Lieviti sintetici nella birra? Ecco il parere dei birrai

29 Lug 2013, 08:48 | a cura di
Londra. Ricercatori a lavoro per creare lieviti sintetici. L'obiettivo? Birre più economiche e di maggiore gradazione alcolica. Voi che ne pensate?

Pochi giorni fa The Telegraph ha diffuso la notizia di uno studio internazionale finalizzato a ottenere lievito sintetico in laboratorio, con lo scopo di produrre birra in maniera più veloce, e di conseguenza più economica, e di raggiungere una gradazione alcolica più alta.

L’idea, riporta il quotidiano, sarebbe quella di impiantare nelle cellule di lievito dei genomi appositamente sviluppati per ottenere dei nuovi ceppi, estremamente più efficaci e resistenti. La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno: dopo i rumors che accostavano orzo OGM all’arte brassicola, la ricerca intrapresa dai ricercatori londinesi desta non poche preoccupazioni nel mondo della birra. Ciò perché il primo banco di prova per questi nuovi lieviti potrebbe essere proprio la produzione birraria.

Il professor Paul Freemont, uno dei responsabili del progetto, nonché docente presso il centro di Biologia Scientifica e Innovazione dell’Imperial College di Londra, ha infatti espresso parere favorevole all’ingresso di queste nuove forme di vitain àmbito brassicolo. “Il nostro obiettivo è quello di ottenere lieviti che richiedano meno energia per svolgere le proprie funzioni chimico-biologiche” afferma il Prof. Freemont, “e che siano più resistenti all’alcool. Esistono già ceppi di lievito molto resistenti, ma tutti muoiono appena il contenuto alcolico raggiunge determinati livelli. L’industria birraria sembra essere molto interessata al nostro progetto”.

Il lievito interpreta un ruolo di primo piano all’interno del processo produttivo della birra. Di fondamentale importanza per la sintesi degli zuccheri, i lieviti definiscono gli aromi della birra, caratterizzandola in modo esclusivo. E la qualità? Siamo sicuri che intervenire in un processo così delicato non comprometta il risultato finale del prodotto o, ancor peggio, non provochi reazioni nocive?
Chiara la posizione di Giovanni Campari, patron del Birrificio del Ducato, azienda parmense che nel suo palmares conta sette medaglie, tra cui due ori, all’European Beer Star 2011 e cinque medaglie al concorso Birra dell’anno 2013di Unionbirrai: “abbiamo la possibilità di selezionare in natura tantissimi tipi di lievito, non c’è motivo di spingersi così oltre. Così come per gli OGM, questi esperimenti possono provocare effetti incontrollabili e devastanti non solo sugli esseri umani ma anche sull’ambiente che ci circonda”.

Dello stesso pensiero Giuseppe Schisano, responsabile produttivo del Birrificio Sorrento nonché presidente dell’A.BI Campania (Associazione Birra Campania composta da sette birrifici regionali e una malteria): “il nostro percorso segue direzioni diametralmente opposte! Lavoriamo ormai da anni per produrre una birra in grado di rappresentare al meglio il nostro territorio. Non solo malto d’orzo e luppoli coltivati esclusivamente in Campania; attraverso la collaborazione con l’Istituto di Agraria dell’Università degli studi di Napoli Federico II stiamo cercando di selezionare dei lieviti autoctoni, per legarci più che mai alla nostra zona di produzione”.

Per avere una visione completa della situazione abbiamo raggiunto Flavio Boero, Responsabile Qualità della Carlsberg, società danese leader nella produzione di birra, nata nel 1847 e presente oggi in più di 50 nazioni. Un colosso del settore, che registra grandi numeri e potrebbe, potenzialmente, essere maggiormente sensibile a fattori che possano rendere più semplice il processo produttivo. “I sistemi di produzione birraria sono in continua evoluzione”, afferma il QA Manager, “visto e considerato il quantitativo di birra consumato quotidianamente in tutto il mondo. Ben venga sperimentare nuovi metodi e nuovi prodotti, purché rispettino pienamente la natura. Sono completamente a favore della creazione di nuovi tipi di lievito attraverso l’incrocio di ceppi preesistenti, procedimento tra le altre cose in continua espansione; ma andare a modificare geneticamente il DNA di un determinato tipo di lievito significherebbe spingersi davvero troppo oltre. Prima di esaminare eventuali ripercussioni nocive, bisogna entrare in un discorso etico-flilosofico: andare a ricreare qualcosa che madre natura non ha offerto da sé non rientra nei miei canoni, né morali tantomeno professionali”.

Non ci resta che aspettare: la sperimentazione ha come termine il 2017. Voi da che parte state?

a cura di Giuseppe Buonocore

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