La nascita della BertAngelini: tutti i retroscena

12 Dic 2011, 17:04 | a cura di

Appena firmato il contratto, giovedì 1° dicembre, nello studio del notaio di famiglia (la famiglia Bertani) a Verona, i due amministratori delegati del gruppo farmaceutico Angelini, Jordi Ballestè e Alberto Capponi, si sono messi subito al lavoro.

 

Obiettivo: arrivare al più presto -

dopo due anni di snervanti trattative (che hanno messo ko altri pretendenti assai meno pazienti e finanziariamente disponibili come i Lunelli delle Cantine Ferrari e i Marzotto dell'azienda Santa Margherita) - alla fusione tra la Tenimenti Angelini (cinque cantine, tre in Toscana, una in Friuli e l'ultima nelle Marche; 1,5 milioni di bottiglie e 8,5 milioni di euro di fatturato) e la Casa Vinicola Bertani, grande produttore di Amarone, 2 milioni di bottiglie e 12 milioni di fatturato.

 

L'operazione va ben al di là delle "possibili sinergie positive" di cui parla il comunicato con cui le due aziende annunciavano il deal. Secondo quanto risulta a Tre Bicchieri, il gruppo Angelini (1,2 miliardi di fatturato, colosso dei farmaci Otc e socio di Procter&Gamble per la linea Pamper e Lines) ha tutta l'intenzione di "valorizzare" il suo investimento nella Bertani la cui acquisizione è costata,"oltre alla salute dei negoziatori  continuamente sballottati dai cambiamenti di idea della famiglia" (come rivela una fonte professionale), circa 50 milioni di euro, considerando il valore del marchio, dei terreni (65ha vitati della Tenuta Novare) e un magazzino di oltre 150mila bottiglie, tutta la storia dell'Amarone dal 1958 ad oggi.

 

Non è stato facile neanche arrivare a una "due diligence" (ci hanno lavorato l'investment banker milanese Gianni Tamburi e gli analisti di Kpmg) perchè l'architettura azionaria della Bertani era (ed è ancora) complicatissima, quasi barocca, con una serie di holding (alcune spa, altre srl), costituite nel tempo per rispondere alle esigenze economiche dei vari rami della famiglia che oggi conta quattro fratelli e una dozzina di nipoti. Tutto questo, dal 1993 in poi, è stato tenuto insieme da Emilio Pedron, l'uomo di fiducia della Popolare di Verona, il manager chiamato (dal vecchio banchiere Giorgio Zanotto) alla guida del gruppo dopo la scomparsa di Guglielmo Bertani, leader riconosciuto da tutti i membri della famiglia.

 

Con gli anni la situazione si è deteriorata: da un lato Alda Bertani, vedova del conte Ottavio Arvedi, con i suoi quattro figli e i sette nipoti; dall'altro il fratello Gaetano Bertani (titolare anche della Tenuta Santa Maria della Pieve dove produce Amarone) che non ha accettato l'offerta di Angelini e non ha ceduto il suo 30% della casa vinicola. "Basterebbe un aumento di capitale per farlo fuori" dicono a Verona. Eppure il buon Pedron cerca di mediare.

 

di Giuseppe Corsentino

12/12/2011

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