Lago di Caldaro: Charta canta

4 Mag 2012, 17:30 | a cura di

Frutto fragrante, una beva fresca e piacevole senza però nulla togliere all'eleganza e alla complessità e una grandissima versatilità per gli abbinamenti con il cibo. Il vino del futuro? Questo purtroppo non si può sapere, ma quello che si può trovare nel lago di Caldaro (Kalterersee) è

sicuramente uno dei vini di territorio più interessanti nel panorama nazionale, che da qualche anno a questa parte sta vivendo un momento di gloria.

Parliamo di un vino ottenuto dalla schiava grossa (o edelvernatsch in tedesco), che quest'anno ha trovato la sua migliore espressione nel Puntay Lago di Caldaro Classico Superiore 2010 della cantina Erste+Neue. Una realtà cooperativa, quest'ultima, che coinvolge più di 400 produttori della zona (per un totale di circa 260 ettari) e che, producendo circa un milione di bottiglie all'anno, ha conquistato quote importanti di mercatop in Italia e all'estero. Non si tratta però di un'eccezione: quello di Caldaro è un territorio che nella qualità e nella fedeltà a questo vitigno storico sta dedicando anima e corpo, soprattutto grazie a una stretta collaborazione tra i produttori. Obiettivo finale la valorizzazione dei vini e del territorio. Una realtà teoricamente impensabile in alcune zone della nostra penisola...

In Italia - e non solo – succede spesso che una singola azienda vitivinicola faccia da apripista per quanto riguarda innovazione o tecniche di produzione. Qui in Sud Tirolo però il merito spesso non va al singolo, ma piuttosto a una rete che ha fatto sistema. Nel caso di Caldaro ecco nero su bianco una sorta di disciplinare chiamato La Charta del Lago di Caldaro. Si tratta di un codice deontologico per i produttori che ormai è attivo da un paio di anni, ma che è stato il frutto di un lavoro iniziato nel 2001. La Charta, che prevede rigidi parametri qualitativi in vigna ed in cantina (niente arricchimenti, ad esempio, e uve da vigne di oltre trent'anni, vendemmia manuale...) ha quindi dato un nuovo slancio alla produzione e all'immagine di questo vino che in passato non ha vissuto periodi di gloria, soprattutto negli anni '60 e '70 quando i vini a base di uve schiava venivano venduti in tini ed esportati in Germania e Svizzera.

Oggi però, con vigne che arrivano tranquillamente ai 70-80 anni di età, e godono di un ecosistema unico, e grazie a una sapiente opera di valorizzazione di questo stupendo territorio la musica è cambiata. Se prima lew star enologiche della zona erano vini come Pinot Bianco, Sauvignon e i passiti, oggi vediamo un grande ritorno di questo straordinario e versatile vino rosso dal colore rubino scarico e brillante, che va bevuto rigorosamente freddo (12-14°) e riesce a essere un bellissimo connubio di tradizione e di moderna bevibilità.

 

 

Indra Galbo
04/05/2012

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