stato una priorità e ciò ha pesato sulla sua vicenda produttiva. Oggi stiamo vivendo un momento di grande confusione e di improvvisazione fatto anche di vini inventati. Ma il tempo è galantuomo e si vedrà”. Infatti si assiste a quel fenomeno già visto negli anni Novanta in Toscana, quando numerosi professionisti pensarono di trasformare la casa in campagna in un’azienda vinicola con qualche migliaio di bottiglie, non necessariamente di qualità eccelsa, da vendere sul mercato. Il successo vuol dire anche questo.

 

Gli arrivi degli ultimi 12 mesi 

  • luglio 2016 Giovanni Rosso acquista 14 ettari in contrada Montedolce (Castiglione di Sicilia)
  • luglio 2016 Tasca d'Almerita acquista cantina più 6 ettari in contrada Marchesa (Castiglione di Sicilia), in aggiunta a quelli già acquistati nella zona di Randazzo
  • settembre 2016 Donnafugata acquista la cantina Terre dell’Etna in contrada Statella (Randazzo)
  • aprile 2017 Cantine Europa acquistano una cantina a Valverde, attraverso la neonata società Due Sorbi
  • aprile 2017 Angelo Gaja acquista 21 ettari (15 già vitati) in società con Alberto Graci nella zona di Biancavilla

 

La Doc Etna

La zona geografica delimitata comprende parte dei territori di 20 comuni della provincia di Catania e ha la forma di un semicerchio attorno al vulcano, aperto sul versante occidentale. La viticoltura insiste per l’80% su suoli di origine vulcanica e, per il restante 20%, su suoli alluvionali e occupa territori che hanno una altimetria compresa tra i 300 ed i 900 m. slm, con punte sino ai 1.100 m. Il disciplinare prevede la produzione di Etna bianco; Etna bianco superiore (solo a Milo); Etna rosso; Etna rosso riserva; Etna rosato; Etna spumante (la prima produzione di metodo classico risale all’Ottocento per opera del Barone Spitaleri). La Doc, per ogni comune, prevede la possibilità di indicare le Contrade come menzioni geografiche aggiuntiva.

 

Giro di cantine sulla Circumetnea

Anche l'enoturismo vuole la sua parte. Così, sull'Etna dal 22 aprile scorso si è rimesso in moto il treno dei vini, la storica Circumetnea che fa il giuro dei paesi alle pendici del Vulcano. Il tour parte dalla stazione di Riposto per arrivare fino a Randazzo e proseguire a bordo dei bus Around Etna alla volta di alcune cantine del territorio: Antichi Vinai, Cantine Russo, Cottanera, Firriato, Palmento Costanzo, Planeta, Tenute di Fessina, Tornatore, Scilio, Vivera, Al-Cantàra, Destro, Feudo Vagliasindi, Madaudo. Un viaggio al ritmo lento della Muntagna, guidato dai sommelier dell'Associazione Strade del Vino dell'Etna. Per maggiori informazioni trenodeivinidelletna.circumetnea.it

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Questo articolo è uscito sul nostro settimanale Tre Bicchieri del 4 maggio 2017

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